New York 28 Novembre 2022

“Bentornato Donald Trump!”, ha esultato in coro l’estrema destra americana dopo la decisione del nuovo proprietario di Twitter Elon Musk di ripristinare l’account dell’ex presidente degli Stati Uniti sulla piattaforma da cui era stato bandito dopo l’attacco del 6 gennaio 2021 al Campidoglio.

Il Campidoglio (United States Capitol) a Washington, sede ufficiale dei due rami del Congresso degli Usa. Fu costruito tra il 1793 e il 1827. La cupola fu completata nel 1865 (foto di Cytis)

Una scelta, contemporanea alla ricandidatura di Trump alle presidenziali del 2024, criticata dalla metà del Paese che alle elezioni di metà mandato, lo scorso 8 novembre, si è recata ai seggi per ribaltare tutte le previsioni della vigilia che pronosticavano uno tsunami repubblicano.
Smentendo sondaggi e previsioni di media e social network, la cosiddetta “ondata rossa” (il colore dei repubblicani) non c’è stata e il Grand Old Party ha conquistato soltanto la Camera e con un margine assai più risicato del previsto. Perdendo a sorpresa il Senato e tre poltrone di governatore, in Arizona, Maryland e Massachusetts, lasciando la Georgia al ballottaggio del prossimo 6 dicembre, con il democratico Warnock in vantaggio sul trumpiano Walker.

Considerando che storicamente le elezioni di metà mandato favoriscono da sempre il partito avversario del presidente (basti pensare alle batoste subite nei rispettivi midterm da Bill Clinton e Barack Obama) l’esito del voto ha indotto media autorevoli quali New York Times e Washington Post a parlare di “grande rivincita della democrazia” e “rigetto del trumpismo”.

Barack Obama, Presidente degli Stati Uniti dal 2009 al 2017 (foto di Mike Brice)

Nonostante il basso indice di approvazione di Biden, la sua amministrazione ha ottenuto la migliore performance in un’elezione di metà mandato di qualsiasi presidente da decenni grazie alla mobilitazione della base democratica, infiammata non tanto dall’inflazione alle stelle o dalla crisi economica, ma dalla difesa dei diritti e della democrazia. A favore dell’aborto (che il partito repubblicano vorrebbe abolire a livello federale) e contro la deriva antidemocratica e violenta del Grand Old Party trumpiano che pur senza prove contesta la legittimità della vittoria di Biden nel 2020.
Dopo la clamorosa sconfitta dei candidati più estremisti e ad alto profilo sostenuti da Trump, dalla Pennsylvania all’Arizona e dal Nevada al Michigan, la tentazione repubblicana di abbandonare il leader indiscusso del partito è forte. «Gli hanno perdonato i crimini più inenarrabili – chiosa Frank Bruni sul New York Times – ma non quello di essere un perdente».

Donald Tump in una caricatura di Gerd Altmann

E se la vittoria democratica al Senato ha già sortito il primo successo per Biden, con 12 senatori repubblicani che si sono uniti ai democratici per promuovere il Respect for Marriage Act, che codificherebbe le protezioni per il matrimonio interraziale e tra persone dello stesso sesso (mettendolo al riparo dalla Corte Suprema ultraconservatrice), è indubbio che l’America è entrata in una fase di governo diviso, in cui una delle camere del ramo legislativo è controllata da un partito diverso da quello esecutivo. Visto che per diventare normativa, una proposta di legge richiede prima l’approvazione di entrambe le camere e poi la firma del presidente, se queste non sono in grado di trovare un accordo su una versione comune del disegno di legge, Biden potrebbe essere tentato a governare a colpi di ordini esecutivi, soggetti alla revoca in tribunale con il conseguente stallo della macchina governativa.
La paralisi dell’agenda legislativa del presidente Biden si preannuncia totale alla Camera dei rappresentanti dove la guerra contro il presidente è iniziata. Attraverso la House Oversight and Reform Committee, i repubblicani hanno annunciato l’avvio di una serie di indagini: sulle origini del Covid-19 e sulla teoria delle fughe di laboratorio; sull’immigrazione attraverso il confine USA-Messico e sul caotico ritiro dall’Afghanistan e soprattutto sul figlio del presidente, Hunter, da sempre il loro zimbello preferito. A destra c’è già chi vuole l’impeachment di Biden e della sua vice Kamala Harris.

Uno scatto recente di Ron DeSantis, governatore repubblicano della Florida dal 2019, rieletto nel 2022 con un margine del 19,4% sul democratico Charlie Crist. Un effetto “valanga”

«L’obiettivo di queste deputate e deputati è scagionare Trump, al centro di innumerevoli indagini giudiziarie della magistratura – spiega la studiosa del Congresso Sarah Binder -, oltre ad autoassolversi visto che la maggior parte di loro ha avuto un ruolo nel fomentare l’insurrezione del 6 gennaio. E continua ad affermare la tesi negazionista che Trump ha vinto quelle elezioni». «Trump è a tutti gli effetti a capo della Camera dei rappresentanti», avverte Sidney Blumenthal, ex braccio destro di Bill e Hillary Clinton secondo cui l’ex presidente userà da remoto la Camera purgata dai dissidenti come Liz Cheney e Adam Kinzinger per oliare il suo cammino verso la rielezione nel 2024. Resta da vedere se i mega sponsor del partito glielo consentiranno.
Dopo essere costato ai repubblicani la Casa Bianca e il Congresso nel 2020 e Senato e governatorati nel 2022, il magnate dell’ultradestra mediatica Rupert Murdoch l’ha abbandonato puntando tutto sul suo discepolo Ron DeSantis, governatore della Florida, in pole position anche nei sondaggi come il candidato preferito dai repubblicani della strada. «Il partito repubblicano è pronto ad andare oltre il culto della personalità degli anni di Trump – incalza Blumenthal – pronto a perseguire il trumpismo come un’ideologia separata dall’uomo Trump».

Immagine di apertura: il cosiddetto “santuario della democrazia”, il monumento scolpito nella pietra delle Black Hills nel Dakota del Sud dei presidenti americani (da sinistra a destra) George Washington, Thomas Jefferson, Theodore Roosevelt e Abramo Lincoln. Il monumento fu completato nel 1941 (foto di Pete Linforth)

Nata a Roma, laureata in Lingue e Letterature straniere, ha intrapreso la carriera giornalistica nel 1981 come reporter da New York per il settimanale "L'Europeo". Nel 1985 ha iniziato a scrivere per "il Corriere della Sera" di cui è stata corrispondente dagli Stati Uniti fino all’anno della pensione, nel 2015. Nel dicembre 2014 ha vinto il "Premio Speciale Amerigo", assegnato per la migliore copertura dall’America ad un giornalista italiano. Nel 2006, ha pubblicato il suo primo libro" Pranzo di Famiglia" (Sperling & Kupfer), che racconta la storia della sua famiglia. Nel maggio 2015 ha pubblicato il saggio "Cosa resta della Letteratura", basato sulle sue interviste negli ultimi due decenni con Harold Bloom, il noto critico letterario americano. Ha vissuto 41 anni negli Stati Uniti e detiene la doppia cittadinanza, Italiana e Americana.

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