Pavia 23 novembre 2020
Esce in questi giorni, per Ponte alle Grazie, in contemporanea con l’edizione francese, un romanzo molto interessante e, per la fortuna dei lettori, al di fuori da certi schemi della letteratura novecentesca. Si tratta di Le inseparabili. L’autrice è nientemeno che Simone de Beauvoir, compagna di Jean-Paul Sartre, il famoso scrittore francese, uno dei più importanti esponenti dell’esistenzialismo, tra le cui opere possiamo certamente ricordare La nausea come uno dei più importanti romanzi contemporanei. Simone de Beauvoir scrisse Le inseparabili nel 1954, ma non lo pubblicò, anche perché Sartre non era pienamente convinto della sua forza narrativa. L’autrice comunque ne conservò il manoscritto che ora, ritrovato, i lettori avranno la possibilità di assaporare.

Il parere non pienamente positivo di Sartre ricorda un po’ quello che diceva Hemingway agli scrittori esordienti esortandoli a non fargli leggere mai i loro manoscritti perché, se li avesse trovati brutti, ne avrebbe gioito e li avrebbe rifiutati, ma se per caso gli fossero parsi più belli dei suoi, avrebbe cercato di impedirne la pubblicazione scoraggiando crudelmente l’autore e consigliandogli caldamente di non proseguire nella vocazione narrativa. Le inseparabili è il racconto, genialmente romanzato, dell’amicizia fra l’autrice ed Elisabeth (detta Zaza) Lacoin, amicizia nata dal loro incontro a scuola e terminata nel 1929 con la morte di quest’ultima. Sylvie (l’autrice), e Andrée (la Lacoin), sono i due personaggi portanti di questa bellissima opera scritta con mano e prosa delicate e affascinanti. La giovane Sylvie rimane subito colpita da Andrée, dalla sua volontà di autonomia e dalla sua anima intelligente e ribelle. Ma la loro amicizia verrà ostinatamente scoraggiata dalla famiglia di Andrée e dalla scuola frequentata da entrambe. Sia la famiglia sia l’ambiente scolastico rappresentano un certo mondo francese estremamente cattolico e bigotto che non fu nemmeno estraneo ad alcuni movimenti politici dell’estrema destra francese degli anni Trenta e Quaranta del secolo scorso, fino a essere anche complice dell’esperienza del governo filonazista di Vichy, dopo l’occupazione della Francia da parte di Hitler.
La narrazione diventa quindi anche un ritratto politico della società francese e la morte di Andrée una sorta di punizione nei confronti della sua anima ribelle e intelligente, che si scontra con lo stereotipo femminile immaginato dalle parti sociali e politiche più reazionarie di quegli anni. La descrizione intensa dell’amicizia, della scuola e delle famiglie si trasfigura anche in una forte critica dei rapporti sociali, segnati e condotti all’insegna spesso di un’ipocrisia che pare diretta discendente di una Francia addirittura prerivoluzionaria. Alla morte di Andrée farà per fortuna da contrappeso la volontà di salvezza e di autonomia di Sylvie, che continuerà la sua vita in modo forte e indipendente e nel ricordo della intelligenza e della ribellione dell’amica.
Un romanzo bellissimo e forte, tenero e delicato, ma giustamente duro nella sua volontà di critica sociale e un esempio narrativo geniale della emancipazione femminile.
Immagine di apertura: Simone de Beauvoir a Pechino nel 1955 (foto di Dong’ao)