Milano 25 Maggio 2021
Ancora sangue tra i palestinesi di Hamas e Israele: ennesimo capitolo di una guerra senza fine tra contendenti che in realtà vogliono solo cancellare il rivale. Ma l’intera mezzaluna islamica degli immensi giacimenti di petrolio che attirano appetiti planetari, è il buco nero della pace mondiale, un convulso incrocio di etnie, fedi, dittature e interessi. Lotte intestine – i sunniti, ligi agli insegnamenti del Profeta, contro gli “eretici” sciiti convinti che anche i loro Ayatollah siano portatori della parola divina – , interventi militari e golpe importati dalle grandi potenze.

A sua volta la mezzaluna “esporta” il Jihad, la guerra santa armata di terroristi e kamikaze (nell’aldilà sono attesi dalle vergini) contro gli infedeli che cercano di imporre sul suo territorio governi “amici” dei loro interessi, petrolio e traffico d’armi con i bombardamenti spacciati come mezzi per “instaurare la democrazia” (i morti passano sotto la categoria dei danni collaterali). Tipico esempio l’Egitto con l’“amico” dell’Occidente al-Sisi che, rimosso e imprigionato con un colpo di stato nel 2013 il Presidente eletto Morsi, ha fatto massacrare 900 civili chiamati in piazza a protestare dai Fratelli Musulmani, il movimento per la purezza della religione senza concessioni al mondo capitalistico.
Gli atti della tragedia – culmine spettacolare l’assalto alle Torri Gemelle di New York firmato Al Qaeda, cioè Osama Bin Laden, sceicco del terrore – scorrono nelle 167 pagine de Gli Altri siamo noi – Perché tradire la democrazia scatena il Jihad, di Andrea Nicastro, inviato speciale del Corriere della Sera, pubblicato da Rubbettino. Un quadro completo: dalla dissoluzione della Jugoslavia al dramma dei ceceni sotto il giogo russo, il regime sciita degli Ayatollah in Iran, le guerre del Golfo rovinose per l’Iraq di Saddam Hussein, gli orrori dell’Isis, l’Afghanistan che, liberatosi della morsa sovietica, vive una pericolosa instabilità, il Far West del Libano, l’ambigua Arabia Saudita, cuore dell’ortodossia sunnita e finanziatrice sottobanco del terrorismo ma compiacente con gli Usa, la Turchia neo-ottomana di Erdogan….

Tutto ripreso in diretta da Nicastro che rivede il film dei vent’anni trascorsi in vari gironi di questo inferno che ha fatto finora dai 3 ai 5 milioni di morti: la contabilità non è precisa. Attenzione però: da noi, in Occidente, le vittime del jihad si fermano a quota 6400. Tutte le altre sono cadute in “casa loro”, sotto il fuoco delle grandi potenze o delle guerre per procura dei Paesi capitalistici che sfruttano le rivalità interne tra gli islamici.
Gli Altri del titolo? È il filo logico di questa sanguinaria spirale. Le cosiddette guerre di religione o di civiltà per l’autore sono maschere che coprono ben altri interessi chiudendo la porta al dialogo, alla ragione. È la mancanza di rispetto per l’Altro, per la democrazia a rendere ciechi, a far calpestare diritti e vite, a sganciare bombe imperialistiche, magari con il pretesto dei fantomatici arsenali pieni di armi di Saddam, e scatenare per converso kamikaze in nome di Allah. Già nel Cinquecento il filosofo Montaigne si chiedeva con che occhi guardassimo i “selvaggi” portati in Europa come trofei. Ma anche oggi globalizzatori e globalizzati, ci sentiamo tutti estranei, Altri per gli Altri. La cultura degli affari, l’ansia del Pil, il consumismo contro il radicalismo islamista, due muri divisi da reciproca paura. Lo rimarca, in postfazione, la giornalista Francesca Mineo che con Nicastro, su questo copione ha montato un’azione teatrale.

Prologo negli Anni Cinquanta: la cecità dell’Occidente verso Mossadeq, il leader che stracciando le concessioni petrolifere a società straniere, voleva aprire all’Iran, Paese non arabo, una terza via: modernizzare senza rinnegare la propria identità. In giacca e cravatta aveva spiegato all’ Onu che solo 9 dei 61 milioni di sterline prodotti dal petrolio andavano alla sua nazione affamata. Ma le potenze, minacciati i loro profitti, non lo sostennero e, a Cia piacendo, Mossadeq fu presto rovesciato dal golpe che mise in sella l’“amico” Scià Reza Pahlavi. Il costo del colpo di stato viene all’incasso nel 1979 con l’Ayatollah Khomeini che, a furor di popolo, agitando il Corano, caccia l’inviso Scià e impone la sua teocrazia. La distanza dall’Occidente si fa abissale. Oggi l’Iran sarà per certi versi “il paese più moderno del Medio Oriente con più donne al lavoro, velate per legge, ma colte, indipendenti e divorziate”. Ma c’è l’altro verso: è partita di qui la crescita esponenziale dell’Islamismo, corazza ideologica impastata di nazionalismo e totalitarismo da non confondere con la religione islamica cui la Storia deve significativi capitoli di tolleranza. Contro il regime assolutista di Teheran si è infranta l’“onda verde” di milioni di persone che chiedevano libertà e diritti senza volersi consegnare mani e piedi all’Occidente.

Pure altrove sulle “primavere”, è caduto presto l’autunno alla cui ombra, invece delle democrazie, pullulano dittature. Nicastro si sarà sentito davvero un Altro quando sul bus che in Cecenia conduceva i giornalisti nella cabina di regia del jiahidismo, Haris, un giovane con la barba di un lama gli ha puntato il kalashnikov alla nuca gridando: «L’infedele ha paura di morire». A farlo sentire meno Altro forse ha provveduto l’afghana Amina che offrendogli il piatto tipico di Kabul gli ha spiegato che il velo è una protezione, non un ostacolo alla parità dei diritti. Il futuro? Nonostante tutto Nicastro crede che alla fine la ragione vincerà sulla paura dell’Altro. Una boccata di illuminismo. Ma la catarsi resta lontana, l’Islamismo sventola sempre le sue bandiere contro l’Occidente e il nuovo inquilino della Casa Bianca non pare cambiare rotta.
Immagine di apertura: l’inviato del Corriere della Sera Andrea Nicastro in uno scatto del 2009 mentre sale su un volo interno in Afghanistan