Milano 26 Ottobre 2021

La polizia uccide i neri e gli ispanici, lo Stato li nasconde. La polizia massacra, lo Stato li getta nella fossa dell’oblio. Negli Stati Uniti esiste un’arma di distruzione di massa: la Polizia. In 40 anni (1980 – 2019) almeno 30.800 americani non bianchi sono stati uccisi dalle forze dell’ordine, ma il Sistema Statistico Demografico Nazionale ne ha registrati 17 mila in meno. Dove è finito il 55,5 per cento delle vittime? Nascosto. Azzerato. Cancellato. Vite umane abbattute da uomini in divisa, ma scomparse, non segnalate, non denunciate come tali.

Finalmente una ricerca scopre fin dove arriva la brutalità della polizia, soprattutto sui neri e gli ispanici (foto di Markus Winkler)

Negli Stati Uniti «è più facile perdere la vita per la brutalità  della polizia che  per le ondate di calore o di gelo, per il linfoma di Hodgkin, per il cancro ai testicoli o per malattie sessuali. Nel 2019 i cops hanno accoppato 1140 afroamericani o ispanici, mentre le vittime dell’ambiente sono state 931, quelle del linfoma 835, del cancro ai testicoli 486, dell’appendicite 373…. Negli Stati Uniti la probabilità che un nero americano dica addio al mondo per mano dei piedipiatti è superiore di 3,5 a quella di un bianco». Lo scrive lo studio appena pubblicato dalla rivista Lancet, «Fatal police violence in the Usa 1980-2019», unna ricerca sbalorditiva e raggelante. Mozza il fiato. Toglie il respiro. Come fece la sera del 25 maggio 2020, a Minneapolis, (Minnesota), l’agente Derek Chauvin a George Perry Floyd, 47 anni, nero, premendogli una gamba sul collo. Per 9 minuti e 29 secondi. Inutilmente George Floyd supplicava: smise di respirare. Per sempre. Seguirono proteste al grido «Non posso respirare». Il 5 giugno scorso, Chauvin è stato condannato a 22 anni e mezzo di carcere. I colleghi saranno processati il 7 marzo 2022.

Proteste contro la polizia a Louisville, Kentucky, il 1 giugno 2020 dopo l’uccisione di Floyd (foto: Bryan Woolston / REUTERS)

La prestigiosa rivista medico-scientifica inglese ha effettuato la ricerca più completa e per il periodo più lungo su quella che definisce «una crisi urgente di sanità pubblica, una vera epidemia». Ovvero gli omicidi perpetrati dalle forze dell’ordine. L’indagine è stata finanziata dalla Bill & Melinda Gates Foundation, dal National Institute on Minority Health and Health Disparities, e dal National Heart, Lung and Blood Institute. Si tratta di un lavoro enorme: lo hanno realizzato ben 94 studiosi, guidati da Fablina Sharara e Eve E. Wool, due battagliere ricercatrici dell’Institute for Health Metrics and Evaluation (IHME) dell’università di Washington. Un’armata di esperti di sanità e statistiche che ha comparato i dati del NVSS, il Sistema Statistico Demografico Nazionale americano (più o meno il nostro Istat) con quelli raccolti e analizzati da tre organizzazioni non governative: Fatal Encounters, Mapping Police Violence e The Counted.
I risultati, come visto, sono sconvolgenti. Solo il Brasile supera gli States per violenza poliziesca. «La storia di questa brutalità, soprattutto contro i neri, negli Usa, è lunga e dolorosa – commenta Fablina Sharara, una delle co-leader dell’indagine pubblicata su Lancet – . Le recenti uccisioni hanno attirato l’attenzione mondiale su questa emergenza nazionale, ma l’enormità del problema si può capire e prevenire solo raccogliendo dati credibili, affidabili». E quelli dell’Istituto nazionale di statistica non risultano esserlo.

Fablina Sharara lavora all’Institute for Health Metrics and Evaluation dell’università di Washington. E’ una dei responsabili della ricerca pubblicata su “Lancet”

Come è possibile che 17.100 vittime su un totale di 30.800 (in realtà la cifra aggiornata sarebbe di 32 mila) non risultino segnalate, denunciate, classificate come strage poliziesca? «La registrazione sbagliata, o trascurata di migliaia di morti getta un’ombra più scura sul razzismo incorporato in molte istituzioni americane, incluse le forze dell’ordine – spiega Fablina Sharara – Spesso il governo responsabile delle violenze è lo stesso che stila i rapporti sulle vittime. C’è un enorme conflitto di interessi: i medici legali, che esaminano i cadaveri e stilano i certificati di morte spesso non sono preparati, o lavorano nei dipartimenti di Polizia, o ricevono pressioni per mascherare la responsabilità degli agenti».
I ricercatori citano uno sondaggio del 2011 compiuto dalla National Association of Medical Examiners: il 22 per cento riferì di essere stato condizionato da politici o responsabili della polizia per modificare la causa e le modalità dell’uccisione. Intanto – scrivono i ricercatori – i coroner e i medici legali dovrebbero essere più qualificati e, soprattutto, operare indipendentemente dalle forze dell’ordine ed essere garantiti dalla legge sulla protezione degli informatori. L’obiettivo del ponderoso studio pubblicato da Lancet, infatti, non è solo di denuncia. Si propone anche di contribuire a porre fine a questo massacro.

Eva Wool è l’altra responsabile della ricerca. Anche lei è ricercatrice presso l’Institute for Health Metric and Evaluation dell’università di Washington

«Finora – commenta l’altra co-leader della ricerca, Eve Wool – l’utilizzo di mini-videocamere, o di specifici addestramenti per gli agenti, si è rivelato inefficace nel prevenire la violenza poliziesca o nel contrastare il razzismo. Molte morti potrebbero essere evitate smilitarizzando la Polizia e regolando l’uso delle armi da fuoco come è avvenuto in tante altre nazioni». E i ricercatori citano l’Italia e la Francia dove le uccisioni per mano della “legge” sono circa 31 volte inferiori. La polizia italiana raramente usa le armi da fuoco; in Norvegia, dove la polizia è disarmata, nel 2018-2019 non c’è stata una morte violenta; in Inghilterra e in Galles appena 3.
Un lacerante grido affinché venga chiusa la permanente stagione di caccia al nero viene lanciato nel suo sito da Renée Ater, nota storica e archeologa dell’università del Maryland. «Non ne posso più delle morti per mano degli agenti – ha dichiarato la Ater, che ha creato una pagina commemorativa in onore di quei neri disarmati uccisi dalla polizia, da vice sceriffi e da guardie di sicurezza – La popolazione nera è vista ancora come una minaccia da brutalizzare, reprimere, incarcerare. Le forze di polizia hanno l’immagine stereotipata dei nostri nonni. Ogni volta che guardo il video della morte di George Floyd il mio cuore piange. Come si fa a ignorare la supplica “Non posso respirare?” Dove è l’umanità di questi poliziotti bianchi? Nel Sistema giudiziario, nel Governo, nella Casa Bianca, negli Stati Uniti non c’è posto per la supremazia bianca. Le vite dei neri contano ogni secondo, ogni minuto, ogni ora, ogni giorno».

Immagine di apertura: Osservatoriorepressione.info

Nato e cresciuto in Sardegna, milanese di adozione, giornalista professionista dal 1973, alla sua carriera manca solo l’esperienza televisiva. Per il resto non si è risparmiato nulla: giornale del pomeriggio (La Notte), quotidiano popolare (l’Occhio), mensile di salute (Salve), settimanale familiare (Oggi), una radio privata per divertimento (Ambrosiana) e quindi 20 anni di “Corriere della Sera”, dove si è occupato di attualità nazionale e internazionale. Ha avuto anche un’esperienza di (mini) direttore per quasi due anni al Corriere, quando gli è stata affidata la responsabilità di “Corriere anteprima”, freepress pomeridiana. Laureato all’università Cattolica a Milano in Lettere Classiche, ma con una tesi sul cinema, ha provato a scrivere un libro (guida turistica) e non c’è riuscito.

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