Milano 26 Ottobre 2021
Prima o poi succede a tutti. Trovi una foto di una bambina che non conosci ma che in qualche modo ti è familiare. La foto di tua madre da piccola. Che è lei e non è lei. Perché, anche se pare impossibile, quella bimba con le trecce e il grembiulino, i capelli a zazzera e le braghette, gli occhi sfrontati o assorti, è proprio colei che un giorno ti metterà al mondo. Naturalmente lei non lo sa, e neanche tu, venuto dal futuro, riesci a credere che quella piccola dai colori un po’ sbiaditi, sia la stessa donna che ti ha generato e cresciuto.

A condurci dentro il bosco labirintico del tempo e della memoria è un piccolo grande film che ti resta dentro ben più del previsto. Girato con pochi mezzi e tante idee capaci di scalzare le restrizioni della pandemia da Céline Sciamma (già regista di Tomboy e Ritratto della giovane in fiamme) Petite maman, applaudito allo scorso festival di Berlino e appena premiato alla Festa del Cinema di Roma nella sezione Alice nella città, è un film da non perdere. Seguendo il ritmo incantato della fiaba, Sciamma dipana il suo filo narrativo ad altezza degli occhi di Nelly, che a otto anni ha il suo primo confronto con la morte e il lutto. La nonna molto amata se n’è andata, e lei si aggira nella casa di riposo con la madre, dicendo addio alle ospiti, una per una, che fino all’ultimo le sono state compagne di solitudine.
«Non l’ho salutata bene – mormora la madre, triste per il mancato congedo – . Non sapevo fosse l’ultima volta. Non sappiamo mai quando è l’ultima volta».

Il bastone della nonna stretto tra le manine, la sua eredità, Nelly torna nella casa di campagna della vecchia signora per compiere il rito triste di sgombrarla dalle ultime cose, inutili e meravigliose. Oggetti di vite passate, della nonna e anche della madre che, sfogliando vecchi quaderni e riponendo libri polverosi, le svela quello che era il suo gioco preferito, costruire una capanna tra gli alberi.
Poi la mamma (Nina Meurisse) se ne va, via per qualche giorno, e Nelly resta nella casa ormai quasi svuotata con il padre. Ma un giorno, nel bosco, ecco che incontra una bambina, della sua stessa età, che molto le somiglia (le piccole attrici sono nella realtà due sorelle, Joséphine e Gabrielle Sanz).

Marion, stesso nome di sua madre, sta costruendo la sua capanna di rami secchi. Nelly l’aiuta, la decora con le foglie gialle e rosse dell’autunno. Le due bambine diventano amiche in un baleno, in un baleno sorelle inseparabili, legate da un rapporto che sovverte e arricchisce il ruolo che verrà, quello che loro e solo loro conoscono fin dal primo istante. «Se ti dico un segreto prometti di credermi?» chiede Nelly a Marion. «Sì». «Sono tua figlia». «Vieni dal futuro?» chiede Marion senza sorprendersi. «Vengo dal sentiero dietro di te», spiega Nelly. Un sentiero che le guida dolcemente in un viaggio nel tempo che nulla ha a che vedere con la banale fantasy, ma piuttosto con le pieghe nascoste del cuore. Là dove passato e futuro si ricongiungono in un presente che entrambi li racchiude.

Distribuito in collaborazione tra Teodora e Mubi, Petite maman, in questi giorni è nei cinema e l’anno prossimo sarà in streaming sulla piattaforma dedicata al cinema d’autore. Una doppia occasione per gustare questa favola tenera e commovente, capace come tutte le favole di spingerci oltre le frontiere di quel “profondo paese straniero” che Freud chiamava anche inconscio.
Immagine di apertura: Nelly (Joséphine Sanz) e Marion (Gabrielle Sanz) guardano le casa di foglie che hanno costruito in una scena di Petit Maman