Monza, 12 Maggio 2025

Mi è capitato di rivedere una pubblicità degli anni Ottanta di una nota marca di pasta dove una bambina con l’impermeabile giallo perde lo scuolabus e attraversa a piedi la cittadina sotto l’acqua, mentre la mamma cucina tranquilla la pasta, nonostante il ritardo della figlia che intanto trotterella felice da sola verso casa. Quando arriva anche il papà per pranzo, si domandano dove sia la figlia; a quel punto lei compare con un gattino bagnato raccolto per strada e vengono accolti con amore. Una normalità anacronistica che non sarebbe possibile riproporre: oggi verrebbe assalita, ce ne sarebbe per tutti.
Oggi siamo affaticati da una realtà che viene ribattuta su ogni tipo di media e ci invade, volente o nolente, con il suo scenario di violenza casalinga, giovanile, in contesti impensabili come quelli di cura o sportivi e non ultimo di guerra. Sono sconvolto dall’età sempre più acerba di assassini che sfoderano il coltello per uccidere coetanei, mogli, fidanzate per motivi futili e gelosie malate o neo-mamme che buttano dalla finestre neonati per depressione. È un mondo cieco e sordo dove i parametri della normalità sono completamente saltati. In tutti i campi c’è una abitudine al ribasso della vita, che parte dagli stipendi ed arriva al cibo spazzatura. Forse vale la pena mettere insieme i dati per riflettere sulle decisioni prese e sulle loro conseguenze.

Un medico sorridente che affronta la sua giornata in ospedale: un’immagine che sembra anacronistica oggi (foto di Waldryano)

In questo contesto così difficile, come medico, mi metto nei panni dei colleghi che devono parlare quotidianamente con i pazienti ed i loro parenti, con la paura di essere assaliti. Riporta Assomed che nell’ultimo anno si sono registrati 18.000 episodi. La Campania in questi primi mesi del 2025 ha visto l’aumento del 22 per cento delle aggressioni al personale sanitario. La prestazione negata, i tempi di attesa estenuanti sono i sintomi, figli dell’impoverimento culturale del rapporto medico – paziente. Ma la vera malattia da curare sta nella mala organizzazione e mala amministrazione. Gli ospedali devono essere percepiti come luoghi sicuri, sia per gli operatori sanitari che per i pazienti e le direzioni devono lavorare in tal senso. Trasformando la salute in un bene di consumo, i percorsi terapeutici in mere prestazioni e il paziente in cliente/utente, si è snaturato il senso del curare, le aspettative e la relazione non viene certo messa in salvo dal consenso informato. E le pezze a tutto questo dovrebbe metterle l’Intelligenza Artificiale? Probabilmente così gli esperti pensano di salvare qualcuno? I medici dalle aggressioni o i pazienti da cure non appropriate? Ridare dignità alla medicina che si prende cura significa avere personale qualificato, numericamente sufficiente e con retribuzioni adeguate. Significa avere delle direzioni generali che garantiscano la sicurezza di chi entra in ospedale.

Il paziente in ospedale spesso non si sente visto né ascoltato e questo genera frustrazione e aggressività (foto di pexels-rdne)

Significa investire sui giovani affinché imparino la medicina che cura, non ad usare un programma di Intelligenza Artificiale che farà i referti al posto loro per guadagnare tempo e diminuire i costi. Con gli attuali presupposti lavorativi in Sanità non è possibile una programmazione che rispetti il lavoro dei medici e le aspettative dei pazienti, perché l’attenzione è rivolta a mettere soldi nelle costruzioni o in programmi di Intelligenza Artificiale e non a risolvere i problemi della gestione pratica del lavoro quotidiano. Perché donare organi, se poi ad esempio i pazienti trapiantati non possono venire adeguatamente seguiti? Si è instaurato un clima di sfiducia tra i medici ed i pazienti a causa di una gestione organizzativa fallace che da più di venticinque anni ha smantellato la Sanità Pubblica e i reparti di eccellenza. C’è bisogno di una vera rivoluzione, nemmeno di una riforma, per invertire la rotta ed agire sul sistema di presa in carico del paziente affinché non navighi al buio e senza bussola, a partire dal Pronto Soccorso. Basta con i decreti “milleproroghe” che mettono una piccola pezza su una voragine con la classica “logica tampone”. Un recente commento di COAS (Coordinamento Azione Sindacale Medici Dirigenti) mette in evidenza come si promettano sempre misure per il personale o di tutela dei pazienti senza però intervenire con investimenti strutturali dedicati a questo.

Al momento attuale i tirocinanti vengono utilizzati come tappabuchi della carenza di personale e questo non giova alla loro formazione (fonte: Famiglia Cristiana)

È inoltre urgente riorganizzare la formazione, i tirocini e le scuole di specialità per i giovani medici ed in particolare per le aree chirurgiche per insegnare loro l’arte del prendersi cura dei pazienti. Invece, nel decreto, la possibilità di impiegare i giovani medici specializzandi al secondo anno è usata per sopperire alle carenze di organico, inficiandone la loro formazione. Un adeguata retribuzione rimane un essenziale tassello di una riforma per fermare l’esodo di medici ed infermieri, ma ancora più importante è ristabilire la relazione con il malato-. Per guarire non bastano le ricette e l’Intelligenza Artificiale, serve la costruzione di un rapporto medico-paziente fatto di competenze, di “affetti” e stima e conoscenza delle famiglie che prescinde dai farmaci che vengono ormai usati nelle TV come slogan e marketing “per vendere”.
Per curare spesso basta parlare e conoscere i pazienti, non solo il nome e cognome. La violenza attuale distrugge i rapporti umani e quindi spesso la medicina ed i suoi addetti non curano, ma cercano un reddito. È come nelle partite di calcio: Le curve non hanno più tifosi ma organizzazioni para criminali. Non si tifa più; ci si accoltella e si va allo stadio per intrecciare rapporti economici e mafiosi.

I primi 52 medici cubani arrivati in Calabria nel 2023. Ora sono quasi 300 (fonte: Famiglia Cristiana)

Meglio vent’anni fa quando si andava allo stadio con i bambini a vivere uno spettacolo che nutriva gli affetti e insegnava a vivere. Se la società resterà questa, chi vuol fare il dottore e “Curare” deve andarsene dove ci sia ancora lo spazio per la missione di essere medici. Quindi andare in Africa dove ti aspettano per vivere meglio. Meglio i medici cubani oggi, che vengono a sostenere la Sanità della Calabria, per curare e non per creare società mafiosa. Cerchiamo di lasciare ai nostri nipoti un mondo di affetti e di stima reciproca tra persone civili con un desiderio di creare e lasciare un mondo migliore. Speriamo.

° Ha collaborato Sabrina Sperotto

Immagine di apertura: foto di Karolina Grabowska

Classe 1952, monzese, cardiochirurgo emerito, ha diretto per molti anni il Centro di Cardiologia e Cardiochirurgia De Gasperis di Milano all'ospedale Niguarda. È stato presidente dei cardiochirurghi italiani e si è sempre occupato di trapianto cardiaco, di chirurgia dell’insufficienza cardiaca, valvolare, dell’aorta, coronarica, mini invasiva ed in particolare, ha acquisito un'esperienza più che trentennale nell’ assistenza meccanica al circolo (Cuore artificiale). Ha eseguito oltre 2000 interventi e 300 trapianti di cuore. È membro di diverse società scientifiche come l’International Society for Heart and Lungs Transplantation, la Società Italiana di Ecografia Cardiovascolare ed ha partecipato alla commissione “Audit and Guidelines” della Società Europea di Chirurgia Cardio-Toracica. .È stato direttore di dipartimento e responsabile della definizione delle linee guida e dei protocolli diagnostici e terapeutici cardiochirurgici, dello sviluppo della ricerca scientifica e delle iniziative di innovazione clinica delle Unità Operative di Cardiochirurgia degli Ospedali Humanitas in Lombardia fino alla fine del 2014. È autore di oltre 300 pubblicazioni sulle più prestigiose riviste nazionali ed internazionali. Ha sviluppato insieme a Sabrina Sperotto, il progetto di educazione medico-culturale “HE-ART & Science” per gli istituti scolastici.

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