Milano 25 Maggio 2021
Il 19 maggio cerimonia italiana a Washington, presso la nostra ambasciata. Al virologo di riferimento della Casa Bianca, sia con Trump sia con Biden, la nostra Repubblica ha conferito l’onorificenza di Cavaliere di Gran Croce. Lui è Anthony Fauci, considerato un “faro” per il mondo scientifico. Non poteva mancare una domanda su un tema d’attualità: i vaccini funzionano, ma quanto dura l’immunità che conferiscono? La risposta: «Tutto è ancora sotto osservazione. È possibile che il vaccino dia un’immunità solo per un tempo limitato. Se il Covid-19 si comporta come gli altri Coronavirus, non garantirà un’immunità di lunga durata. Insomma, credo che abbiamo imparato come controllare, il virus ma dobbiamo ancora abituarci a convivere con lui».
La domanda era d’obbligo perché è in arrivo il Green Pass, una sorta di passaporto vaccinale che consente gli spostamenti all’estero e, per e tra, zone a rischio. Per ora, seguendo le indicazioni scientifiche riguardo la durata dell’immunizzazione ottenuta con la vaccinazione o con la guarigione dopo l’infezione, la validità del Pass è stata prima posta a sei mesi, poi a nove.

In effetti, le incognite sui vaccinati sono molteplici: quanto dura la protezione? Quando cominceranno i richiami con la terza dose? E, intanto, si registrano reinfezioni in chi è stato vaccinato. Casi rari, ma ci sono; d’altra parte nessun vaccino ha un’efficacia del 100 per cento. Il che significa che può prendere il Covid-19 anche chi è vaccinato, a quanto sembra, però, in forma meno grave. Premesso che la risposta immunitaria è soggettiva e può variare a seconda di fattori come l’età, l’immunodeficienza o specifiche condizioni fisiche, la durata della protezione del vaccino anti-Covid non è stata ancora definita. Questo perché lo sviluppo dei vaccini è stato molto rapido, tale da non permettere di acquisire tutte le informazioni su quanto dura l’immunità. La si studia sul campo via via che passa il tempo dalla vaccinazione. E al momento chi ha dati numericamente e temporalmente attendibili è la Pfizer essendo il suo vaccino il primo ad essere sperimentato sull’uomo e il primo ad essere autorizzato e utilizzato nelle campagne di vaccinazione di massa a livello globale. I dati che vengono dal mondo reale dimostrano come, anche quando la quantità di anticorpi che si misura nel sangue (con i test sierologici) scende, non diminuiscono le “cellule della memoria”, che in un secondo incontro con il virus si attiverebbero immediatamente producendo altri anticorpi. Siamo arrivati a oltre otto mesi di durata, ma la forchetta dovrebbe ampliarsi ancora. Gli studi osservazionali pubblicati finora in letteratura scientifica ci dicono di un periodo di protezione indotto dai vaccini che varia da sei a dodici mesi.

L’Agenzia europea per il Controllo e la Prevenzione delle Malattie Infettive (ECDC), ha dichiarato che, in attesa di nuovi risultati da tutti gli studi in corso, dovrà essere considerata una protezione massima di nove mesi; il dopo è da vedere. Comunque, il sito di domande e risposte sul vaccino dell’AIFA (la nostra agenzia del farmaco) ci dice che sulla base della conoscenza di altri tipi di coronavirus, è possibile ipotizzare una protezione di almeno 9-12 mesi in riferimento ai vaccini a RNA messaggero di Pfizer-BionTech e Moderna-NIAID. Ma è impossibile, ad oggi, stabilire con certezza la durata dell’immunità in quanto sono state effettuate osservazioni limitate. Anche per i vaccini a vettore virale (adenovirus) come AstraZeneca e Johnson & Johnson non ci sono dati a sufficienza per conoscere la durata della protezione.
In pratica, spiega l’ECDC: «Solo quando il vaccino sarà somministrato a larghe fasce di popolazione sarà possibile verificare se l’immunità durerà un anno, come accade con l’influenza, o più anni, come accade con la vaccinazione anti-pneumococcica o se sarà necessario sottoporsi a richiami».
Per quanto riguarda, invece, l’immunità naturale, secondo alcuni studi recenti, potrebbe avere una durata pari a 6 mesi, ovvero inferiore alle previsioni. Ma anche in questo caso occorre tempo per studiare i guariti. Una ricerca realizzata di recente dal laboratorio di virologia dell’Istituto nazionale malattie infettive Spallanzani di Roma, pubblicata su Viruses, afferma che gli anticorpi neutralizzanti contro il coronavirus nei pazienti guariti sono ancora presenti a livelli consistenti dopo 11 mesi dall’infezione. Dalla ricerca è emerso che questi sono più elevati nelle persone sopra i sessant’anni e nei casi in cui la malattia si è presentata con sintomi respiratori più gravi.
Sta diventando, infine, convinzione comune tra gli specialisti che sarà necessario un richiamo del vaccino tra i sei e i dodici mesi dopo la seconda dose. Sintetizza Matteo Bassetti, direttore della Clinica di Malattie infettive dell’ospedale San Martino di Genova e membro della task force anti Covid della Liguria: «I dati sull’immunità ci dicono che dura almeno 12-18 mesi. La terza dose dovrebbe essere fatta ragionevolmente dopo 6-12 mesi. Quindi nel mio caso penso che il prossimo novembre-dicembre dovrò fare la terza, che potrebbe essere anche utile per coprire le varianti». Secondo Bassetti è probabile che, almeno per i prossimi anni, sarà necessario effettuare un richiamo ogni anno: «Dovremo abituarci all’idea che una volta all’anno ci vaccineremo contro il Covid». In pratica, come per l’influenza.
Immagine di apertura: foto di Doro T Schenk