Milano 27 Aprile 2024

«La yeshivah è lo shabbat della vita», diceva il celebre rabbino Yeshayahu Hadari, scomparso sei anni fa, a ospiti e frequentatori di uno dei templi della cultura religiosa ebraica, nella città vecchia di Gerusalemme, la Yeshivat Hakotel, che aveva fondato e diretto dal 1967, a due passi dal Muro del Pianto.

Il quartiere Mea Shearim di Gerusalemme dove vive la comunità ultra-ortodossa. In primo piano, la bancarella con le parrucche per le donne sposate. Dopo il matrimonio la donna, per modestia, deve nascondere i capelli con un foulard o con una parrucca (foto di Gilabrand)

Per le migliaia di allievi cresciuti ascoltandolo, le parole dell’influente leader spirituale (lo shabbat è la festa del riposo che si celebra il sabato)  non richiedevano spiegazioni: il silenzio, la quiete, la concentrazione, il raccoglimento sui banchi e in biblioteca, tra i libri delle Sacre Scritture, rispecchiavano esattamente le irrinunciabili 24 ore di distacco dalle attività e dalle preoccupazioni quotidiane della settimana ebraica.

L’intensa pausa rigeneratrice che gli ebrei praticanti dedicano ogni sei giorni all’elevazione della propria spiritualità, si trasforma per discepoli ortodossi e futuri rabbini in una vera e propria missione a tempo pieno, retribuita con donazioni e sussidi statali.
Il conflitto e lo stato di emergenza, con la mobilitazione di 360 mila riservisti, hanno cambiato però scenari e priorità che sembravano inamovibili.

Una donna haredim prega al Muro del Pianto. Le donne non possono frequentare le scuole religiose

Gli studenti, tutti maschi, delle scuole religiose, dove le materie principali, se non le uniche, si concentrano sull’approfondimento del Talmud e della Torah, stanno per perdere molto probabilmente uno dei privilegi più saldi, garantiti agli ultraortodossi dal 1948: l’esenzione dall’arruolamento nelle forze armate, obbligatorio per tutti i diciottenni israeliani (una ferma di tre anni i ragazzi, e di 24 mesi per le ragazze). Con l’arrivo, anzi, il ritorno al potere di Benjamin Netanyahu, al cui governo di destra è indispensabile il sostegno degli ultraconservatori, dei rappresentanti dei coloni e dei settori confessionali, la spesa pubblica per le scuole rabbiniche e per il mantenimento dei loro allievi, consacrati allo studio ed esonerati anche dal lavoro, era lievitata, negli ultimi anni, tra il malumore dei contribuenti connazionali. Senza che le proteste influissero sulle scelte della coalizione. Un anno fa erano stati stanziati allo scopo altri 3 miliardi e 400 milioni di euro.

Una famiglia benestante ultra-ortodossa: il capofamiglia con il cappello di pelo, la moglie con la parrucca che nasconde i capelli, i figli con il cappello e i payot, i lunghi riccioli imposti dal Levitico, il terzo libro della Torah, le nuore con la testa coperta dal foulard, detto tichel, obbligatorio dopo il matrimonio (fonte: viaggiarte.eu)

Ma il 7 ottobre scorso, con l’inizio di una guerra dagli sviluppi imprevedibili, lo status quo è saltato. Al massacro condotto dai terroristi di Hamas nei kibbutz e tra i giovani partecipanti ad un festival musicale a pochi chilometri da Gaza, e alla presa di centrotrenta ostaggi, gli israeliani hanno risposto con l’assedio e la devastazione della Striscia, uccidendo quasi 34 mila palestinesi e riducendo alla fame i rimanenti.
La discesa in campo degli hezbollah in Libano e degli ayatollah in Iran ha definitivamente messo in chiaro che la dispensa degli haredim, gli ebrei ultra-ortodossi, strettamente osservanti dei precetti della Torah, dalla chiamata alle armi è diventata una questione non più trascurabile. Se n’è occupata la Corte Suprema, l’autorità giudiziaria più alta, bocciando i rinvii richiesti da Netanyahu e ingiungendo il reclutamento dei 64/65 mila haredim in età di leva (18-26 anni), oltre alla sospensione degli stipendi agli eventuali renitenti (ingiustificati).

Ebrei haredim al Muro del Pianto a Gerusalemme. Attualmente rappresentano il 13,5 per cento della popolazione di Israele (foto di Levi Meir Clancy)

Gli haredim sono il 13,5 per cento della popolazione: in cifre assolute, un po’ più di un milione e trecentomila su poco meno di dieci milioni di israeliani. Ma hanno un importante peso politico nella vita nazionale. Si concentrano nei quartieri di Mea Shearim e di Geula, a Gerusalemme, un po’ più a ovest, a Beit Shemesh, e nella cittadina di Bnei Brak, a est di Tel Aviv, i cui abitanti conducono invece una esistenza generalmente molto più laica e meno vincolata alle regole dello shabbat, il riposo totale tra il tramonto del venerdì e quello del sabato.
È diventata così ancora più evidente la spaccatura interna al Paese. Da un lato (e al governo) le forze tradizionaliste, contrarie alla soluzione dei due Stati, e favorevoli invece alla colonizzazione dei territori palestinesi occupati dal 1967. Dall’altro (all’opposizione) i movimenti che caldeggiano la coscrizione obbligatoria per tutti, e la fine delle sovvenzioni agli haredim, in nome dell’uguaglianza, del progresso economico e della protezione di Israele dagli attacchi nemici.

Una scena della miniserie Netflix “Unorthodox” del 2020: l’attrice Shira Haas è Etzy, la ragazza haredim che si trova maritata giovanissima ad un ragazzo che non vuole, ma che si ribellerà e fuggirà a Berlino (foto Netflix Media Center)

Il cambiamento avanza in ogni caso. Il portavoce dell’Idf, le forze armate israeliane, Daniel Hagari, ha comunicato che, nei giorni e nelle settimane successive al 7 ottobre, almeno duemila haredim si sono offerti spontaneamente di entrare in servizio, anche se la maggioranza non è stata ritenuta idonea ai compiti militari.

Barbra streisand nel film Yentl del 1983

I seminari religiosi restano preclusi alle donne, come raccontava quarant’anni fa Barbara Streisand nel film Yentl, ambientato nella Polonia dei primi del Novecento. Mentre la parte femminile della comunità haredim può lavorare e lavora, con un tasso di occupazione vicino all’80 per cento, secondo i dati dell’Idi, l’Israel Democracy Institute. Nelle case ultraortodosse, infine, la pandemia da Covid ha agevolato l’ingresso di internet, quasi completamente bandito fino a pochi anni fa.

Immagine di apertura: foto di Aharon Luria

Nata a Milano, giornalista professionista dal 1981, al "Corriere della Sera" dal 1989, ha lavorato per vent’anni come inviata speciale ed è stata corrispondente dalla Spagna dal 2007 al 2011. Prima di arrivare al Corriere, è stata cronista per sette anni al quotidiano del pomeriggio “La Notte” e per altri tre a “Il Giornale” di Indro Montanelli. Collabora con il settimanale “F” (Cairo editore) dalla Fondazione. Ha scritto per Mondadori due biografie: “Margaret Thatcher, Biografia della donna e della politica” (2019), vincitrice del Premio Giovanni Comisso 2020, ed “Enigma Evita, Storia della donna che ammaliò il mondo” (2022), su Eva Perón.

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