Monza 21 Dicembre 2024

Importare medici ed infermieri da altri Paesi? Inevitabile, visto come andavano le cose già vent’anni fa. In verità oggi l’annunciata importazione di 10mila infermieri dall’India altro non è che l’ennesima prova di miopia degli amministratori riguardo alla gestione e alla programmazione del Sistema Sanitario Nazionale, che continua inesorabile la sua implosione. Una mancanza di visione che produce da un lato lo spostamento dei nostri infermieri ben formati, che emigrano in cerca di condizioni di lavoro dignitose e salari adeguati – per chi vive in Lombardia, basta andare in Svizzera – , dall’altro l’impoverimento di Paesi già in difficoltà, che vedono partire le loro risorse senza rimpiazzi.
Tutto ciò con un aggravio di costi e di disservizi per il Sistema Sanitario, non benefici per i pazienti e per il sistema di cura!

Va avanti ormai da qualche anno l’esodo dei giovani infermieri italiani verso altri Paesi europei con retribuzioni migliori. Nel 2023 se ne sono andati in seimila (foto di Voltamax)

È quanto succede anche con i medici gettonisti delle cooperative con discutibili competenze che guadagnano anche 1100 euro per una sola notte di turno al Pronto Soccorso a far beffa degli stipendi, più bassi, dei medici strutturati. La cosa grave è che questa operazione di import è da associare ai soldi già mal spesi del PNRR (Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza) per costruire le cosiddette “Case di Comunità”, ovvero le nuove strutture che dovrebbero supportare l’assistenza territoriale. Ne sono state previste ben 1420! Il PNRR per la Sanità era una chance vera per invertire la rotta e riempire il buco enorme di condizioni di lavoro e di personale con i nostri ragazzi formati in Italia e per porre rimedio all’implosione del sistema; invece, serve per costruire ospedali che resteranno vuoti o che verranno riempiti da personale straniero.
La formazione di questo personale straniero è un altro tassello che evidenzia come gli amministratori pensino che il prendersi cura dei malati sia un lavoro intercambiabile. Ci sono profonde differenze culturali e professionali da colmare, che non mettono al sicuro i pazienti e non facilitano il lavoro agli infermieri già in attività. Con i soldi che si spendono per importare dei “buddisti” – la religione conta nella formazione – probabilmente si migliorerebbe il compenso salariale degli infermieri italiani oggi all’estero, invogliandoli a tornare a casa, in modo tale che la loro professionalità “italiana” venga valorizzata. Forse gli amministratori che hanno avuto questa bella idea di assumere infermieri indiani, vogliono anche iniziare a purificarsi nel Tevere!

Un’infermiera al lavoro a Chennai, in India, Paese che non ha certo bisogno che i suoi sanitari preparati vadano altrove (foto di Jensie De Gheest)

La formazione professionale sanitaria si impara con il lungo lavoro di tutti i giorni. La cultura del curare in un determinato Paese parte da lontano, non è qualcosa che si improvvisa con un corso di tre mesi. Le differenze linguistiche forse sono la parte più semplice da insegnare, ma la cultura e il ruolo nell’assistenza che è attribuito agli infermieri nell’interazione con il paziente è fondamentale. In questo caso viene ulteriormente calpestato.
E i nostri infermieri italiani all’estero che, saputa questa nuova iniziativa, chiedono di tornare? Chiedono giustamente perché non si possano valorizzare i nostri professionisti invece di importare stranieri con evidenti difficoltà da gestire e costi da sostenere. Dai dati del sindacato tratti da infosalutenews.it, sono 48mila gli infermieri che negli ultimi 22 anni sono emigrati per cercare migliori condizioni di lavoro, 15mila solo negli ultimi tre anni e 6mila nel 2023.

Un’immagine che rende l’idea dell’arrivo di 10mila infermieri indiani in Italia (fonte: rescue.press)

Nel 2020 difronte ad una malattia sconosciuta, che si sarebbe poi chiamata Covid, la cultura del curare e del guarire portava alla morte decine e decine di medici ed infermieri in tutta Italia. Le operazioni politiche attuali non rispettano le decine di morti fra i sanitari (medici e infermieri) che, con i salari di sempre, all’arrivo del Covid morivano non avendo cure per i malati. Ma anche ora medici e infermieri non si sottraggono alle cure dei pazienti per paura. La fuga all’estero è dettata solo dall’enorme differenza salariale tra l’Italia e il resto di Europa. Tanto che questa tendenza di “import sanitario” che non riguarda solo gli infermieri ma anche i medici, parrebbe non temporanea. È di pochi giorni fa la notizia che i medici cubani reclutati in Calabria resteranno fino al 2027, due anni oltre l’accordo.
Non è ancora ben chiaro come saranno gestite le attribuzioni di questa imminente carica dei 10mila infermieri dall’India. Reclutati dalle Regioni? Smistati tra corsie e RSA? Dove andranno a vivere e chi si sobbarcherà le relative spese? Direttamente le strutture ospedaliere? Insomma, il governo aveva acclamato ai 3,5 miliardi di euro che dovevano essere destinati alla Sanità nella legge di bilancio appena varata, ma pare che per il 2025 saranno solo 900 milioni e, poi, nel biennio successivo si vedrà.
La realtà politica invade e impoverisce le nostre corsie con un chiaro intento di smantellare il personale di qualità negli ospedali pubblici, mette a rischio i pazienti e favorisce l’esasperazione. La salute è un dono, in primis, un diritto nei paesi civilizzati, ma sicuramente non è una sterile voce di bilancio.

Immagine di apertura: foto Freepik

  • Ha collaborato Sabrina Sperotto
Classe 1952, monzese, cardiochirurgo emerito, ha diretto per molti anni il Centro di Cardiologia e Cardiochirurgia De Gasperis di Milano all'ospedale Niguarda. È stato presidente dei cardiochirurghi italiani e si è sempre occupato di trapianto cardiaco, di chirurgia dell’insufficienza cardiaca, valvolare, dell’aorta, coronarica, mini invasiva ed in particolare, ha acquisito un'esperienza più che trentennale nell’ assistenza meccanica al circolo (Cuore artificiale). Ha eseguito oltre 2000 interventi e 300 trapianti di cuore. È membro di diverse società scientifiche come l’International Society for Heart and Lungs Transplantation, la Società Italiana di Ecografia Cardiovascolare ed ha partecipato alla commissione “Audit and Guidelines” della Società Europea di Chirurgia Cardio-Toracica. .È stato direttore di dipartimento e responsabile della definizione delle linee guida e dei protocolli diagnostici e terapeutici cardiochirurgici, dello sviluppo della ricerca scientifica e delle iniziative di innovazione clinica delle Unità Operative di Cardiochirurgia degli Ospedali Humanitas in Lombardia fino alla fine del 2014. È autore di oltre 300 pubblicazioni sulle più prestigiose riviste nazionali ed internazionali. Ha sviluppato insieme a Sabrina Sperotto, il progetto di educazione medico-culturale “HE-ART & Science” per gli istituti scolastici.

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