Vedere ragazzini (studenti medi si chiamavano all’epoca della mia giovinezza, primi anni Settanta) accasciarsi sotto i colpi dei manganelli della polizia a Pisa e a Firenze mi ha colpito come credo abbia colpito tutta l’opinione pubblica in Italia. I tonfi sulle mani che già si alzavano in segno di resa, sulle schiene, il sangue sui volti spauriti, i ragazzi picchiati quando erano già a terra, hanno rivelato un’enorme sproporzione fra la manifestazione di questi minorenni che chiedevano, inermi, il cessate il fuoco a Gaza e l’intervento delle forze dell’ordine. Chiarissimo il richiamo di Sergio Mattarella: uno Stato forte è uno Stato legittimo percepito come tale, che riesce a garantire la sicurezza tutelando al contempo la libertà di manifestare pubblicamente le proprie opinioni. I manganelli con i ragazzi sono solo un fallimento, ha sottolineato il Capo dello Stato. Quanto successo ha riportato alla memoria di chi scrive, che all’epoca viveva e studiava proprio a Firenze, ma di chissà di quanti altri miei coetanei, le cariche della polizia che abbiamo affrontato negli anni caldi del Sessantotto e dei primi anni Settanta. Ricordo ancora con paura il rumore delle saracinesche dei negozi che si abbassavano, il vuoto del centro, la sensazione di essere braccati, i poliziotti schierati in assetto anti-sommossa. Attenzione, non voglio dire che siamo agli albori di un nuovo Sessantotto. Come ben sottolinea Gianfranco Pellegrino, professore di filosofia politica alla LUISS Guido Carli di Roma, su “Il Domani”: «Gli studenti di Pisa e Firenze non hanno nulla, antropologicamente e culturalmente, in comune con chi manifestava nelle piazze italiane negli anni Settanta. I gruppi più estremisti della cultura della protesta sono ai minimi storici in Italia, sia per presenza, sia per un’eventuale propensione alla violenza». Il massimo del conflitto cui assistiamo oggi sono alcune azioni degli attivisti ambientali che aggrediscono con le vernici monumenti e opere d’arte. Ma la violenza di quanto accaduto in Toscana indica l’urgenza di un cambiamento: bisogna sanzionare l’operato di questurini rozzi e incapaci, rimasti, loro sì, con la testa agli anni Settanta. Tentati istericamente dal manganello facile, si sono resi ridicoli nei confronti di ragazzi senza spranghe né molotov. Il Ministro dell’Interno Matteo Piantedosi afferma che niente è cambiato nelle disposizioni per contenere le manifestazioni di piazza. Allora è tutta furia poliziesca locale?

Toscana, milanese di adozione, laureata in Medicina e specializzata in Geriatria e Gerontologia all'Università di Firenze, città dove ha vissuto a lungo, nel 1985 si è trasferita a Milano dove ha lavorato per oltre vent'anni al "Corriere della Sera" (giornalista professionista dal 1987) occupandosi di argomenti medico-scientifici ma anche di sanità, cultura e costume. Segue da tempo la problematica del traffico d'organi cui ha dedicato due libri, "Traffico d'organi, nuovi cannibali, vecchie miserie" (2012) e "Vite a Perdere" (2018) con Patrizia Borsellino, editi entrambi da FrancoAngeli. Appassionata di Storia dell'Ottocento, ha scritto per Rubbettino "Costantino Nigra, l'agente segreto del Risorgimento" (2017, finalista al Premio Fiuggi Storia). Insieme ad Elio Musco ha pubblicato con Giunti "Restare giovani si può" (2016), tradotto in francese da Marie Claire Editions, "Restez Jeune" (2017). Nel gennaio del 2022, ancora con Rubbettino, ha pubblicato "Cavour prima di Cavour. La giovinezza fra studi, amori e agricoltura".

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