Milano 27 Aprile 2025
Ma la gazza ladra è ladra per davvero? Quei piccoli oggetti luccicanti che agguanta veloce sono da considerarsi dei furti dolosi o solo l’irresistibile pulsione di un’esteta che vuole abbellire il suo nido? Su quest’ultimo fronte si muove Maria, badante non più giovane di clienti più vecchiotti e malandati, che accudisce con dedizione e un surplus di affetto sincero. Pur se ogni tanto si sbaglia a fare i conti, fruga nei cassetti. Piccole creste sulla spesa, un resto dimenticato… Roba da poco, nessuno se ne accorge, nessuno controlla. E comunque, qualche euro in meno non cambia niente. L’attenzione, la cura, il buonumore di Maria sono impagabili. Tutti la adorano e gli extra che si mette in tasca forse non sono leciti, ma di sicuro più che meritati.

Perché rubacchiare non è sempre un peccato, ci dice Robert Guédiguian regista di questa Gazza ladra furbetta e tenerissima, commedia morale senza dilemmi moralisti, che vede schierati sullo sfondo popolare e colorato del quartiere marsigliese dell’Estaque i suoi attori complici e amici di una vita, da Ariane Ascaride (che è pure sua moglie) a Jean-Pierre Daroussin a Gérard Meylan.
Il film, distribuito da Officine Ubu, inizia con un furto con scasso in un negozio di strumenti musicali, la musica ha un ruolo chiave in questa storia, e procede sullo svolazzante ritmo dell’ouverture rossiniana, con l’adorabile mano lesta di Maria (Ascaride) che colpisce leggera qua e là, senza mai senza ferire. Piccoli ladrocini a fin di bene, per concedersi qualche momento di felicità golosa, un piatto di ostriche al sole, davanti al mare, ascoltando su Youtube Arthur Rubinstein suonare Liebestraum di Liszt.
Perché, è la filosofia del film e del suo autore, comunista umanista militante, tra i diritti imprescindibili dell’essere umano c’è quello del pane ma anche quello delle rose. «Penso che tutti, per quanto deprivati dalla vita, abbiano diritto al piacere – sostiene il regista -. La vita non può essere ridotta al necessario, occorre anche godere della leggerezza, della bellezza».

E poi le “mance” sottratte non servono solo a far felici le papille. Con quegli extra Maria può pagare le lezioni di piano all’adorato nipotino il cui talento altrimenti, visto le precarie condizioni dei genitori, non avrebbe modo di essere coltivato. E infine saldare i debiti di gioco del marito in pensione, che bighellona nei bar e con le carte non ci sa proprio fare.
Dai oggi, dai domani, ecco però che un furto viene a galla. E non un uno da poco. L’assegno staccato di nascosto, la firma contraffatta di monsieur Moreau (Daroussin), il suo cliente più affezionato e più fragile, costretto a girare in carrozzella, viene scoperto dal figlio del derubato, che, mettendo insieme lo sdegno per la truffa e l’antico rancore nei confronti del padre, non vuol sentire ragioni. La denuncia contro la donna parte, Maria deve lasciare i suoi lavori a domicilio, affrontare una serie di conseguenze dai risvolti inattesi. Anche dentro la sua famiglia.

Perché l’Estaque è piccola, tutti si conoscono e chi non si conosce prima o poi s’incontra. Per esempio, il figlio livoroso di Moreau e la figlia deliziosa di Marie. E così da un piccolo dramma nasce un grande amore, una passione inattesa a cui nessuno dei due, benché coniugato, potrà resistere. Due coppie si separano, ne spunta una nuova, gli equilibri si scardinano, si riassestano. A compiere la magia di rimettere le cose in sesto sarà ancora una volta la solidarietà, da sempre collante affettuoso di questa piccola comunità, celebrata da Guédeguian in tutto il suo cinema, da Marius e Jeannette a La festa continua! Diventata l’emblema di un cinema politico e sorridente, di un’utopia incrollabile che un mondo migliore, più generoso, gentile, felice, è possibile. Al figlio che si trincera dietro la corazza della paura e del sospetto Moreau recita una poesia di Victor Hugo che sarebbe bello che si facesse conoscere nelle scuole. Ne La povera gente una famigliola di pescatori con pochi soldi e tanti figli non esita ad aprire la porta ad altri due che i genitori hanno perso in mare. «Il buon Dio ci farà pescare più pesci. Berrò acqua, farò il doppio lavoro…» dice lui alla moglie che, prima che finisca la frase, tira la tenda e gli mostra i due piccoli. Senza neanche chiederglielo ci aveva già pensato lei.

Versi semplici che raccontano di scelte semplici e enormi. Come accogliere, come perdonare. Bisogna saper guardare oltre, a volte scavalcare anche la legge. Se la proprietà è un furto, un furto, ci strizza l’occhio il regista, può contribuire a una redistribuzione più equa della ricchezza.
Da un film di Guédiguian si esce sempre in qualche modo migliori. Con la luce di Marsiglia che ci scalda, con una gran voglia di mollare tutto e fuggire all’Estaque, girare per le viuzze bianche, entrare in uno di quei caffè che ci pare già di conoscere, sedersi in una trattoria davanti al mare e farci portare un bicchiere di bianco fresco e un piatto di ostriche. Magari scoprendo al tavolo a fianco uno di questi splendidi attori, che davvero vivono e amano lì. E che con il tempo sono diventati ormai anche nostri amici.
Immagine di apertura: Maria (Ariane Ascaride) con la figlia Jennifer (Marilou Aussilloux) e il nipotino al pianoforte in una scena de La gazza ladra, regia di Robert Guédiguian