Monza 27 Giugno 2025

Recentemente è stato riportato dai media il “primo trapianto di vescica al mondo” eseguito il 4 maggio in California a Los Angeles presso il Ronald Reagan UCLA Medical Center. Il destinatario del trapianto, il 41enne Oscar Larrainzar era in dialisi da sette anni. Aveva perso gran parte della vescica per la resezione di un tumore più di cinque anni prima, lasciando la parte rimanente troppo piccola e compromessa per funzionare correttamente. Entrambi i reni gli erano stati successivamente asportati a causa di un tumore renale.

Il paziente, il quarantenne Oscar Larrainzar, dopo l’intervento presso lo UCLA Medical Center di Los Angeles (foto: newsroom.ucla.edu)

È stato perciò eseguito un trapianto combinato di rene e vescica consentendo al paziente di interrompere la dialisi e di urinare per la prima volta in sette anni. In primo luogo è stato trapiantato il rene, successivamente la vescica; poi gli organi sono stati collegati uno all’altro. Finora l’unica possibilità in casi come questi per creare una nuova vescica era utilizzare una porzione dell’intestino del paziente stesso.
Quindi, quanto è stato fatto a Los Angeles parrebbe un evento sensazionale, ma per rispetto alla cultura della medicina, vorrei fare chiarezza perché è difficile spiegare ai lettori non esperti che purtroppo, dietro a notizie “clamorose”, si nascondono spesso intenti di ricerca di visibilità e di marketing. Innanzitutto, bisogna sottolineare che l’origine della perdita di funzionalità di rene e vescica era legata a patologie neoplastiche.

Nima Nassiri, il chirurgo che ha realizzato l’intervento, con il paziente (foto: newsroom.ucla.edu)

In estrema sintesi possiamo dire che sono state stanziate risorse economiche e sofferenze umane per non risolvere niente. Non solo riguardo a questa patologia (cancro alla vescica) è attualmente di moda segnalare procedure di trapianti atipici di organi non vitali per la sopravvivenza. Quello che hanno in comune tutti questi trapianti è farli apparire sui giornali come avanzamenti della medicina. La medicina non ha bisogno di questo, ne hanno bisogno forse i singoli chirurghi o le strutture in cui operano e i relativi uffici stampa.

Negli articoli che riportano questa nuova procedura, viene infatti definito “ideale” il paziente malato di tumore che è già in terapia immunosoppressiva nel senso che l’organismo è già immunodepresso e quindi meno in allerta ad attaccare organi estranei che vengono immessi nel corpo. Ma per il paziente questo cosa comporta veramente? Il malato non è un animale da esperimento e le risorse andrebbero impiegate per garantirgli una qualità di vita accettabile e l’investimento economico per facilitargli gli handicap dovuti alla malattia primaria.

Christiaan Barnard, il primo chirurgo a realizzare un trapianto di cuore a Città del Capo nel 1967 (foto di Eric Koch)

Oggi però è veramente fastidioso per chi cura il “paziente persona”, vedere la nobile gara di quelli che vogliono farsi pubblicità, finendo sui giornali con un avanzamento della scienza! La nobile gara coinvolge sempre più specialità e sempre più professionisti, in un tempo in cui le risorse economiche per gestire la Sanità sono sempre meno. I risultati a lungo termine di questi esperimenti non li conosciamo. Riguardo a questo caso, i medici coinvolti lasciano aperte le domande sulla longevità della vescica trapiantata e sulla terapia immunosoppressiva e la sua gestione complessa. Perché, stiamo parlando di pazienti già marcatamente debilitati da tumori e che, esposti maggiormente alle malattie, che cosa se ne fanno dei trapianti di rene e vescica? La sopravvivenza del paziente probabilmente resterà invariata, ma sarà un paziente che morirà più contento perché in grado di fare la pipì e darà notorietà ai suoi chirurghi. Apriamo una parentesi sulla donazione e prelievo di organi, visto che oggi con la donazione a cuore fermo, si assiste ad un ulteriore capitolo controverso di queste procedure: ricordiamo che in Italia per legge il cuore deve essere fermo per 20 minuti per procedere all’espianto di organi ma ci sono Paesi dove invece questi minuti sono solo 2.

Le tappe nella storia dei trapianti, dal primo, di rene, nel 1954 (immagine tratta dal libro “Vite a perdere” di Franca Porciani e Patrizia Borsellino, edito da FrancoAngeli, 2018)

Dobbiamo presumere che queste procedure verranno effettuate in paesi con “più tolleranza” per favorire gli espianti? Così come di fatto accadde durante il primo trapianto di cuore realizzato da Christiaan Barnard (1922-2001) a Città del Capo nel 1967, in Sudafrica, dove non c’erano restrizioni burocratico amministrative, Nelson Mandela era ancora in prigione e la Repubblica sudafricana non esisteva ancora. Lo stupore del mondo, scatenato in una notte da quella bandierina conficcata da Barnard nella storia della medicina fu pari a quello degli americani che, pur avendo già la procedura scritta dal cardiochirurgo statunitense Norman Edward Shumway (che Barnard copiò), sapendo che non esisteva una terapia immunosoppressiva, non l’avevano, giustamente, ancora effettuata. La ciclosporina per la terapia antirigetto che rese le procedure sicure, era all’epoca di là da venire, fu un’invenzione degli anni Ottanta. Il paziente di Barnard mori infatti dopo pochi giorni per rigetto dell’organo, ma ancora oggi il nome di questo chirurgo riscuote i favori della realtà mediatica.
Quindi, anche per il caso in questione i punti controversi sono molti prima di gridare al mondo mediatico il “nuovo” progresso della scienza e della medicina.

° Ha collaborato Sabrina Sperotto

Immagine di apertura: i chirurghi urologi Nima Nassiri e Inderbir Gill in sala operatoria mentre eseguono il doppio trapianto di rene e vescica, durato otto ore (foto: Nick Carranza/UCLA Health)

Classe 1952, monzese, cardiochirurgo emerito, ha diretto per molti anni il Centro di Cardiologia e Cardiochirurgia De Gasperis di Milano all'ospedale Niguarda. È stato presidente dei cardiochirurghi italiani e si è sempre occupato di trapianto cardiaco, di chirurgia dell’insufficienza cardiaca, valvolare, dell’aorta, coronarica, mini invasiva ed in particolare, ha acquisito un'esperienza più che trentennale nell’ assistenza meccanica al circolo (Cuore artificiale). Ha eseguito oltre 2000 interventi e 300 trapianti di cuore. È membro di diverse società scientifiche come l’International Society for Heart and Lungs Transplantation, la Società Italiana di Ecografia Cardiovascolare ed ha partecipato alla commissione “Audit and Guidelines” della Società Europea di Chirurgia Cardio-Toracica. .È stato direttore di dipartimento e responsabile della definizione delle linee guida e dei protocolli diagnostici e terapeutici cardiochirurgici, dello sviluppo della ricerca scientifica e delle iniziative di innovazione clinica delle Unità Operative di Cardiochirurgia degli Ospedali Humanitas in Lombardia fino alla fine del 2014. È autore di oltre 300 pubblicazioni sulle più prestigiose riviste nazionali ed internazionali. Ha sviluppato insieme a Sabrina Sperotto, il progetto di educazione medico-culturale “HE-ART & Science” per gli istituti scolastici.

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