Bologna 27 Giugno 2025
Jannik Sinner e Carlos Alcaraz, 23 anni l’italiano, 22 lo spagnolo, i primi del mondo. Sono due ragazzi, eppure tutti parlano di loro. La finale del Roland Garros che li ha visti in campo pochi giorni fa ha reso chiaro che il loro tennis è di un livello difficile da raggiungere per tutti i giocatori del circuito mondiale.

Nel corso di cinque ore, nuovo record assoluto per una finale Slam, hanno messo in evidenza tutta la qualità dei loro colpi: diritti violentissimi, rovesci in salto, smorzate a fil di rete, recuperi al cardiopalma. A vederli si potrebbero definire gesti tecnici impossibili. Nonostante questo, non sono stati soltanto quei punti spettacolari a dare la vittoria ad Alcaraz. Non è forse questa la grande maledizione del tennis? Uno sport che regala gesti in grado di far strabuzzare gli occhi e che li inabissa nel normale proseguo di un match, dove il colpo tirato fuori dal cilindro è tanto bello quanto effimero. Tra gli sport, solo il tennis priva il colpo impossibile della sua portata risolutiva. Servono, infatti, molti più punti “comuni” per aggiudicarsi una partita che, spesso, può durare diverse ore ed essere costellata di errori dettati dalla stanchezza fisica e mentale. Vi sono professionisti che più di altri hanno saputo fare di alcuni gesti tecnici un loro tratto distintivo, rendendo l’impossibile possibile con percentuali elevatissime. Si potrebbe anche dire che questi colpi siano indissolubilmente legati al loro carattere.

Giocare l’impossibile, libro appena pubblicato con Mursia da Dario Fertilio e Guido Primiceri – giornalista e scrittore di chiara fama il primo, maestro di tennis già numero 378 del mondo il secondo – , analizza i colpi migliori di 34 tennisti del presente e del passato. Una carrellata di tutto rispetto nella quale si susseguono profili del calibro di Rafael Nadal, Novak Djoković, Roger Federer, Andy Murray, Carlos Alcaraz, Jannik Sinner, ma anche di Ivan Lendel, Marat Safin, Michael Chang, Pat Rafter e Adriano Panatta, per citarne solo alcuni. Il libro è diviso in due macro-sezioni, I colpi e I caratteri, che ricalcano quel binomio tra tecnica e spirito che hanno forgiato i campioni, esaltandone le doti o destinandoli ad una carriera breve di pochi successi. L’andamento delle pagine segue lo svolgimento di una partita “classica” che, in fondo, di classico ha ben poco viste le qualità eccezionali dei colpi di repertorio. Cominciando dal servizio, è impossibile non citare quello del gigante americano John Isner, destinato in età giovanile al basket e innamorato della racchetta nonostante la sua altezza di due metri e otto. La sua battuta “dal terzo piano” ha totalizzato 14.470 ace, un record non ancora superato. Difficilissimo rispondere in modo efficace a bordate di questo tipo, eppure Novak Djoković ne ha fatto un marchio di fabbrica. Il serbo non è solo in grado di leggere i servizi più insidiosi, ma anche di anticiparli grazie a prontezza e flessibilità, qualità che lo hanno reso il tennista più vincente della Storia.

Quando lo scambio entra nel vivo, sono diritto e rovescio a far da padroni. Il ceco Thomas Berdych è stato tra i migliori colpitori di diritto che hanno calcato il palcoscenico internazionale. Freddo, distaccato, chirurgico, il suo colpo ne esprimeva perfettamente il temperamento: era un diritto piatto, violentissimo che spiazzava l’avversario. Quando era in giornata, Berdych sapeva essere ingiocabile, eppure bastava poco per deconcentrarlo: una chiamata errata dell’arbitro o una parola di troppo dell’avversario innescavano la sua permalosità e la partita veniva buttata alle ortiche… Diritto carico di effetto era invece quello di Rafael Nadal, mancino di Manacor che venne educato a giocare con il braccio sinistro dallo zio Tony, nonostante fosse destrorso, per mettere in difficoltà gli avversari. Il suo tennis piratesco, fatto di recuperi impossibili e di accelerazioni improvvise, ha fatto della fisicità esplosiva un tratto distintivo che ha portato a numerosissimi successi pagati a caro prezzo con una lunga sfilza di infortuni.

Il rovescio è sempre stato per amatori e professionisti un gesto difficile da domare. Ci sono alcuni giocatori, però, che del rovescio ne hanno fatto un’arte. Stanislas Wawrinka è certamente tra questi. Potente, fluidissimo e micidiale, il rovescio ad una mano di Wawrinka è di rara bellezza ed efficacia, sempre a caccia delle righe, mai interlocutorio, nella maggior parte dei casi risolutivo. In passato, col connazionale Federer componeva una delle coppie di doppio più efficaci e stilisticamente belle da vedere. E proprio Federer è l’esempio che Wawrinka ha scelto di seguire con alterne fortune: troppo sanguigno ed emotivo il nostro Stan, elegante certo ma soprattutto feroce. Diverso dal compagno Roger anche fuori dal campo, dove ha conquistato fama di scialacquatore dionisiaco.
In Giocare l’impossibile c’è spazio anche per caratteri spigolosi e meteore inesplose. Come non citare allora i provocatori Jimmy Connors, John McEnroe e il ben più giovane Nick Kyrgios, corsari in un mondo di gentiluomini, l’estrosissimo e circense Aleksandr Bublik, russo di nascita e kazako per scelta puramente economica, o l’edonista Marat Safin, giocatore tutto eccessi che più del tennis amava le donne. In realtà, saper godere dei propri trionfi è un’arte antica.

Lo sapeva bene Adriano Panatta che negli anni Settanta vinse tutto e si costruì attorno la fama di latin lover. La sua classe era riconosciuta tanto da colleghi ed appassionati quanto dal genere femminile che, prima dei suoi colpi da torero, apprezzava la sua bellezza. Furono la pigrizia e la bella vita a spingerlo verso un ritiro prematuro, non prima di aver vinto titoli prestigiosi come Roma, il Roland Garros e l’indimenticabile Coppa Davis.
Di indole opposta, vero maratoneta instancabile, era David Ferrer. Spagnolo di nascita, tennista per scelta e non per vocazione, Ferrer non possedeva alcun colpo impossibile o dote particolare, tranne le più importanti, quelle del lavoro e della caparbietà. Furono questa propensione al sacrificio e la costanza negli allenamenti, quelli sì impossibili, a renderlo uno dei giocatori più vincenti nell’era dei Fab Four, il quartetto composto da Federer, Djokovic, Nadal e Murray.
Esempi di vita e gesti tecnici da emulare. Tutto in questo libro conduce all’ispirazione, a volte anche ad un pizzico d’invidia. In fondo, che cos’è un colpo impossibile se non un miscuglio di istinto, tecnica e doti di natura inaccessibili alla stragrande maggioranza degli individui?

Nonostante questo, ogni appassionato ha sognato di ricreare in campo le prodezze dei propri beniamini, pur conoscendo le scarse percentuali di successo. Ne deduciamo che forse la differenza tra un buon atleta ed un campione sta proprio nella capacità di non chiedersi se il colpo riuscirà o meno, di inserire il “pilota automatico” e di lasciar andare ogni preoccupazione. Svuotare la testa, in sostanza, un’altra dote sconosciuta ai più. In un tennis sempre più fisico e tattico, fatto di bordate da fondocampo dove il braccio di ferro diventa lotta greco-romana, servirebbe “semplicemente” svuotare la testa, affidarsi al guizzo del gesto impossibile e ascoltare il suono armonioso della pallina ben colpita.
Dopo questa prima fatica ci auguriamo che il duo Fertilio Primiceri ci regali anche un volume dedicato al tennis femminile. In un momento come questo, dove le tenniste italiane spopolano, non può mancare una versione di Giocare l’impossibile dedicato alle donne.
Immagine di apertura: foto di Gonzalo Facello