Milano 23 Settembre 2020

La Cina stimola emozioni e sentimenti contrastanti, lasciandoci sospesi fra sorpresa, critica, rifiuto o ammirazione. Il caso Covid, o meglio l’”esportazione” del virus che ha creato la pandemia, la repressione del movimento democratico a Hong Kong e più in generale del dissenso in diverse aree del Paese, la feroce censura di Internet e l’asfissiante sistema di controllo sociale e politico, lo spionaggio diffuso e l’azzeramento di ogni minima forma di privacy, l’espansionismo di stampo colonialista in Africa e l’aggressività sui mercati internazionali: sono tutti temi delicati che negli ultimi mesi giustamente hanno focalizzato la nostra attenzione sul Celeste Impero, offrendone un’immagine grigia, pesante, oppressiva e molto negativa.

Una ragazza in metropolitana con il suo bambino, uno scatto sulla Cina di oggi.

Ma la Cina è soltanto questo? È corretto parlare così della Cina ed è corretto ricorrere a un’unica lente di osservazione per analizzarne lo sviluppo con le ricadute contraddittorie che comporta? Al netto delle suggestioni propagandistiche, che specie di questi tempi ci assalgono, ci confondono e distorcono la realtà, va detto che noi, donne e uomini dell’Occidente, siamo abituati a ragionare secondo i valori con cui siamo cresciuti e che ci appartengono per consuetudine, storia, cultura. Ed è chiaro che ad essi ci sentiamo legati: ci sentiamo figli delle libertà individuali di pensiero e di espressione del pensiero, dei diritti di uguaglianza, dei diritti di rappresentanza, dei diritti che tutelano la dignità delle persone, quei diritti nati e consolidati (magari solo sulla carta) nella nostra civiltà. È un bagaglio di vita che ci accompagna dalla nascita e del quale non possiamo e non vogliamo fare a meno.

Una lanterna a forma di dragone, uno dei simboli più antichi del Celeste Impero (foto di Highline).

Ma è un bagaglio di vita che rischia di trasformarsi ipocritamente in un vizio intellettuale grave: la presunzione non confessata o mai confessabile, che l’Occidente sia la fabbrica e il magazzino esclusivo delle virtù sociali, politiche, istituzionali, economiche. Non lo diciamo, ma è dentro di noi la certezza che quanto appartiene a popoli, a nazioni, a Stati distanti, sia geograficamente sia culturalmente, abbia le stimmate del peccato, di qualcosa che è sbagliato e inaccettabile. Forse ci riteniamo superiori. O forse, più probabile, sono la pigrizia di comprendere e la mancanza di curiosità non stereotipata a guidare le nostre rappresentazioni, sempre ondeggianti verso la negatività.

La Cina raccontata da Fabio Cavalera: “REPUBBLICA imPOPOLARE CINESE” pubblicato da Bompiani nel 2009.

È un approccio alla Cina profondamente sbagliato e antistorico. Evitando banalità e frasi fatte, il Dragone è un “altrove” sconosciuto, un “altrove” formatosi su valori sociali e culturali (il confucianesimo) diversi dai nostri, valori che giustificano, promuovono, esaltano l’autoritarismo, l’autoritarismo del padre di famiglia, del maestro, del professore, del capo, del partito, dello Stato e sacrificano l’individuo all’interesse collettivo. Quella di Confucio è una filosofia con un conseguente stile di comportamento radicata nel Dna dei cinesi, delle vecchie e della nuove generazioni emergenti. Può non piacerci ma così è. Non dobbiamo scivolare nel banale avendo la pretesa di sentirci infallibili o superiori. Con la Cina dobbiamo fare i conti nel modo corretto. Evitando l’ammirazione acritica e superficiale per la sua sbalorditiva crescita degli ultimi quarant’anni, una crescita impetuosa, disordinata, con ricadute ambientali catastrofiche che però, non dimentichiamolo, ha portato un miliardo di persone fuori dalla povertà assoluta. Evitando la paura di un gigante che ha cambiato il mondo, scombussolato l’economia e costretto l’Occidente a rimodellarsi, a confrontarsi, a uscire dall’autocelebrazione e dalla narrazione di unico potere globale, intoccabile, incrollabile.

Una foto di Shanghai che mette in risalto la vecchia e la nuova Cina, pagode e grattacieli. La città ha superato i 24 milioni di abitanti (foto di Antonios Ntoumas).

Evitando di continuare a pensare alla Cina come a una immensa manifattura che, con lo sfruttamento del lavoro, copia il meglio dell’Occidente. Oggi la Cina è davanti a noi nella ricerca sull’intelligenza artificiale e sull’automazione, è davanti a noi nello sviluppo delle reti di comunicazione, è davanti a noi negli investimenti sulle tecnologie del futuro. Il paradosso è che siamo noi che rischiamo di copiare la Cina. Raccontare il Dragone è un’impresa complicata e difficile. Ma entusiasmante, proprio per la contraddittorietà dei segnali che trasmette e che riceviamo. È come trovarsi, all’interno di una sala cinematografica, rapiti da una pellicola che alterna immagini in bianco e nero a immagini a colori, immagini con gli incubi di ieri e immagini con la prepotenza. Occorre provare a leggere in modo corretto il racconto di un Paese e di una nazione che sono una realtà fuori dai nostri schemi intellettuali, fuori dagli schemi dell’Occidente cresciuto con la Grecia classica, con la Roma imperiale, con la Magna Charta, con il Rinascimento e l’Illuminismo, con la Rivoluzione Industriale e le Guerre, purtroppo con l’Olocausto e la follia dell’annientamento, infine con un sistema di Welfare, di diritti, di rispetto delle libertà politiche e sociali. La Cina è un “altrove” e va accettata con realismo. Senza cedimenti ma senza demagogie e manipolazioni. Senza trasformare il giudizio, anche severo, in pregiudizio.

immagine di apertura: uno spettacolo dell’Opera di Pechino

Milanese, classe 1956. Giornalista professionista, per 40 anni al "Corriere della Sera", caporedattore interni e centrale, inviato, corrispondente dalla Cina (2003-2008) e da Londra (2009-2017). Oggi consigliere Ordine Giornalisti Lombardia e Presidente Associazione Walter Tobagi per la formazione al giornalismo (master Università Statale di Milano). Sulla Cina ha scritto "Il manager dei bagni pubblici e altre storie di vita cinese" (Bompiani 2007) e ancora per Bompiani nel 2009 "Repubblica impopolare cinese".

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