Voghera 27 luglio 2023

«Castello è un luogo cinto tutto intorno da mura, e con una torre nel mezzo disposta in modo che la torre difenda il castello». Questo secondo quanto Antonio da Padova, il Santo, scrive nei suoi Sermoni domenicali. Siamo attorno al 1230 e già Federico Barbarossa, incoronato nel 1155 Re d’Italia a Pavia e Imperatore a Roma, aveva assegnato a Pavia i feudi dell’Oltrepò pavese. Conseguenza: si vide quasi ogni cucuzzolo del territorio, con capitale Voghera (già da tempo risulta dotata di un solido castrum, prima che Galeazzo Visconti edificasse un potente castello nel 1372) popolarsi di manieri. Ne sono sopravvissuti, all’insulto del tempo e alle distruzioni, oltre una cinquantina. Vale la pena raccontarne almeno tre, i più rappresentativi.

L’imponente torrione del Castello di Oramala (foto di Alessandro Vecchi)

Il più antico è il Castello di Oramala (Auramala è un termine celtico: Aura Mol, la “collina d’oro” sacra al Dio della guerra).La sommità della poderosa mole si scorge da molto lontano per chi sale oltre Varzi, emergente da selve di roveri, castagni e biancospini. La sua costruzione risale al decimo secolo, voluta dai signori della potente famiglia Malaspina. Oltre che fortezza a difesa dai nemici, il maniero si era guadagnato fama come centro di delizie, meta dei trovatori provenzali che avevano in Rambaldo di Vaqueiras , Bertrand de Born, Giraldo de Borneil i modelli ispiratori. Cantavano l’amor cortese, la donna “estasi” del cavaliere. Si narra che Dante Alighieri sia passato da qui. Collocato in posizione strategica il castello ha come emblema la grande torre centrale, osservatorio sulle valli e – mediante l’accensione di fuochi sulla cima – utile ad avvertire le comunità locali sul possibile arrivo di aggressori.
All’interno della vicina Abbazia di Butrio è documentata l’immagine di come doveva essere in origine. Con la torre centrale e, ai lati, quattro torrioni di minore altezza e dimensione.

Il Castello di Oramala come fu dipinto in un affresco dell’Abbazia di Sant’Alberto. Di tutto questo, è rimasta soltanto la torre centrale, restaurata negli anni Sessanta del secolo scorso

Torrioni di cui non è rimasta traccia, a dimostrare il degrado del castello nei secoli. L’iniziativa di privati è intervenuta in anni recenti, restaurando la torre centrale. Il visitatore, ammirato per il recupero dell’esterno, resta perplesso per gli esiti del ripristino degli interni dove si è dato un po’ troppo fondo alla fantasia. Passerei al “Castello con fantasma”. Che è quello di Zavattarello, edificato nel decimo secolo, su commissione dell’Abbazia di San Colombano di Bobbio, sul contrafforte tra le valli del Tidone e Morcione, al punto più alto (600 metri) in modo da vigilare sulla vallata. Modificato nel 1270 perché diventasse rocca inespugnabile, un nido d’aquila, secondo gli intendimenti del condottiero Ubertino de’ Landi, pluriscomunicato, razziatore e terrore delle comunità locali. Logico che Zavattarellum entrasse nel 1390 nei possessi del capitano di ventura Jacopo Dal Verme, cantato dall’Ariosto nell’Orlando Furioso, nel XXXIII canto (nel quale Orlando scopre le tracce del legame d’amore fra Angelica e Medoro, mentre il poeta evoca la vittoria del Dal Verme contro il conte di Armagnac nella battaglia di Alessandria).
Una delle “scuole militari” più importanti dell’Europa medioevale fu istituita qui da Jacopo, rendendo celebre l’immagine del drago strozzato dal braccio di un guerriero, lo stemma nobiliare dei Dal Verme.

Una suggestiva immagine invernale del Castello di Zavattarello (fonte: zavattarello.online)

Sarebbe stato bello vedere la struttura, la quarantina di stanze, i cortili, la cappella, le scuderie prima dell’incendio appiccato al Castello dai soldati tedeschi e repubblichini durante un rastrellamento notturno nel 1944. Bruciarono la biblioteca, ricca di preziosi volumi, le strutture lignee, i pavimenti. Una devastazione che convinse, nel 1975, la famiglia Dal Verme a farne dono al Comune di Zavattarello. Che nel 1980 avviò i lavori di recupero, riuscendo a riportarlo nelle condizioni di abitabilità e ospitare eventi culturali e manifestazioni come le Giornate Medioevali e il Tour del Mistero. All’ultimo piano è ospitato un museo di arte contemporanea.
La rocca conserva il suo fantasma, quello del condottiero Pietro Dal Verme, marchese di Pietragavina, avvelenato dalla seconda moglie Chiara Sforza. Abbiamo addirittura la data: 17 ottobre 1485. Misterioso e invisibile, l’inquieta ombra dell’assassinato vaga per gli ambienti del castello. Viene raccontato che, nel buio e nel silenzio notturno, si ascoltino voci e fragorosi rumori.

Uno degli interni del Castello di Zavattarello (fonte: e.borghi.com)

Il Castello di Montalto fa davvero impressione vedendolo già dal basso ma soprattutto da una visione dall’alto. Per dimensione è il più grande del territorio, costruito in modo da occupare l’intera sommità dell’altura (350 metri) che sovrasta il borgo, abitato da 800 abitanti, su un crinale che fa da spartiacque tra la valle Scuropasso e la valle del torrente Coppa. Già nel 1200 sulla spianata del colle venne edificata una fortificazione, demolita durante la dominazione spagnola. Nel 1583, la nobile famiglia Belcredi prese a dare forma a quello che, negli anni, è diventato un più che signorile castello/palazzo, che ha avuto ulteriori abbellimenti agli inizi del Novecento, per intervento del nuovo proprietario, Cesare Balduin. Che portò a termine anche la costruzione di una nuova torre simmetrica a quella già esistente.

Il Castello di Montalto in tutta la sua imponenza (foto di Ercolino Pini)

Per accedere al castello si passa da una grande porta, ornata da pinnacoli e vasi in terracotta. Il cortile fa impressione tanto è esteso. Sullo sfondo una loggia e una grande fontana con la statua di Diana cacciatrice. Profano e sacro: la cappella gentilizia che si intravede è dedicata a San Francesco. E poi terrazze, pergolati, scale che danno accesso agli interni. Qui la proprietà ha storicamente vietato l’accesso a estranei. E concesso – come parziale compensazione – di ammirare i due meravigliosi grandi giardini. Uno “all’italiana”, e l’altro “all’inglese”, fra boschetti di larici, roveri e castagni.
Chi ha potuto invece entrare e registrare i dettagli è la società immobiliare fiorentina specializzata nella vendita di immobili di particolare lusso. Dalla quale apprendiamo che la pianta a U del castello ha una superficie abitabile di 7mila metri quadri. Cinquantacinque le stanze ( altrettanti i bagni), comprendendo i saloni riccamente affrescati e arredati, salotti raffinati, stanze da pranzo e addirittura un teatrino con le marionette ancora in perfetto stato. C’è anche una cappella interna. Senza dimenticare le scuderie, dove stazionano tre carrozze d’epoca, ricche dei finimenti originali.

Ci si chiede chi possa permettersi una dimora del genere. Se il Castello di Zavattarello, donato nel 1975 al Comune, non è alienabile, fa notizia invece la recente messa in vendita, come ho appena detto, di quello di Montalto insieme a quello di Oramala. Notizia che può interessare solo qualche sultano, o emiro del petrolio. Chissà se lo sa Elon Musk. Ora impegnato – se non rientra fra le fake news – nel prepararsi all’ incontro di lotta con Mark Zuckerberg. Possibile location: il Colosseo.

Immagine di apertura: il giardino all’italiana del Castello di Montalto (fonte: e.borghi.com)

Nato a Voghera, dove vive tuttora, ha iniziato a lavorare al “Giornale di Voghera”, passando poi alla redazione della “Nuova Mercurio”, editrice milanese di una serie di riviste. Si è occupato in seguito di argomenti finanziari, dirigendo un mensile dedicato al mondo assicurativo. Mondo su cui continua a scrivere per alcune testate. Ha operato anche come responsabile della comunicazione di alcuni gruppi assicurativi di rilievo. È autore di testi specialistici sul settore delle polizze, mai tralasciando di occuparsi dei temi di critica della cultura, di arti visive, di musica e di storia locale. Ha collaborato a riviste come "Storia illustrata", "Il Piacere", "Terzo Occhio", "Oltre" e a quotidiani come "Avanti!", "Il Giorno", "Avvenire", "Milano Finanza"

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