Milano 26 Luglio 2021
Il turismo spaziale è ufficialmente partito. L’11 luglio l’imprenditore britannico Richard Branson, con un equipaggio di due piloti e tre dipendenti della Virgin Galactic (la compagnia da lui fondata), ha compiuto il primo volo suborbitale, superando gli 80 chilometri di altitudine a bordo del veicolo spaziale VSS Unity. Il 20 luglio, giorno del 50esimo anniversario dello sbarco dell’Apollo 11 sulla Luna, a prendere il volo è stato Jeff Bezos, Presidente di Amazon: è andato nello spazio a bordo del New Shepard, veicolo prodotto dalla sua compagnia spaziale Blue Origin. Con lui il fratello Mark, l’aviatrice ultraottantenne Wally Funk, una delle tredici donne del programma Mercury della Nasa, e il diciottenne Oliver Daemen. Entrambe le navicelle spaziali sono arrivate più o meno a 100 chilometri dalla Terra, il punto in cui si entra nello spazio. E c’è anche un terzo incomodo: la compagnia di Elon Musk, SpaceX, che sta lavorando per inaugurare entro l’anno i suoi primi “viaggi turistici” tra le stelle.
Ma i rischi per la salute di queste costose gite spaziali sono noti a chi non vede l’ora di imitare gli astronauti? Ha pensato bene di ricordarceli l’autorevole rivista Lancet che è appena uscita con un report documentatissimo sul tema. Anche perché, a parte il turismo spaziale, la Nasa ha in programma di riportare l’uomo sulla Luna a partire dal 2024.

È bene sapere che anni di studi sugli effetti sull’organismo degli astronauti della microgravità, della radiazioni, dell’ambiente ristretto, indicano che viaggiare nello spazio espone a danni non indifferenti. In sintesi, si parte giovani e si torna invecchiati. Non esteticamente, ma nel metabolismo e nell’organismo. Quanti anni si perdono? Dipende dal tempo passato nello spazio. Gli studi raccolti finora vengono dei centri medici e di ricerca della Nasa e delle principali università che studiano che cosa accade a un organismo quando va nello spazio e vi resta a lungo; il massimo finora sono stati 300 giorni nella Stazione Spaziale Internazionale (soltanto 8 astronauti sono rimasti di più). Per esempio, al ritorno sulla Terra, il 25 per cento degli astronauti maschi e l’80 per cento delle astronaute ha difficoltà a mantenere stabile la pressione sanguigna in posizione eretta. E per qualche giorno tutti non riescono a camminare in linea retta ad occhi chiusi, sbattono nelle porte; il meccanismo spazio-temporale è alterato.

Ci sono poi conseguenze importanti sui muscoli e sulle ossa. Come sottolinea Nick Caplan, a capo dell’Istituto di Medicina Aerospaziale di Newcastle sul Lancet: «Ogni mese che un astronauta trascorre nello spazio, perde l’1- 2 per cento della densità delle sue ossa, mentre i muscoli vanno rapidamente in atrofia, soprattutto quelli del gambe e della colonna vertebrale». Non a caso nella Stazione Internazionale gli astronauti hanno a disposizione tapis roulant e altre diavolerie per contrastare il fenomeno. In realtà, sembra che compaia un vero e proprio cambiamento della micro-architettura delle ossa e della tipologia dei muscoli, specialmente di quelli anti-gravitari (quelli, cioè, che ci permettono di mantenere la postura nonostante la gravità), che restano alterati anche molto tempo dopo il rientro sulla Terra nonostante i programmi di riabilitazione. C’è poi la ridistribuzione dei fluidi corporei, in particolare del sangue, che in condizioni di microgravità tende a risalire verso i distretti più alti del corpo. Ciò spiega perché i tessuti del viso degli astronauti nella Stazione Spaziale Internazionale che orbita a 400 chilometri dalla Terra, appaiano spesso un po’ edematosi tanto che gli addetti ai lavori chiamano questa condizione: «viso gonfio, gambe da pollo».

La risalita dei liquidi corporei influenza poi anche il loro volume complessivo. A livello della biforcazione dell’arteria carotide vi sono dei recettori, i cosiddetti barocettori, che avvertono l’aumento di pressione sanguigna dovuta alla risalita del sangue: il corpo reagisce a questa condizione tentando di ridurre il sangue e i fluidi corporei, attraverso la minzione, per esempio. Si possono avere conseguenze anche sul sistema nervoso centrale che pure è immerso in un liquido, detto cefalorachidiano, sensibile alle variazioni idro-elettrolitiche e ioniche che interessano i liquidi stessi. Ancora, la microgravità può gravare sulla funzionalità dell’orecchio interno, sull’organo dell’equilibrio in particolare, e sull’occhio, oltre che su alcuni organi produttori di ormoni. Quindi, alterazioni endocrinologiche, le più evidenti sono quelle sul metabolismo. Senza dimenticare, infine, l’esposizione alle radiazioni cosmiche, potenzialmente cancerogene. Teniamo presente, però, che gli astronauti nella Stazione Spaziale internazionale, non dovrebbero avere grandi danni delle radiazione cosmiche perché a quella altitudine (400 chilometri) c’è ancora la protezione del campo magnetico terrestre. Al contrario, i dodici astronauti che dal 1969 al 1972 approdarono sulla Luna all’interno del Progetto Apollo, raccontarono di vedere lampi di luce quando chiudevano gli occhi, conseguenza delle radiazioni cosmiche.
Se questi sono alcuni degli effetti delle condizioni di microgravità sul corpo umano quando i periodi di permanenza sono prolungati, sembra si possa stare più tranquilli quando i voli sono di minor durata, come quelli attualmente offerti dalle compagnie di Richard Branson e Jeff Bezos. Poche ore o uno-due giorni di viaggio spaziale non dovrebbero avere effetti clamorosi.
Insomma, siete pronti a spendere 250 mila dollari per poi ritornare con qualche acciacco?
Immagine di apertura: foto di Gerd Altmann