Milano 21 Febbraio 2020

La Regione Toscana ha detto no: anticipando di un anno quanto probabilmente farà l’Unione Europea, dal 31 dicembre del 2021 nella terra del buon vino e della chianina non sarà più possibile utilizzare il glifosato, il diserbante approvato per l’uso in agricoltura negli anni Settanta e diventato poi la sostanza più impiegata per contrastare le erbe infestanti in tutto il mondo. Prodotto poco tossico per l’uomo, penetra soltanto venti centimetri nel suolo e va incontro ad una veloce degradazione (quindi, in teoria i suoi residui non dovrebbero raggiungere le falde acquifere, ma alcuni studi dimostrano il contrario) è efficace (riesce a far fuori la pianta, ma anche i suoi organi di riserva nel terreno, i rizomi), e costa poco (nel 2011 è scaduto il brevetto della Monsanto). Si stima che abbia un mercato nel mondo di 5,4 miliardi di dollari.

Un’immagine che rende l’idea di quanto sia stato imponente in passato l’impiego del glifosato (foto di Free-Photos)

Il suo impiego massiccio ha suscitato nel tempo preoccupazioni: un “sorvegliato” che è diventato “speciale” quando nel marzo del 2015 l’Agenzia per la ricerca sul cancro di Lione l’ha classificato come “probabile cancerogeno per l’uomo” suscitando un vero e proprio allarme. Da allora, si sono susseguite prese di posizione diverse, come quella dell’Efsa, l’Autorità europea per la sicurezza alimentare con sede a Parma – «è improbabile che il glifosato costituisca un pericolo di cancerogenicità per l’uomo» – e di gruppi di ricerca autorevoli come quello capeggiato da Laura Ercoli, docente di agronomia alla Scuola Sant’Anna di Pisa – «non ci sono rischi per la salute umana» – che ha analizzato oltre vent’anni di studi in proposito. Ma tant’è: la Regione Toscana ha fatto una scelta drastica – ma precisa che si muoverà sul terreno delle intese e non dei divieti – , scatenando reazioni a catena in altre Regioni: il Veneto, dove già le colline di Conegliano Valdobbiadene sono glifosate free, vuole seguirne l’esempio, il Friuli Venezia Giulia si oppone.

La “mano meccanica”, in gergo tecnico scalzatore per vigneto, al lavoro nella tenuta di Argiano a Montalcino

Accoglie con favore la scelta della Regione l’agronomo Francesco Monari, Direttore tecnico della Tenuta di Argiano a Montalcino (Siena), la terra del Brunello, uno dei vini più acclamati d’Italia: «È in sintonia con quanto stanno facendo qui a Montalcino molti produttori di vino. Ad Argiano abbiamo abolito il glifosato da diversi anni; ho avuto la fortuna di lavorare con tecnici molto preparati che mi hanno fatto capire che si può coltivare anche eliminando la chimica. Come combattiamo le erbe infestanti? Con una specie di “mano” meccanica che, applicata al trattore, con i suoi dischi scalza la vite togliendo terra per circa 10-20 centimetri di profondità; ottiene lo scopo e via via si ha anche una certa selettività sulle piante che tornano in campo. Di solito facciamo due passaggi l’anno, ma spesso ne basta uno solo».

Uno scorcio dei vivai pistoiesi
Francesco Mati, Presidente del distretto vivaistico di Pistoia

Di altro avviso Francesco Mati, Presidente del distretto vivaistico di Pistoia, una realtà che dà lavoro a circa 12.000 persone con un export che nel 2017 ha superato i 235 milioni di euro: «Io credo in un uso responsabile dei fitofarmaci, non nella loro abolizione, fermo restando che il vivaismo deve andare verso una maggiore sostenibilità. Non a caso abbiamo creato la “Carta dei valori” che punta alla difesa dell’ambiente e della salute dei lavoratori: fra i punti, quello di promuovere il dialogo sull’uso degli agrofarmaci per un confronto responsabile. Le prove a sfavore del glifosato, se impiegato correttamente, sono deboli e contrastanti, ma è indubbio che oggi se ne fa un uso eccessivo; va ridotto, non abolito. Anche perché abbiamo poche alternative: i prodotti consentiti in agricoltura biologica, l’acido acetico e l’acido pelargonico, sono molto costosi».

«Stiamo sperimentando il pirodiserbo – prosegue Mati – , una macchina dotata di una piastra incandescente che, passata sul terreno, brucia le piante infestanti, ma ha un uso limitato in pieno campo, richiede molta attenzione e l’effetto che produce dura poco più di una settimana. Stiamo anche testando sistemi di coltivazione su speciali substrati drenanti che frenano al 99 per cento la nascita delle infestanti. Basandoci sul concetto che prevenire è meglio che curare. Insomma, per ora abbiamo poche alternative, tutte costose e non del tutto sostenibili».
Perplesso sul “nuovo corso” toscano anche l’agronomo Marco Romani, Responsabile del settore agronomia dell’Ente Nazionale Risi: «Nelle risaie, in particolare quelle della Lombardia il glifosato è indispensabile nella semina asciutta per contrastare il “riso crodo” e il giavone, piante infestanti particolarmente aggressive. Altre strade? Non il pirodiserbo perché il suo impiego su superfici così estese ha costi proibitivi; stiamo, piuttosto, sperimentando macchine già impiegate per la sarchiatura di terreni coltivati a soia e a mais dotate di sensori ottici. I sensori, purtroppo costosi – 20.000 euro l’uno – riescono a far muovere la macchina senza che faccia danni fra le file della risaia. Almeno, così sembra». Indubbiamente la Lombardia è una regione tutt’altro che glifosate free: già nel 2014 l’utilizzo del diserbante, che di recente è stato ritrovato nel 50 per cento dei punti di monitoraggio delle acque superficiali, aveva raggiunto le 585 tonnellate.

Allora ben venga la decisione della Regione Toscana; forse, avvierà un nuovo corso.

Immagine di apertura: la tenuta di Argiano a Montalcino (Siena) già da tempo glifosato free  (Foto di Francesco Monari)

Toscana, milanese di adozione, laureata in Medicina e specializzata in Geriatria e Gerontologia all'Università di Firenze, città dove ha vissuto a lungo, nel 1985 si è trasferita a Milano dove ha lavorato per oltre vent'anni al "Corriere della Sera" (giornalista professionista dal 1987) occupandosi di argomenti medico-scientifici ma anche di sanità, cultura e costume. Segue da tempo la problematica del traffico d'organi cui ha dedicato due libri, "Traffico d'organi, nuovi cannibali, vecchie miserie" (2012) e "Vite a Perdere" (2018) con Patrizia Borsellino, editi entrambi da FrancoAngeli. Appassionata di Storia dell'Ottocento, ha scritto per Rubbettino "Costantino Nigra, l'agente segreto del Risorgimento" (2017, finalista al Premio Fiuggi Storia). Insieme ad Elio Musco ha pubblicato con Giunti "Restare giovani si può" (2016), tradotto in francese da Marie Claire Editions, "Restez Jeune" (2017). Nel gennaio del 2022, ancora con Rubbettino, ha pubblicato "Cavour prima di Cavour. La giovinezza fra studi, amori e agricoltura".

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