Tra due giorni si accenderanno i riflettori sulla “notte degli Oscar”, mitica cerimonia che tiene incollatati telespettatori in tutto il globo, in Europa fino a notte fonda. Ma la Hollywood di oggi rischia di cambiare pelle nonostante sia storicamente legata al Partito Democratico da almeno trent’anni. Durante il primo mandato presidenziale di Donald Trump, attori e registi si erano schierati apertamente contro di lui (Jennifer Lawrence aveva invitato le persone a non farsi abbattere dalla sua vittoria, Robert De Niro lo aveva definito “un vero razzista,” tanto per citarne alcuni), ma ora quasi tutti tacciono. Si sono espressi apertamente contro il neopresidente soltanto Mark Hamill, Jamie Lee Curtis e John Cusack. Mentre Trump ha dichiarato che vuole rendere Hollywood più grande e più forte e ha scelto Mel Gibson, Jon Voight e Sylvester Stallone come suoi inviati speciali in California. «Tornerà l’età d’oro di Hollywood, in una nuova età d’oro degli Stati Uniti!», ha scritto sulla sua piattaforma “Truth Social”. Intanto tutto tace; tacciono soprattutto gli studi di produzione, sia quelli tradizionali come Warner, Universal, Paramount e Disney, sia quelli attivi nel settore dello streaming come Amazon, Netflix e Apple. Già prima delle elezioni, “The Apprentice”, film critico sulla carriera imprenditoriale di Donald Trump, che lo aveva definito «diffamatorio», ha rischiato di non essere distribuito negli Stati Uniti. Nei giorni dell’insediamento alla Casa Bianca a gennaio, poi – come riferisce “Il Post” – Amazon ha acquistato per 40 milioni di dollari (cifra esorbitante) una docuserie su Melania Trump, creata insieme alla stessa First Lady. Progetto per il quale avevano fatto offerte anche Paramount e Disney. D’altro canto Jeff Bezos, legato a Trump, è il proprietario di Amazon e del “Washington Post”, e ha finanziato la cerimonia di insediamento. Mentre Paramount sta diventando di proprietà di David Ellison, figlio di Larry Ellison, il quarto uomo più ricco del mondo, da sempre grande donatore per le campagne elettorali di Trump. Ma anche Disney ha già dimostrato di voler compiacere il nuovo presidente patteggiando una causa che avrebbe potuto vincere contro di lui. Come sarà la censura della Hollywood trumpiana?