FRANCAMENTE...

Chiamare una cosa con un altro nome per renderla più gradevole, quindi più accettabile, è un espediente linguistico ben noto. Sta avvenendo per la maternità surrogata (come viene definita in tutte le legislazioni sulla procreazione assistita) che improvvisamente è diventata la “gestazione per altri”. L’intenzione – evidente – è che così sia più distante dall’espressione “surrogata” e da quella più colorita e volgarotta, ”utero in affitto”, ahimè tanto corrispondente al vero visto che nella quasi totalità dei casi c’è una transazione economica. Qualcosa di simile sta avvenendo per le coppie omosessuali che sono diventate omoaffettive e omogenitoriali (quando hanno figli), all’insegna di un linguaggio “politicamente corretto” che non denigri e non discrimini. Con tutto il rispetto per queste coppie, mistificare una realtà facendola sembrare diversa serve solo a nascondere la polvere sotto il tappeto. Una cosa è certa: visto che l’utero artificiale, pur allo studio negli Stati Uniti e in Cina è per ora roba da film di fantascienza, mettere al mondo un figlio per due uomini è impossibile. Per diventare “padri” devono ricorrere all’ovulo di una donatrice da fecondare con il seme di uno dei due, ottenendo un embrione che viene impiantato poi nell’utero di una donna disposta a portare a termine la gravidanza e a consegnare il bambino alla coppia in attesa, dietro, ovviamente, lauto compenso. Sembra una cosa farraginosa ma ormai da anni in un Paese come gli Stati Uniti, uno dei pochissimi dove la maternità surrogata è ammessa anche dietro compenso, tutta questa procedura è organizzata nei minimi particolari e non solo per le coppie omosessuali. In California esistono agenzie con cataloghi dove la coppia può scegliere, oltre all’integrità fisica, anche le caratteristiche fisiche della donatrice (occhi blu o neri, capelli biondi, scuri) con un corrispondente listino prezzi. Lo stesso vale per la scelta della madre surrogata. Si può dare un colpo di spugna su tutto questo e sostenere che l’unico problema oggi è dare ai bambini nati in questo modo gli stessi diritti degli altri? Mettendo la questione in questi termini e cancellando l’origine di queste nascite, inevitabilmente si legittima la maternità surrogata con le implicazioni etiche che comporta. Mi sono occupata per anni di traffico d’organi, pratica mostruosa e largamente diffusa dove una persona con un organo compromesso, per lo più il rene, sceglie di comprarlo in Paesi dove ci sono persone così povere da vendere una parte di se stesse (il trapianto avviene in cliniche private clandestine, anche non molto distanti da noi, al Cairo ad esempio). Ma questo scenario non è molto lontano dalla maternità surrogata: stessa predazione, stessa miseria, stesso mercimonio. Una società democratica ha il dovere di porsi degli interrogativi etici e dare delle risposte, anche normative, a questioni così spinose, senza nascondere la polvere sotto il tappeto. La via delle adozioni per queste coppie è stata molto facilitata dalla giurisprudenza recente: ora facciamo un passo in più.