Firenze 26 Ottobre 2021

Abbiamo avuto un’estate caldissima, incendi quasi in ogni regione d’Italia, per non parlare del resto del mondo, avvistamento di pesci tropicali nei nostri mari e eventi atmosferici estremi sempre più frequenti. James Hansen, astrofisico e climatologo statunitense di fama mondiale (oggetto di attacchi politici per le sue posizioni) già nel 1988 in una storica seduta al Campidoglio a Washington aveva dichiarato che il riscaldamento della terra è una realtà quasi interamente dovuta all’effetto serra, addirittura per il 99 per cento, ovvero alle attività dell’uomo ed alla continua produzione di anidride carbonica (CO2) con conseguenze disastrose. Ma dal 1992 anche l’Intergovernmental Panel on Climate Change, il panel di esperti che monitora il cambiamento climatico (IPCC), ha presentato rapporti catastrofici e il suo ultimo resoconto accusa l’umanità di creare le condizioni per una tragedia.

La casa che lo studio olandese V8 Architects ha presentato all’Expo di Dubai: il tetto raccoglie l’acqua così da nutrire le 9.000 specie di piante edibili che lo ricoprono (foto: V8 Architects@Jeroen-Musch)

Dopo tanti progetti ed iniziative mancate, l’Europa si è orientata verso il Green New Deal e per la prima volta una legge vincolante per tutti i Paesi dell’Unione Europea impone il raggiungimento della neutralità delle emissioni inquinanti entro il 2050. Si punta sul processo di decarbonizzazione nella produzione di energia. L’urbanistica ha una responsabilità importante, seppur secondaria, nella produzione di CO2 rispetto all’industria, ma c’è fermento per migliorare le cose, focalizzando l’interesse sulla climatologia urbana, progettando micro e macro ambienti urbanistici, edifici ad elevata efficienza energetica, o edifici a emissioni quasi zero, concetto ancora più sostenibile perché più coerente con la decarbonizzazione. All’Expo di Dubai 2020 è stata presentata dallo studio olandese V8 Architects una abitazione costituita da un grande tetto a cono che raccoglie acqua di condensa e produce cibo, irrigando le 9.000 piante edibili che lo ricoprono e le ostriche che vi crescono.

Il mercato delle erbe di Bamako in Mali, opera dall’architetto Caròla (1998)

Altri esempi si devono all’architettura vernacolare africana che contrasta il caldo estremo: da essa traggono ispirazione le “cupole nubiane” dell’architetto napoletano Fabrizio Caròla, scomparso due anni fa. Caròla ha dedicato la sua vita alla valorizzazione di un’antica tecnica costruttiva nel Sahel, la cupola nubiana, che si contraddistingue per la massima attenzione alla sostenibilità ambientale. Le sue opere in Mali, Ghana e Mauritania sono uno straordinario concentrato di sapienza, eleganza e praticità. Sono edifici realizzati con tecnologie antichissime ed elementari, ma con un linguaggio estremamente contemporaneo e innovativo, in grado di integrarsi perfettamente nel paesaggio locale, tanto nelle zone rurali quanto nelle aree urbane. Nell’epoca immediatamente successiva alle indipendenze, mentre schiere di tecnici pensavano di dover portare i lumi della tecnologia occidentale ai paesi “sottosviluppati”, Fabrizio Caròla intraprese un percorso diametralmente opposto. Iniziò a studiare l’architettura vernacolare e popolare delle zone aride e semi-aride della fascia saheliana, ispirandosi soprattutto alle ricerche dell’architetto egiziano Hassan Fathy.

L’ospedale regionale di Kaedì in Mauritania realizzato con mattoni di terra cruda (foto di Alexis Doucet)

E fu proprio su uno degli schemi di Fathy che Caròla scoprì l’intuizione che elaborò per tutta la sua carriera: la cupola nubiana realizzata “a compasso”, un sistema costruttivo che non richiede né cemento né grandi quantità di legno. Le sue opere più note sono l’ospedale di Kaedì, in Mauritania, il mercato di Mopti, il mercato delle erbe di Bamako e, in Italia, il complesso scolastico di San Potito Sannitico, vicino a Caserta realizzato nel 2015.
In Italia abbiamo alcuni esempi che coniugano sostenibilità architettonica ed ambientale come il pluripremiato Bosco Verticale a Milano che rappresenta un progetto di forestazione urbana che cresce verso l’alto, visto che non può farlo orizzontalmente e che contribuisce a migliorare il microclima, l’ambiente e la biodiversità. Sono due palazzi residenziali a torre progettati da Boeri Studio (Stefano Boeri, Gianandrea Barreca e Giovanni La Varra) inaugurati nel 2014, caratterizzati dalla presenza di oltre di duemila specie arboree, anche alberi ad alto fusto (ma c’è chi critica il grande consumo d’acqua necessario per le piante).

I due edifici del “Bosco Verticale” a Milano frutto dell’ingegno dello studio Boeri: ospitano oltre 2.000 specie arboree, alberi ad alto fusto compresi

E, ancora a Milano, le linee morbide progettate dallo Studio SANAA degli architetti giapponesi Kazuyo Sejima e Ryue Nishizawa, la trasparenza degli edifici e i 17.000 metri quadri di verde, plasmano il nuovo Campus dell’università Bocconi a Milano, inaugurato nel 2019. Tutte le coperture degli edifici sono dotate di pannelli fotovoltaici ad alta efficienza e il risparmio energetico è garantito dall’utilizzo delle pompe di calore e dei gruppi frigoriferi per bilanciare il fabbisogno termico dei diversi edifici, da un involucro ad alta efficienza energetica (ad una prima “pelle” esterna in alluminio anodizzato ne fa seguito una seconda in vetro e alluminio a taglio termico) e da un sistema evoluto di gestione dell’illuminazione con controllo automatico dei livelli di luminosità in ogni singolo spazio.
Indubbiamente gli interventi urbanistici devono contribuire a ridurre il fenomeno dell’ “Isola di Calore Urbano”, cioè il riscaldamento di alcuni gradi dei grandi centri abitati rispetto alla campagna circostante, ma bisogna puntare anche sui parchi cittadini visto che le piante rilasciano acqua per evaporazione o traspirazione, processo che assorbe calore dall’ambiente circostante.

L’involucro degli edifici del nuovo Campus dell’università Bocconi di Milano, una lamina esterna di alluminio e una interna in vetro e alluminio, capaci di garantire una buon risparmio energetico

Proprio per questo anche in Italia è stato scelto di inserire un Piano  per una “Strategia Nazionale del Verde Urbano” che fissi criteri per la realizzazione di aree verdi intorno ai maggiori insediamenti. Lo studio ed il monitoraggio di esempi del passato come Central Park a New York, parchi e infrastrutture verdi di Roma, Madrid, Barcellona, ha imposto piani verdi strategici in tutte le città. Molto bello ed efficiente il piano di forestazione di Melbourne in Australia. A Bangkok dal 2014 ad oggi sono stati realizzati dieci parchi urbani per combattere il clima irrespirabile di gran parte dell’anno. E anche in Cina nell’inquinatissima Pechino si è deciso di piantare 54 milioni di alberi, realizzando 23 aree boschive. Un diverso tipo di “parco” è il Mohammed Bin Rashid Al Maktoum Solar Park a cinquanta chilometri da Dubai: non predilige l’ombra, ma è il più grande parco a concentrazione solare al mondo. Potrà produrre 5000 Megawatt, abbattendo così le emissioni di 6,5 tonnellate all’anno di CO2. Serviranno ancora diversi anni per completarlo; dovrebbe avvenire nel 2030.
Forse  Einstein può ancora insegnarci qualcosa di nuovo, ricordando alcuni suoi pensieri insoliti: «La crisi è la più grande benedizione per le persone e le nazioni, perché la crisi porta progressi. La creatività nasce dall’angoscia come il giorno nasce dalla notte oscura».

Immagine di apertura: il polo scolastico di San Potito Sannitico, vicino a Caserta, realizzato dall’architetto Fabrizio Caròla in laterizio,  ricoperto di cocciopesto (foto: Studio 2111)

Nata a Montecatini Terme (Pistoia), si è laureata in architettura a Firenze dove vive e lavora come progettista e arredatrice. Ha collaborato a lungo con l’Istituto Nazionale di Bioarchitettura, con vari architetti di fama e studi legali. Ha contribuito in passato a pubblicazioni su riviste specializzate in architettura come “l’Arca” e “Villegiardini”.

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