Milano 27 Marzo 2022
La fobia più comune in Italia è la paura del buio (Nictofobia), la più insolita la paura delle cose grandi (Megalofobia). E rispetto agli animali, la paura dei ragni (Aracnofobia). Ma che cos’è una fobia? È una intensa paura irrazionale di qualcosa che, in realtà, rappresenta una scarsa o assente minaccia. Una società anglosassone di indagini sul web ha collegato ciò che la popolazione mondiale cerca in Rete riguardo alle sue paure (motore di ricerca Google) con dati di assicurazioni sanitarie statunitensi e rapporti di sanità inglesi. Ne ha derivato una sorta di mappa delle fobie nel mondo, che deve essere presa con le molle ma che offre informazioni curiose e spunti di riflessione. Vediamo i risultati.

Il 61,67 per cento di tutti i Paesi del mondo ha riportato l‘Agorafobia come la fobia più ricercata su Google. Si tratta di una fobia sociale comunemente intesa come la paura degli spazi pubblici e delle folle, tuttavia, è in realtà una condizione più complessa che copre la paura irrazionale di trovarsi in una situazione o in un luogo in cui ci si sente intrappolati, imbarazzati o indifesi, e può essere così grave che i malati non riescono a uscire di casa.
Al secondo posto, con il 19,17 per cento di tutti i Paesi, la Xenofobia, la paura di qualcosa di strano o straniero, non solo delle persone. Quindi, la Claustrofobia (8,33 per cento di tutti i Paesi), la paura di spazi ristretti o di trovarsi confinati. Le persone che ne soffrono possono sperimentare dall’ansia lieve a quella grave, ma l’esperienza più comune è la sensazione o la paura di perdere il controllo. Non a caso chi soffre di claustrofobia evita spazi ristretti, come ascensori, tunnel, treni della metropolitana e bagni pubblici.

Tra le fobie animali, svetta (Italia compresa) l’Aracnofobia (78,33 per cento di tutti i Paesi), la paura dei ragni. La Zoofobia, una paura irrazionale di tutti gli animali in generale, è al secondo posto, con l’11,67 per cento. Tra le fobie particolari, la Megalofobia (38,33 per cento di tutti i Paesi), la paura di grandi cose, come edifici, statue e veicoli che può estendersi a grandi animali come elefanti o balene e spazi aperti, stadi o teatri. Poi, l’Ombrofobia (34,17 per cento di tutti i Paesi), ossia la paura della pioggia ed è la seconda fobia insolita più alta nella classifica (sembra che i bambini ne soffrano più degli adulti). La fobia più strana, impronunciabile, è l’Hippopotomonstrosesquippedaliophobia (il 9,17 percento di tutti i Paesi), la paura delle parole lunghe, la fobia insolita più comune negli Stati Uniti.
Per districarsi in questo panorama di paure irrazionali ci viene in aiuto lo psichiatra e psicoanalista Augusto Iossa Fasano che lavora fra Milano e Pistoia, dove è Presidente dell’associazione no profit Metandro: «In realtà questa ricerca riveste un indubbio interesse sociologico e psichiatrico. Anche se c’è il rischio di classificare e creare sempre nuove categorie diagnostiche medico-psichiatriche che ingannano le persone in generale e i pazienti in particolare, che vi si riconoscono, ritenendo che quello sia il problema e reagendo con comportamenti evitanti. La risposta dello specialista consiste sempre più spesso nello psicofarmaco, non solo in fase acuta, ma quasi sempre “in cronico”, con danni peggiori della presunta malattia identificata con il suo nome X-fobia. Seguendo un metodo ben più razionale (paradossalmente per far ciò si deve ricorrere all’indagine dell’inconscio) Sigmund Freud pubblicò il caso del piccolo Hans, storia di una fobia infantile. Dei sintomi di panico e angoscia scatenati dai cavalli e dalle carrozze, Freud parlò con il padre del bambino, musicologo suo seguace, senza mai visitare il piccolo. Freud scoprì una serie di particolari significativi della psiche a partire dall’esplorazione della vita della famiglia di Hans, in particolare che la madre era in attesa di una bambina. Lo psicoanalista viennese dedusse che non si trattava di un disturbo patologico infantile ma di una fisiologica fase dello sviluppo mentale e relazionale, pronosticando una crescita normale, cosa che in effetti si verificò».

E da Freud in poi? «Da allora – risponde lo psichiatra – si sono susseguiti numerosi studi e in Italia è nata la rivista Il piccolo Hans che ha pubblicato ben cento numeri ospitando contributi scientifici, filosofici e di critica letteraria o cinematografica, spesso ispirati al famoso caso clinico di Freud. Si è così rafforzata e suffragata l’idea che la fobia sia alla base del cammino di strutturazione della psiche umana in quanto contribuisce a dotare il soggetto, a partire da epoche di vita precoci (2-5 anni), di capacità cognitivo-emotive per ravvisare i pericoli e preservare la propria integrità nel corso di tutta l’esistenza. Ciò in quanto la fobia è l’esito difensivo di uno spostamento della paura o terrore dall’oggetto di passione e desiderio verso un elemento che simbolicamente lo rappresenta con caratteri più accettabili da parte dell’Io o della società. Nel caso del piccolo Hans, Freud scopre che il bambino tra i quattro e i cinque anni accusa una fobia per il cavallo che racchiude la potenza fisica e sessuale del padre di cui è stata confermata la forza generativa (gravidanza della madre, nascita della sorellina). Negare o ignorare il lavoro della psiche che produce simboli e li assegna a oggetti significativi nello spazio relazionale e sociale sta comportando distorsioni scientifiche e ricadute sugli individui cui è ancora possibile rispondere sul piano terapeutico secondo un orientamento analitico».
Insomma, la fobia, più che una malattia, è sintomo di altro, da interpretare e scoprire. Per curare, eventualmente, il problema che nasconde. E non certo con uno psicofarmaco.
Immagine di apertura: foto di John Hain