Milano 27 Ottobre 2024

Tutto è cominciato con un Commodore 64, il primo personal computer che i più vecchi di noi ricordano. Non c’erano le finestre con le icone, ma si dovevano scrivere i comandi con la tastiera. Julian Assange, il cui vero nome è Julian Paul Hawkins, il cofondatore di WikiLeaks, a sedici anni sa già usare quel marchingegno, ora considerato antidiluviano, di uso complicato e difficile, e addirittura scrive programmi che condivide con i suoi amici.
I suoi genitori sono attori di teatro e attivisti politici (la leggenda racconta che si conobbero durate una manifestazione contro la guerra del Vietnam) e vivono nel Queensland, Stato nel nord est dell’Australia, dove lui nasce nel 1971. Julian, vulcanico e visionario, da quel Commodore 64, in un paio d’anni, diventa programmatore e partecipa attivamente a incontri mirati ad approfondire l’uso delle tecnologie informatiche.

Il logo di WikiLeaks

Entra nel gruppo di hacker International Subversives. A 18 anni si sposa con la prima moglie da cui però divorzierà, non senza aver avuto un figlio. Il primo scontro con la giustizia data 1991. Viene accusato di ingresso illegale nel sistema informatico dell’università e in quello del Pentagono e finisce in galera. Il secondo nel 1992 quando riceve ben 24 notifiche per pirateria informatica. Resta dietro le sbarre poco tempo. Nel 1995, mentre studia fisica e matematica, ma anche filosofia e neuroscienze (non si laureerà) lancia Strobe, un programma che serve per verificare la sicurezza di una rete. Ma è nel 2006 che la sua vita ha una svolta. Fonda, con altri amici, colleghi e informatici per passione, WikiLeaks che pubblica documenti riservati e confidenziali con notizie esplosive.
Attacca tutti e non guarda in faccia nessuno. «Se un fatto è una notizia va pubblicato. Non importa chi ne sia il protagonista». Sostanzialmente, applica la massima di Joseph Pulitzer: «Non esiste delitto, inganno, trucco, imbroglio e vizio che non vivano della loro segretezza. Portate alla luce del giorno questi segreti, descriveteli, rendeteli ridicoli agli occhi di tutti e prima o poi la pubblica opinione li getterà via». Così mette in rete notizie sui bombardamenti contro i civili nello Yemen, sulla corruzione nel mondo arabo, sulle esecuzioni extragiudiziarie da parte della polizia in Kenya, sulla rivolta nel Tibet (2008), sullo scandalo petrolifero in Perù, sulle purghe del governo turco contro gli oppositori di Erdogan nel 2016, solo per fare qualche esempio.

Julian Assange nel dicembre del 2011 a Londra (AP Photo/Kirsty Wigglesworth)

Il 5 April 2010 WikiLeaks pubblica un video confidenziale dell’esercito statunitense, Collateral Murder (https://collateralmurder.wikileaks.org/ ) che ritrae l’omicidio indiscriminato di diciotto persone nel sobborgo iracheno di New Baghdad, tra cui due giornalisti della Reuters. Il video mostra chiaramente l’uccisione immotivata di un dipendente Reuters ferito e dei suoi soccorritori.
Il 25 luglio escono su WikiLeaks i diari della guerra in Afghanistan e in ottobre i diari di guerra in Iraq. Raccolte confidenziali di registri militari statunitensi. La documentazione rivela informazioni sulla morte di civili, l’aumento degli attacchi dei talebani e le responsabilità di Pakistan e Iran nella rivolta afghana. Secondo il New York Times si tratta di “un archivio di sei anni di documenti militari classificati [che] offre un quadro incolore e cupo della guerra afgana”. Il Guardian rincara la dose: «È un ritratto devastante della guerra fallita in Afghanistan. Rivela che le forze della coalizione hanno ucciso centinaia di civili in incidenti non dichiarati, che gli attacchi dei talebani sono aumentati e che i comandanti della NATO temono che i vicini Pakistan e Iran alimentino l’insurrezione».
Scatta la persecuzione giudiziaria contro Assange. Gli Stati Uniti intendono applicare l’US Spionage Act del 1917 per impedire a WikiLeaks di pubblicare i restanti 15.000 documenti di guerra segreti in suo possesso. Il 18 novembre 2010 la Svezia spicca un mandato d’arresto con l’accusa di stupro e molestie. Accuse che si dimostreranno pretestuose e porteranno all’archiviazione. Intanto Washington chiede l’estradizione. Il 7 dicembre 2010 Assange si presenta spontaneamente alla polizia londinese e viene arrestato in seguito a un mandato di cattura europeo. Immediatamente Stoccolma chiede che venga estradato in Svezia ma si teme che sia un escamotage per spedirlo negli Stati Uniti, dove lo attende un processo per spionaggio. I suoi avvocati cominciano la battaglia legale. Il 16 dicembre Assange viene rilasciato su cauzione. Quasi un anno dopo, nel giugno 2012, la Corte Suprema britannica dà l’OK all’estrazione, Assange si rifugia nell’ambasciata dell’Equador a Londra.

Julian Assange fotografato a Londra all’interno dell’Ambasciata dell’Equador nell’agosto 2014 (foto di David G. Silvers)

Ci rimarrà per sette anni. Intanto l’avversione americana verso l’animatore di WikiLeaks era cresciuta dal 17 aprile 2012, quando il canale televisivo Russia Today aveva trasmesso la prima puntata di The World Tomorrow, un talk-show condotto da Assange dalla sua abitazione londinese, dove si trovava agli arresti domiciliari. Assange passa sette anni nell’ambasciata dell’Ecuador, finché, l’11 aprile 2019 la polizia britannica entra nella legazione e lo arresta. Finisce davanti al giudice Michael Snow e il 1° maggio viene condannato (per aver violato gli arresti domiciliari quando è andato all’ambasciata ecuadoregna a chiedere asilo politico) a 50 settimane di prigione da scontare nel carcere di massima sicurezza Belmarsh, quasi si trattasse di Jack lo Squartatore.
Quando il 23 maggio gli Stati Uniti rivelano di voler applicare ad Assange l’Espionage Act, insorgono il Washington Post e il New York Times secondo cui la norma è vecchia e non più adeguata alla società attuale. Inoltre, ostacola la libera circolazione di informazioni importanti, in un sistema democratico. Pochi giorni prima il relatore dell’ONU sulla tortura e trattamenti inumani, l’elvetico Nils Melzer, aveva esortato i quattro governi coinvolti nella vicenda giudiziaria (Australia, Regno Unito, Stati Uniti e Svezia) ad astenersi da ulteriori dichiarazioni o atti pregiudizievoli per i diritti umani di Assange e ad adottare misure per fornirgli un risarcimento e una riabilitazione appropriati, manifestando le sue preoccupazioni riguardo alla possibile estradizione negli USA, dove riteneva che non gli sarebbe stato garantito un giusto processo. L’estradizione negli Stati Uniti avrebbe comportato ad Assange l’imputazione per spionaggio con pene complessive da 175 anni o addirittura una sentenza di morte.

Una bella immagine di Stella Moris, avvocato, nata nel 1983 da madre spagnola e padre svedese di origine cubana. Nel 2015 si è legata a Jiulian Assange che ha sposato nel 2022. La coppia ha due figli (foto: National Press Club of Australia)

Assange, che durante la campagna elettorale americana del 2016 aveva pubblicato e-mail compromettenti di Hillary Clinton che sfidava Donald Trump, il 31 luglio 2019 vince la causa intentata contro WikiLeaks dal Comitato Nazionale Democratico per cospirazione assieme al governo russo. Il 23 marzo 2022 Julian sposa Stella Moris, che dal 2011 fa parte del suo team legale e da cui ha avuto due figli durante il suo “soggiorno” nell’ambasciata ecuadoregna.
In tutti i 5 anni di detenzione nel carcere di Belmarsh si susseguono i ricorsi dei legali di Assange per impedire l’estradizione negli USA. Le manifestazioni di protesta si moltiplicano in tutto il mondo. In Italia Napoli, Reggio Emilia, Foggia, Bologna, Imola e Roma concedono all’animatore di WikiLeaks la cittadinanza onoraria. Si distingue Milano: il consiglio comunale rigetta una proposta in tal senso, assente in aula il sindaco Beppe Sala.
Finalmente, quando sembra che l’estradizione sia inevitabile, il 24 giugno 2024 Assange viene scarcerato in seguito al patteggiamento con la giustizia statunitense: ammissione di colpevolezza e condanna già scontata nel carcere londinese. Viene così liberato all’aeroporto Stansted e da lì alle isole Marianne, possedimento americano in Asia, dove presenzia all’udienza finale. Viene sancita la sua liberazione e torna immediatamente in Australia.

Uno scatto della famiglia Assange riunita dopo la liberazione pubblicata di recente da Stella (fonte: dire)

I difensori della libertà di stampa e di chi crede nell’importanza dell’informazione in un sistema liberale e democratico ritiene che Julian Assange sia un personaggio che ha lasciato il segno. Combattere contro la segretezza dietro cui si nasconde il potere è uno dei compiti del giornalismo. Quindi, per costoro, il fondatore di WikiLeaks è un perseguitato politico e la sua difesa coincide con la difesa della libertà di Stampa.
Con le sue rivelazioni Assange ha reso un servizio alla democrazia. “Conoscere per deliberare”, diceva Luigi Einaudi. Ebbene, Assange ci ha permesso di conoscere.

Immagine di apertura: Julian Assange legge un comunicato dalla ambasciata dell’Equador nel 2012

Milanese, laureato in chimica, è stato per trent’anni corrispondente de "Il Corriere della Sera" dall’Africa, dove ha visitato tutti i Paesi tranne sei. È stato autore di numerosi reportage esclusivi come la liberazione in Nigeria di due tecnici dell’ENI che si è fatto consegnare dai guerriglieri. Conosce il Sudan molto bene per esserci stato decine di volte, intervistando le persone più influenti del Paese. Per le sue inchieste sui traffici d’armi è stato chiamato dal Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite a far parte del panel degli esperti per l’investigazione del traffico d’armi in Somalia. Sempre in Somalia è stato sequestrato dagli islamisti. È stato rilasciato 72 ore dopo perché conosciuto dai più importanti capi jihadisti che lo hanno difeso. E' Direttore del quotidiano online "Africa-ExPress"

LASCIA UN COMMENTO

Per favore inserisci il tuo commento!
Per favore inserisci il tuo nome qui

Questo sito utilizza Akismet per ridurre lo spam. Scopri come vengono elaborati i dati derivati dai commenti.