Milano 27 Giugno 2024
Da quando, il 7 maggio, Israele ha preso il controllo del varco di Rafah tra la striscia di Gaza e l’Egitto, le evacuazioni di feriti e malati gravi che hanno bisogno di cure non disponibili negli ospedali devastati dalle bombe, si sono interrotte, con conseguenze molte gravi.

Saleyha Ahsan, pediatra inglese di origine pakistana, giornalista e attivista umanitaria, ha appena pubblicato sull’autorevole rivista medica Lancet un reportage su questa situazione, intervistando medici e parenti di malati gravi. Come il caso della piccola Sadeel Hamdam, di appena 9 mesi. «La cosa più difficile è quando vedi tuo figlio morirti fra le braccia e non hai alcuna possibilità di salvarlo» le ha detto Houda, la mamma. Madre e figlia si trovano a Deir Al-Balah, nel centro di Gaza, dove la bambina ha passato gli ultimi sei mesi nel reparto pediatrico sovraffollato dell’ospedale di Al Aqsa, dove c’è anche il supporto di Medici Senza Frontiere. La piccola soffre di un’insufficienza epatica fulminante, è itterica, con un’ascite significativa (accumulo di liquido all’interno del cavo peritoneale, ndr) che richiede drenaggi ripetuti e ha bisogno di un trapianto di fegato urgente.
Attualmente queste cure specialistiche non sono praticabili a Gaza. Tuttavia, come molti pazienti nella Striscia, Sadeel si trova ad affrontare la sfida, spesso insormontabile, di negoziare un’evacuazione medica. Children Not Numbers (CNN), un’organizzazione non governativa britannica specializzata in evacuazioni mediche, che da febbraio è riuscita a far uscire da Gaza per motivi sanitari 56 bambini, sta cercando di fare il possibile per Sadeel. Dice Somaya Ouazzani, cofondatrice dell’Organizzazione: «Al momento attuale ci sono 71mila persone ferite gravemente a Gaza e una parte significativa di loro ha bisogno di una evacuazione medica urgente. Dall’inizio di questo incubo, erano consentite 40 evacuazioni mediche al giorno. Ma da quando Israele ha preso il controllo del varco di Rafah il 7 maggio, anche questo flusso si è fermato». «Non una sola persona ha lasciato Rafah come evacuatore sanitario. Eppure è l’unica via di uscita dalla Palestina per ricevere cure mediche» aggiunge Ouazzani.

La quarta Convenzione di Ginevra all’articolo 17, stabilisce che le evacuazione dei malati devono essere consentite in guerra. La vita di Sadeel dipende dal fatto che questo venga rispettato. Tale è la necessità e la preoccupazione che l’Organizzazione Mondiale della Sanità e il World Innovation Summit for Health hanno collaborato per elaborare un rapporto sulla protezione dell’assistenza sanitaria in guerra. Ma anche quando viene concordata l’evacuazione medica e tutte le approvazioni sono ottenute, l’accesso poi non è garantito. Le persone vengono spesso respinte alla frontiera, anche i malati gravi. L’Oms afferma che in totale su 12760 richieste di evacuazione, ne sono state approvate soltanto 5857 e di queste solo 4895 hanno avuto luogo.
Tanya Haj-Hassan, pediatra e operatrice umanitaria, ha lavorato recentemente all’ospedale di Al Aqsa. Descrive stanze di ospedale piene di fumo e detriti, spesso immerse nell’oscurità durante gli attacchi. Dice Tanya: «Due dei tre bambini feriti che ho cercato di evacuare sono morti. Non è chiaro come vengono prese le decisioni su chi verrà evacuato. Ho visto ambulanze autorizzate in coda al confine. Ricevo costantemente segnalazioni di casi che devono essere evacuati, ma poi muoiono aspettando».

Medici per i Diritti Umani Israele ha presentato una petizione all’Alta Corte di Giustizia israeliana, chiedendo che lo Stato consenta l’evacuazione medica. La petizione precisa che dal 7 maggio Israele sta bloccando l’evacuazione di oltre 14mila cittadini di Gaza gravemente feriti o malati che richiedono cure salvavita (dovevano essere evacuati 1500 al giorno, ma Israele ha chiuso le frontiere). Il dottor Abed lavora in pediatria all’ospedale di Al Aqsa. Racconta: «Abbiamo molti bambini con malattie renali, encefalopatia epatica, epilessia, diabetici, ma non abbiamo farmaci. Come si fa a dire ad un genitore che non ci sono cure, né letti?».
Prima che Israele si impadronisse del varco di Rafah, le evacuazioni erano ancora possibili, come quella del marzo scorso quando è atterrato all’aeroporto militare di Ciampino un velivolo C-130 dell’Aeronautica militare con a bordo malati provenienti dalla Striscia di Gaza. Il volo – il terzo dall’inizio delle operazioni – è stato organizzato dall’Unità di Crisi della Farnesina e dal Comando Operativo di Vertice Interforze. L’operazione si è inserita nel quadro delle precedenti evacuazioni sanitarie che grazie alla nave della Marina Militare “Vulcano” e ai mezzi dell’Aeronautica, avevano già consentito il trasferimento di 85 civili palestinesi bisognosi di cure, ospitati in strutture sanitarie italiane assieme ai loro accompagnatori.
Immagine di apertura: fonte: Medici Senza Frontiere
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