Milano 21 Dicembre 2024
La crudeltà e le contraddizioni del mondo odierno racchiuse in una fiaba, Il paese di Sogno, pubblicato da Neri Pozza, dall’incipit tradizionale di “C’era una volta”, ma dal finale ben lontano dal risolutorio e catartico “E vissero tutti felici e contenti”. A narrarla è David Diop, scrittore famoso di lingua francese, premio Strega europeo 2019, nato a Parigi, città della madre, ma cresciuto in Senegal, patria del padre; attualmente residente in Francia dove insegna letteratura del XVIII secolo all’università di Pau.

Con il suo precedente pluripremiato Fratelli d’anima, edito sempre da Neri-Pozza, David Diop non solo ha raccontato una toccante storia di due amici, Alfa Ndiaye e Mademba Diop, ritrovatisi sul campo di battaglia, ma ha anche contribuito alla conoscenza del coinvolgimento del Senegal nella Grande Guerra. I “cioccolatini neri” senegalesi erano, infatti, i coraggiosi fucilieri, orgoglio della Francia, molto temuti dai nemici, dai quali erano ritenuti selvaggi, cannibali, zulù. Nel primo conflitto mondiale, sul fronte con l’esercito francese, ci furono ben 200mila fucilieri senegalesi, che lasciarono sul campo 30mila morti.
Protagonista di quest’ultimo racconto è, invece, Sogno, una bambina che, rimasta orfana di entrambi i genitori, uccisi dai soldati “vigliacchi” mentre lavoravano i campi, vive con la nonna in una città-discarica di un luogo non ben identificato, ai margini delle case belle e ricche. La loro abitazione, infatti, è una baracca lurida, polverosa, arrugginita, fatta di «lattine di conserve appiattite a martellate, cucite insieme da fili di ferro ritorti». Sogno è sempre nascosta sotto stracci sporchi e miseri per volere della nonna, che teme gli sguardi vogliosi dei soldati cattivi; esce solo di notte, perché, così, nessuno può scorgerla nella sua bellezza. Quando la nonna invecchia e perde le forze, Sogno provvede al suo sostentamento, rovistando nei rifiuti della pattumiera del palazzo “del grande vigliacco” e cerca vestiti nella montagna di abiti smessi e lerci depositati sulla spiaggia.

La durezza della vita, connotata dalla fame, raffredda però i loro cuori e allora la nonna vende la bellezza di Sogno al figlio del “Grande vigliacco”. Ma il ricco, dopo aver usato la ragazza, dando cibo in compenso, l’abbandona. E così si fa strada in Sogno l’idea della fuga….
Con una prosa semplice e poetica, David Diop mette a fuoco i grandi problemi della società contemporanea, in particolare l’ingiustizia sociale e l’emigrazione. Il luogo sordido e scuro di «plastica raggrinzita, lamiera ondulata a brandelli e cartoni ammuffiti» non è immaginario, come si potrebbe pensare. Chi scrive, dovendo recarsi per motivi familiari in Africa, ha modo di constatare direttamente quanto le descrizioni dell’autore siano reali; estese baraccopoli di individui, inesistenti per l’anagrafe (ma costretti a pagare un affitto), ammassati nel fango e a diretto contatto con i rivoli fognari. E sempre, di fronte a tanta miseria, affiora l’esclamazione di protesta: “Non è giusto che il mondo vada così!”

La società opulenta e consumista che lascia in pattumiera abbondanti resti di cibo e sulla spiaggia anche abiti lussuosi, è cieca o indifferente verso chi ha bisogno; l’uomo avido di ricchezza e potere genera guerre che annientano le componenti più deboli della società e creano quella miseria smisurata che «stritola ogni slancio di generosità e amore». Una denuncia quanto mai attuale di fronte a certi emolumenti stratosferici concessi a manager di aziende che prosperano su migliaia di licenziamenti.

La fiaba delicata di Diop giunge al cuore di tutti, non solo dei bambini che hanno sempre ascoltato questo genere di narrazione. «La fiaba – diceva Gianni Rodari – ci può dare delle chiavi per entrare nella realtà per strade nuove, può aiutare il bambino a conoscere il mondo». E non solo i bambini. Anche le fiabe tradizionali contenevano elementi di crudeltà (matrigne, sorellastre, streghe) ma poi trionfava il bene. In questa, invece, rimane solo un sottile filo di speranza: l’emigrazione e l’esilio. Sogno desidera andar via da quel tugurio come tutti quei popoli che, dilaniati dall’ingiustizia sociale, politica, dalla povertà e dalle guerre, sono costretti ad attraversare il mare, sognando un mondo migliore.
È una narrazione onirica, toccante, ben scritta, che muove le corde della sensibilità e della riflessione. Potrebbe diventare un’ottima strenna natalizia, sicuramente più utile di tutti quei “pensierini e regalini”, a volte inutili e formali.
Immagine di apertura: foto di Billy Cedeno