Milano 23 Febbraio 2021
Certo non manca mai in Italia una via, una piazza, una scuola intitolata a Dante, padre moralizzatore e intellettuale dell’Italia. Figlio di un usuraio appartenente alla piccola nobiltà decaduta, per legge del contrappasso, coltivò un’anima poetica, una vita da gentiluomo con la grande ambizione di appartenere a un’aristocrazia raffinata, e, soprattutto, d’influire sulla politica del suo tempo, scoperchiando anche la corruzione del papato.

Per i 700 anni della morte di Dante (1321) c’è il gran fervore delle celebrazioni (con Ravenna in testa), delle pubblicazioni (Alessandro Barbero ha scritto una biografia di Dante che intreccia vita, amori, intrighi politici, la società del tempo, volume che verrà presentata online il 25 febbraio alle 10:30 am, ora locale, sul sito dell’Istituto culturale italiano di San Francisco in collaborazione con gli altri di Los Angeles, Chicago, New York e Washington), delle iniziative speciali come quella del Ministero degli Esteri e della Cooperazione internazionale che ha prodotto un audiolibro Dalla selva oscura al Paradiso, in 33 lingue (tra cui catalano, gaelico e anche lo swahili) edito da Emons Audiolibri, con ascolto gratuito su Spreaker, Spotify, Deezer, Applepodcast e Googlepodcast. Il 25 marzo è il Dantedì (giorno in cui si fa risalire il viaggio ultraterreno intrapreso dal Sommo con la sua Divina Commedia). E dal 7 aprile, nel Duomo di Milano, 100 canti in 100 giorni. Una lettura integrale della Divina Commedia, sotto la direzione artistica di Massimiliano Finazzer Flory, in collaborazione con i musicisti del Teatro alla Scala e gli allievi del piccolo Teatro di Milano. Un’iniziativa questa che si salda ad un fatto storico: nel 1418 i padri della Veneranda Fabbrica del Duomo organizzarono una Lectura Dantis per raccogliere fondi per l’erigenda cattedrale.

Ma il grande capitolo che ci attende in questo 2021 è quello delle mostre. Dal primo aprile a Forlì (colore della regione permettendo) Dante. La visione dell’arte, ai Musei di San Domenico, con 300 opere dal Medioevo al Novecento. Firenze è il luogo naturale dove mettersi alla ricerca di Dante (nella chiesa di Santa Margherita dei Cerchi contrasse il matrimonio combinato fin dal 1277 con Gemma Donati, ma era Beatrice che aveva nel cuore) e oltre trenta istituzioni fiorentine si sono attivate per rendere omaggio a una figura simbolo della cultura italiana (www.dantefirenze.it), tra cui gli Uffizi e il Museo nazionale del Bargello dove si ammira il più antico ritratto di Dante. Mentre Palazzo Vecchio espone il ritratto allegorico del Poeta di Agnolo Bronzino. Ma l’Italia di Dante com’è fatta? Il grande Massimo Sestini, pratese, fotoreporter di nascita ma poi passato anche al vedutismo (con un debole per la spericolatezza delle immagini e le riprese aeree, molte realizzate da velivoli militari) ha evocato nella mostra Dante 700, con la sua macchina fotografica, la presenza viva del Sommo Poeta.

Dalla statua di Santa Croce a Firenze in un’atmosfera notturna con il volto rimpicciolito che si riflette nel selciato bagnato, alla sua figura (su disegno del Botticelli) intarsiata nel legno di una porta a Palazzo Vecchio, all’affresco nella Cattedrale di Santa Maria del Fiore di Domenico di Michelino (1465) con un Dante in tunica rosa e coronato di alloro.

Queste e altre foto sono state dapprima esposte al Quirinale, poi ora nell’ex refettorio della Basilica di Santa Maria Novella (fino al 31 marzo, Covid permettendo) e, in parallelo, da poco, anche nella sede dell’Istituto italiano di cultura di Bruxelles (fino al 3 marzo). La narrazione dantesca di Sestini, non è tuttavia solo purista, diventa ironica quando ritrae il famoso macellaio Dario Cecchini (bottega a Panzano in Chianti) come declamatore che brandisce da un lato una costata fiorentina e dall’altro una “mannaia” nella quale si specchia, oppure la guida Riccardo Starnotti che, nei panni di Dante, a piazzale Michelangelo, recita i canti della Commedia a un gruppetto di turisti. Poi a Ravenna immortala il murales dello street artist brasiliano Kobra che trasforma il viso di Dante in un mosaico di colori e poi l’urna delle sue ossa, in una penombra che ne fa rivivere la morte.

Nelle foto qua e là compaiono terzine dai canti di Inferno, Purgatorio e Paradiso, e nello spettacolare mosaico del Battistero di San Giovanni a Firenze, dove un diavolo mangia vivo un uomo, nella straordinaria prospettiva che l’obiettivo di Massimo Sestini riesce a trasformare in una vertigine, ci ricorda quanto scrive Dante nel XIX canto dell’Inferno che inizia con Simon mago e con lui che scende nella terza bolgia (quella dei simoniaci) «non mi parean men ampi né maggiori che que’ che son nel mio bel San Giovanni, fatti per loco d’i battezzatori».
Immagine di apertura: il busto di Dante, castello di Poppi (Arezzo). Foto di Massimo Sestini