Firenze 23 Ottobre 2020
«Se c’è un punto comune alle varie discipline psicologiche, è l’insopprimibile bisogno dell’uomo, di ogni cultura o nazionalità, di affetto e di socialità. Reprimere questo bisogno porta a conseguenze dannose e non c’è bisogno di scomodare Freud, Eric Berne o altri grandi autori per avere conferme». Lo sostiene il sociologo Mattia Vitiello, ricercatore presso l’Istituto di ricerche sulla popolazione e le politiche sociali del Consiglio Nazionale delle Ricerche a Roma. Non si può non dargli ragione.

E di fronte al crescere dei contagi e allo spettro del lockdown il cui ritorno è tanto temuto, i giovani sono i primi a essere additati come quelli che di reprimere il proprio bisogno di socialità non ne vogliono sapere. Capri espiatori ingiustamente sacrificati o mine vaganti pronte a esplodere? “Vittime di questo momento” come li ha definiti Nicola Zingaretti o anarchici dell’incoscienza e dell’irresponsabilità? È innegabile che il profondo cambiamento di abitudini portato dal Covid-19 ha coinvolto anche loro: i giovani, subendo passivamente le restrizioni o ribellandosi, si sono trovati a fare i conti, come chiunque altro, con una realtà tutta nuova. «Durante il lockdown mi sentivo a disagio quando si trattava di uscire perché facevo fatica ad abituarmi a certe norme comportamentali come l’uso della mascherina. Con i miei amici uscivo veramente poco e non in posti affollati; dopo la parentesi estiva in cui tutti hanno goduto di una maggiore libertà, ho nuovamente limitato le uscite e il gruppo di amici». Descrive così Anna Pontiroli (19 anni, impiegata in una sartoria a Firenze) il suo approccio a una normalità fatta di abitudini nuove che si manifestano in una socialità profondamente cambiata. «Al momento è impensabile frequentare locali affollati e fare nuove conoscenze.

Non ci si può approcciare a sconosciuti liberamente come in passato: per invitare a uscire una ragazza prima dovrei chiederle di fare il tampone» afferma Lorenzo Tesi (18 anni, che a Pistoia frequenta il quarto anno del Liceo Economico Sociale) con una punta di ironia, consapevole che quell’insopprimibile bisogno di condivisione e contatto che caratterizza i più giovani, non potrà fare altro che manifestarsi sotto altre forme.
Come evidenzia Arianna Fornaciari (19 anni, Montecatini Terme), studentessa di Fisica all’Università di Firenze: «Da mezzo per accordarsi su un appuntamento a principale via di comunicazione e condivisione, i social network oggi sono al centro di buona parte della giornata. Dall’università allo sport, tutto è digitalizzato e virtuale». Digitalizzazione e distanziamento sociale: due parole che sembrano delineare la morte di qualunque relazione interpersonale. Eppure, paradossalmente, sembrano aver prodotto l’effetto opposto, valorizzando la complicità che può nascere tra compagnie meno numerose, fatta di legami circoscritti e per questo più saldi.

«Il rapporto che si crea con l’altro risulta fin da subito più coinvolgente e meno generico di come poteva essere incontrando decine di persone – continua Arianna – I luoghi di ritrovo sono passati dal locale affollato al salotto di un amico, dove si respira un’atmosfera più conviviale e familiare. Si preferisce invitare a casa un numero limitato di ragazzi e questo ci ha permesso di capire che spesso non servono grandi feste per divertirsi: niente è meglio della compagnia dei buoni amici». Ma in che modo questa nuova realtà si ripercuoterà sul futuro? «Non appena sarà disponibile un vaccino, le cose torneranno progressivamente a come erano in passato – sostiene Lorenzo -, ma senz’altro quest’esperienza lascerà un segno, soprattutto nei più piccoli. Mia sorella di dieci anni ne è la conferma: è la prima a seguire le regole, a portare sempre la mascherina, a lavarsi spesso le mani e credo che la sua generazione conserverà molte di queste accortezze. Mentre la mia non vivrà grandi cambiamenti».

«Impareremo a dare meno cose per scontate, soprattutto la libertà che ci è stata tolta». Secondo Bianca Zito (18 anni, al quinto anno del Liceo Classico N. Forteguerri di Pistoia) è questa la grande lezione che i giovani porteranno con sé quando tutto sarà finito. «Non capisco tutto questo accanimento contro i giovani – aggiunge -; in generale ho notato rispetto verso le norme, mentre i più indisciplinati mi sembrano piuttosto gli anziani: è difficile imporre loro l’uso delle mascherine e di stare il più possibile a casa». Non è dello stesso avviso Anna che, invece, nella sua città ha notato che «la maggior parte dei giovani se ne strafrega. Fanno come se nulla fosse, senza nessuna forma di prevenzione».
Tra chi ne prende le parti e chi li accusa, l’unica certezza è che i giovani subiscono quella che è a tutti gli effetti una forma di criminalizzazione: colpevoli di trascurare i pericoli, di non curarsi dei membri della famiglia più fragili pur di andare a spintonarsi l’un l’altro in qualche affollatissimo locale, inconsapevoli che vivere la loro età sarebbe diventato, da un giorno all’altro, la peggiore delle colpe. E così c’è chi, come Lorenzo, si chiede: «Possibile che quella solidarietà che ci ha legati quando eravamo nell’occhio del ciclone sia già stata sostituita dal famelico bisogno di trovare il prossimo capro espiatorio da sacrificare?».
Immagine di apertura: foto di Cottonbro
Annna, se ESCI poco. approfittane per….far ENTRARE molto !!