Milano 27 Gennaio 2022
L’origine del coronavirus che ha causato il Covid-19 resta un mistero. Da una parte l’intelligence americana aveva l’ordine di scoprire se si trattava di un artefatto creato per una futura arma biologica e poi sfuggito di mano, dall’altra gli ispettori dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) hanno cercato di capire come sia nata e si sia sviluppata la pandemia. Ma la buona volontà si è scontrata con informazioni controllate dal governo cinese, che non intende essere messo sotto accusa. Di certo a Wuhan, da dove sembra sia partito tutto, c’è un affollato mercato di animali selvatici vivi, ma c’è anche un laboratorio di ricerca di massima sicurezza, impegnato in studi biologici su mandato militare. E come già scritto nella rubrica del 23 giugno dell’anno scorso, l’inchiesta degli 007 dello OMS si è impantanata in una sorta di spy story. All’origine di tutto c’è un virus innocuo per l’uomo divenuto improvvisamente pandemico e letale. E c’è un Bill Gates che aveva predetto con largo anticipo ciò che sarebbe accaduto.

Le domande che cercano ancora risposta sono molte, e finora le risposte non sono state esaustive. Il prima rapporto OMS, giudicato ambiguo e criticato da più parti, chiude con questa dichiarazione: «Una fuga del virus dal laboratorio dell’Istituto di virologia di Wuhan è da considerarsi estremamente improbabile». Ma subito dopo l’ordine di indagare è stato ribadito. Insomma, quella conclusione non ha convinto nessuno, tantomeno il Presidente USA Joe Biden. Va bene il salto di specie dal pipistrello all’uomo, usando come serbatoio di mutazione un altro animale selvatico contagiato, ma questo salto è avvenuto naturalmente o è frutto di esperimenti di laboratorio? Ed è poi proprio un salto di specie o un mix di frammenti di altri virus inseriti nel coronavirus?

In una mail del 31 gennaio 2020, inviata ad Anthony Fauci, capo della task force anti Covid americana, Kristian Andersen, microbiologo presso lo Scripps Research Institute, scrive che «alcune caratteristiche del virus sembrano (potenzialmente) costruite». Fatto sta che la pandemia sarebbe cominciata a Wuhan e che tre ricercatori del superlaboratorio cinese lì dislocato si sarebbero ammalati nell’autunno del 2019, ma le autorità avrebbero attribuito il malessere a malanni di stagione. L’ipotesi più probabile è che si trattasse, invece, di Covid-19 contratto mentre manipolavano il coronavirus. Poi, ricoverati in ospedale, avrebbero avviato la trasmissione del virus ad altre persone. C’è da dire però che recentemente la rivista americana Science ha indicato il paziente zero in una donna addetta alle vendite al mercato del pesce di Wuhan, Wei Guixian, che si è ammalata l’11 dicembre. A dirlo è l’analisi di Michael Worobey dell’Università dell’Arizona, uno dei maggiori esperti nel tracciare l’evoluzione dei virus. Secondo quest’ultimo, prima che l’OMS fosse allertato, si sarebbero verificati ben 19 casi inspiegabili di polmonite negli ospedali vicino a Wuhan e dieci di questi erano collegati al mercato. E già questa nuova lettura contraddice il rapporto dell’OMS sul primo paziente, che gli ispettori avevano identificato in un contabile che viveva a chilometri di distanza dal mercato dei frutti di mare Huanan.
Queste osservazioni sembrerebbero escludere l’origine del coronavirus in laboratorio, ma non del tutto, perché manca una risposta: di che cosa si erano ammalati quei tre ricercatori del Laboratorio di Virologia? La Cina non ha mai concesso a Fauci l’esame delle cartelle cliniche dei tre. E c’è anche una testimonianza che riapre il giallo, peraltro mai risolto.

Una scienziata cinese del centro di virologia a Wuhan sapeva che si nascondeva una potenzialità letale tra le proteine del Sars-CoV-2, ma non ha parlato. È la rivelazione del giornalista e saggista Paolo Barnard (collaboratore di Report/RAI3 e della 7) nel libro-inchiesta L’origine del virus edito da Chiarelettere, scritto in collaborazione con gli scienziati Steven Quay, della Stanford University e Angus Dalgleish, della St. George’s University di Londra. La scienziata si chiama Zheng-Li Shi ed è un’indiscussa leader mondiale degli esperimenti sui coronavirus dei pipistrelli all’Istituto di Virologia di Wuhan. Proprio lei, secondo Barnard, alla fine del 2019 individuò un dettaglio ben distinto nelle proteine di Sars-CoV2: fra la selva di aminoacidi si nascondeva un’arma letale che nessun altro coronavirus nella famiglia del Sars-CoV-2 possedeva in natura. Questa ricercatrice – ha ricordato Barnard – dichiarò che «il Covid-19 non sarebbe stata una malattia respiratoria di tipo Sars ma quasi di certo una pandemia, anche letale». Il problema, però, è che all’epoca “la scienziata tacque” con i colleghi internazionali, anche perché da tempo l’Istituto di Virologia di Wuhan lavorava sotto il controllo del governo cinese. Al contrario, come sottolinea Barnard nel libro, una ipotetica diagnosi precoce dell’arma biologica insita nel nuovo coronavirus, avrebbe consentito di mettere un atto misure drastiche e precise.
Troppi i misteri, ancora, e troppi gli interessi in gioco: L’OMS è largamente finanziata dalla Cina, gli esperimenti condotti nel Laboratorio di Virologia di Wuhan avevano anche fondi americani. Arriveremo mai ad una verità condivisa?
Immagine di apertura: foto Pixabay