Milano 27 Marzo 2024
“Venite in Sardegna, resterete rapiti”, prometteva negli anni Sessanta uno slogan turistico della Regione. Ci fu chi lo prese sul serio. Cominciarono i sequestri di persona. Lo slogan venne ritirato, i rapimenti continuarono. E a lungo.

Più del furto di bestiame, perché – sentenziò qualcuno con umorismo sardonico – «le pecore belano, gli uomini no». L’Anonima sarda fu sgominata, ma il fascino dell’isola si era radicato e diffuso. Prima fra gli inglesi in quel di Alghero, nella Riviera del Corallo, poi con l’Aga Khan nella Costa Smeralda e, quindi, fra le masse popolari. Al punto che il turismo è diventato una voce imprescindibile dell’economia isolana. Certo non la prima. In testa ci sono i prodotti petroliferi, i 700/800 mila agnellini macellati a Natale e a Pasqua (non scordiamoci che ci sono 3 milioni di pecore, quasi 2 per ogni abitante), e i 100mila porcetti mandati al…rogo. Però il flusso di visitatori resta una forza trainante. Nel 2023, gli arrivi sono stati 7.327.938 (6.912.910 nel 2022, 6.922.103 nel 2019). Un anno record. E pensare che ancora nel 1932, la Sardegna, dal settimanale l’Italia letteraria, era definita «una delle parti meno conosciute d’Italia». Per questo, il periodico aveva organizzato un viaggio-crociera per giornalisti e scrittori. Era stato abbinato ad un premio di 5mila lire. Il viaggio ebbe 25 partecipanti. La giuria (di cui faceva parte Grazia Deledda, premio Nobel per la Letteratura nel 1926) assegnò il premio ex-aequo ad Elio Vittorini e Virgilio Lilli.

Dopo quel tour, il siciliano Elio Vittorini scrisse Sardegna come un’infanzia, un libretto che nell’epoca moderna fece conoscere all’Italia “l’Isola dei 4 Mori”. Ironia della storia: un uomo proveniente dalla “terra della luce e del lutto” (Gesualdo Bufalino) lanciò quella che è “quasi un continente” (Marcello Serra). Due isole che si ignoravano bellamente da secoli. E hanno continuato a farlo. Anche se le storiche locomotive 744, classe 1929, della Breda-Ansaldo, sbarcate sui binari sardi, venivano dalla Sicilia dove avevano sbuffato a lungo per trasportare arance. Insomma, scarti dell’isola sorella, che sembrarono confermare l’ancestrale diffidenza dei sardi per chi viene dal mare. Quelle locomotive vennero poi dismesse, ma con il giuramento che le ferrovie sarde sarebbero state ammodernate. Promesse non da marinaio, ma da politici, che non sono servite a velocizzare i trasporti su binario.

Da Cagliari a Olbia o a Porto Torres, i principali porti (190 km di distanza circa), occorrono dalle 4 alle 5 ore di viaggio. Quando i treni ci sono! Dal 1° gennaio scorso, infatti, e fino al 5 maggio, i convogli si fermano a metà strada, a Macomer, “per lavori infrastrutturali sulla linea”. Di conseguenza a Sassari, Porto Torres e Olbia ora è possibile giungere solo in pullman, con tempi ancora più lunghi e meno posti. «L’accessibilità interna alla Sardegna risulta largamente deficitaria» si legge nell’ultimo rapporto del Crenos, il qualificato centro ricerche economiche Nord Sud delle università di Cagliari e Sassari, che dal 1993 analizza le principali caratteristiche dell’economia sarda e fornisce le proprie competenze su turismo, ambiente e trasporti.
Senza strade e ferrovie, navi e aerei, non si va da nessuna parte. Altro che benvenuti in Sardegna! Che cosa c’è dentro l’affascinante cartolina in questa Sardegna, che, per prodotto interno lordo – sentenzia il Crenos – si colloca al 177esimo posto tra le 242 regioni europee e ora è precipitata al 70 per cento della media europea a fronte di un precedente 83 per cento? È arcinoto che per arrivare via mare serve un mutuo! Basta guardare le tariffe per l’imminente Pasqua: una famiglia di 4 persone più auto non spende meno di 700 euro. In cielo, la situazione non migliora.

I collegamenti aerei soffrono il mal di stagione, scarsi e precari in autunno e inverno. Una volta che si mette piede a terra, peggio che mai. La strada a quattro corsie Sassari-Olbia (80 km) necessaria per unire velocemente veloce la costa nord occidentale a quella nord orientale (due aeroporti Alghero e Olbia, e due porti, Porto Torres e Olbia) è stata iniziata nel giugno 2012. E non si sa quando il pericoloso percorso a ostacoli sarà terminato. Nell’Ottocento, sotto la mai rimpianta dominazione Savoia, la statale Carlo Felice (in memoria del monarca che la volle) ovvero i 225 km che collegano il Capo di Sopra con il Capo di Sotto, fu completata in 7 anni (grazie anche al lavoro non proprio volontario di 900 detenuti).
Quello dei trasporti non è l’unico flagello che… affligge residenti e turisti. Tralasciamo le piaghe degli incendi e la speculazione edilizia che devastano il paradiso di mare, rocce e spiagge. Dalla ricerca del Crenos emerge che tra il 2006 e il 2021 il consumo di suolo è aumentato sia in termini assoluti sia pro capite. Niente di nuovo, se già nel 1963 Indro Montanelli, nell’ultima delle sue 7 puntate sul Corriere della Sera dedicate all’isola, parlò «di distruzione della materia prima: la natura, contro cui si vanno perpetrando autentici delitti architettonici». Ai quali si stanno aggiungendo altri “delitti” apparentemente ecologici: distese di pale eoliche e di pannelli solari (la Sardegna è l’unica regione non raggiunta dal metano, si cucina con le bombole). Sorvoliamo, poi, sull’acqua, spesso non potabile (sempre che dai rubinetti sgorghi il prezioso liquido) in vaste zone dell’isola.
Quanto al pianeta salute, c’è da sentirsi male al solo pensiero. Alcuni recenti episodi di cronaca hanno suscitato scandalo e clamore. Dei bambini che dovevano subire l’asportazione dell’appendice sono stati trasportati d’urgenza a Cagliari da Sassari e Olbia, perché in tutto il Centro Nord non c’è traccia di un chirurgo pediatrico! Forse non è un caso – ha accertato sempre il Crenos – che «non si riesca ad assicurare i livelli di assistenza. Che sia aumentata la rinuncia alle prestazioni sanitarie e che, paradossalmente, nell’isola dei centenari l’aspettativa di vita sia diventata di sei mesi più breve rispetto alla media nazionale».

Ma allora, veramente “il sistema Sardegna è al collasso”, come il Crenos ha titolato il suo trentesimo rapporto in 200 pagine spietate? Se così è – e purtroppo ci sono molte ragioni per crederlo – perché milioni di persone ogni anno si accalcano nella antica Ichnusa? Perché un “forestiero”, non sempre ben visto, dovrebbe preferirla alla Puglia, alla Sicilia, Grecia, Croazia? Una moderata nota di ottimismo viene proprio dal referente scientifico del Crenos, il professor Raffaele Paci, dell’università di Cagliari: «Questa terra offre un ambiente naturale di grande pregio, raro nel Mediterraneo e relativamente incontaminato (coste, interno, bassa densità di popolazione, vasti spazi..), superiore a quello di altre parti della Penisola. Il visitatore trova poi importanti attrattori culturali: l’affascinante civiltà nuragica, una radicata identità, antiche tradizioni. Ovviamente sarebbe preferibile venire nei mesi di spalla e non nel picco ferragostano. Purtroppo – è vero – chi sbarca non trova servizi pubblici adeguati nella Sanità. È un problema (molto grave) che riguarda tutti. In generale – riconosce il professore – abbiamo bisogno di fare molti miglioramenti e questo dipende dalla qualità delle istituzioni che scegliamo».
Come dire: alla neo-governatrice Alessandra Todde il lavoro non mancherà. Buona fortuna.
Immagine di apertura: il nuraghe Losa, situato nelle campagne di Abbasanta, in provincia di Oristano, uno dei meglio conservati della Sardegna (foto di maxsanna)