Nei giorni scorsi i giornali e le agenzie hanno dato la notizia che una signora anziana, Maria Edda, si è laureata in Giurisprudenza all’università Federico II di Napoli. La seconda laurea dopo quella in Lettere presa in gioventù, cui ha fatto seguito una carriera di insegnante. Ma che cosa ha fatto notizia? Gli 84 anni della signora in questione. Il fatto che una persona sopra gli ottant’anni porti a termine un progetto personale, appare come una stranezza, una bizzarria (non a caso la storia era raccontata con ironia «ed ora signora, la terza laurea?»…). Eh sì, l’anziano deve essere un cittadino di serie B, entrare in una categoria sociale residuale, silenziosa, parcheggiato in un limbo in attesa della morte, senza speranze né progetti. In questi ultimi anni abbiamo infranto molti tabù – almeno così sembra -; si comincia ad accettare chi prima era emarginato, gay, lesbiche, transgender, ma nessuno infrange un pregiudizio che ha radici storiche antiche, antichissime: la gerontofobia. Ancora oggi tutto quello che invecchia, fuorché il vino, è svalutato, da buttare: un libro, un film che non piace più, si dice che è “invecchiato”. L’informazione non è da meno: gli anziani fanno notizia quando vengono scippati, raggirati da falsi venditori, derubati dei risparmi da broker senza scrupoli, dando per scontato che siano per definizione meno lucidi. Al di fuori di una ristretta cerchia di “vecchi di potere”, nella finanzia, in politica (ma i nuovi politici significativi di questi ultimi anni sono giovani, Matteo Renzi prima, Elly Schlein adesso) e nelle istituzioni, l’anziano è emarginato, non deve rivendicare un ruolo, nel mondo del lavoro, né fuori, non deve avere progetti. Agli albori dell’epoca cristiana Seneca scriveva: «La vecchiaia è una malattia inguaribile» e Terenzio, che ironia della sorte, morì giovanissimo, un secolo prima sentenziava: «Senectus ipsa est morbus» (la vecchiaia di per sé è una malattia). Tanti anni fa, secoli, eppure la nostra società è ferma lì, non si è spostata di un virgola, nonostante che oggi si viva in buona salute fino a tarda età nel mondo occidentale; i dati sono incontrovertibili. Ciononostante lo spauracchio della vecchiaia resiste e ha fatto nascere un’industria fiorentissima che cancella le rughe e modifica i lineamenti, forte del miraggio di una giovinezza “cosmetica”, producendo spesso solo caricature degli originali. La gerontofobia è una forma di razzismo così radicata che le persone quando arrivano ad una certa soglia, introiettano una visione svalutata di sé, si vedono brutte, diventano rinunciatarie, pensando che al massimo possono fare i nonni, unico ruolo sociale che la nostra società concede loro. La signora Edda con la sua seconda laurea a 84 primavere, ha infranto un tabù, ha realizzato un sogno nel cassetto contro una mentalità diffusa. Nell’Ottocento a quarant’anni le donne si cominciavano a vestire di nero, anche le aristocratiche, segno evidente che dovevano chiudere con la vita. Da allora passi avanti ne abbiamo fatti pochi, abbiamo solo spostato in avanti quel momento. Non più quaranta, settanta, ma l’idea resta la stessa…….