Roma 26 Ottobre 2021
Il teatro non è mai morto, è sempre stato vivo, anche nei terribili mesi del lockdown, ma ora torna a essere «teatro dal vivo» al 100 per cento della capienza delle sale. I teatranti stanno vivendo un momento di comprensibile esaltazione. Gli annunci dei programmi stagionali si moltiplicano da Nord a Sud, dai palcoscenici più grandi e centrali a quelli più piccoli e periferici. Attori, registi, drammaturghi, scenografi, costumisti, musicisti e maestranze fanno a gara per richiamare pubblico che, in realtà, in teatro non è mai mancato. Mentre nelle sale cinematografiche gli spettatori mancano da molto tempo, già prima della pandemia. Persino il grande regista David Cronenberg, in una recente intervista, ha dichiarato senza mezzi termini che il «cinema in sala è morto», resterà un fenomeno di nicchia e solo nelle manifestazioni festivaliere si potrà assistere ai film in maniera tradizionale. Perché? La risposta è semplice: purtroppo, ormai, la gente dispone di televisori di ottima qualità e non sente la necessità di condividere la visione di un’opera cinematografica con altre persone, a prescindere dalla propria famiglia. Il divano di casa e la pantofola ai piedi è ormai una, triste, consuetudine.

Il teatro, invece, per sua fortuna può essere fruito solo dal vivo e tale è la sua forza di convinzione anche nei confronti degli spettatori più pigri. Ed ecco che persino i non-attori compaiono in palcoscenico per dare l’avvio ad una stagione teatrale che si annuncia guerriera. È il caso di Ferzan Özpetek. Non è un attore, bensì un regista cinematografico, e il suo non è uno spettacolo in senso tradizionale. Ferzaneide, che ha inaugurato la stagione dell’Ambra Jovinelli, è un racconto privato, una confessione divertente, a tratti volutamente impudica, della sua storia privata relativa al concepimento dei suoi numerosi film. Solo in palcoscenico e, a suo dire, molto emozionato al cospetto degli spettatori, ha spiegato innanzitutto la nascita di questo inedito progetto: si era messo generosamente in gioco l’anno scorso «per far lavorare le maestranze», ma poi il nuovo lockdown ha bloccato la ripartenza. L’altra sera, invece, il sipario si è definitivamente alzato e Özpetek esclama entusiasta: «Siete il primo pubblico e, dopo 600 giorni, questo teatro riapre!».
Prende quindi il via la narrazione: i ricordi di un passato, ancora molto presente, si affastellano, a cominciare da quando a dodici anni scopre la sessualità grazie ai giochi innocenti con un suo compagno. Quindi il suo debutto con Bagno turco, che riesce a portare sugli schermi nel 1997 dopo aver trascorso parecchi anni da aiuto regista. Un film basato su una sua storia d’amore incompiuta, vissuta proprio in un bagno turco a Istanbul, la sua città. Il successo gli cambia la vita: arrivano Le fate ignoranti, La finestra di fronte e Saturno contro, film che doveva intitolarsi in altro modo «ma la mia assistente mi sconsigliò di portarlo in sala ad agosto, perché avevo Saturno contro… e da qui nasce il nuovo titolo».

Un’attenzione particolare alla madre, bellissima donna, di cui compaiono le immagini, alla quale il figlio ammette di dovere molto nell’educazione dei sentimenti, anche riguardo alla propria omosessualità. E in proposito, Ferzan ne cita una frase che conserva gelosamente nella memoria: «La cosa più importante è l’amore». Perché lo scopo della sua Ferzaneide è soprattutto ridare voce, in qualche modo, alle persone che non ci sono più: «Parlo con loro e faccio finta che siano ancora vive».
Non solo Özpetek; anche Gus Van Sant, regista del grande schermo, l’altra sera al Teatro Argentina, nell’ambito del RomaEuropa Festival, si è cimentato sul palcoscenico come regista e autore delle musiche dello spettacolo Andy, dedicato proprio a Andy Warhol. Anche questo un racconto, tra sogni, ricordi e fatti realmente accaduti, sullo sfondo della nascita della Pop Art.

Ma non basta. Enrico Lucherini, mitico press agent cinematografico, ultraottantenne grintoso, è stato protagonista assoluto, debuttando da attore, all’Off/Off Theatre di via Giulia, con C’era questo, c’era quello, una divertente carrellata di aneddoti sulla Roma divistica ai tempi della Dolce Vita. Insomma, sembra quasi che i personaggi tradizionalmente legati al grande schermo vadano alla ricerca di una platea viva e presente nei teatri, essendo vuote quelle dei cinema… Tant’è. Ma ovviamente non mancano gli artisti teatrali, che calcano la mitica ribalta da sempre, come Roberto Herlitzka che, nei giorni scorsi, ha proposto il suo Viaggio con Dante. Così come Gabriele Lavia che a novembre, insieme a Federica Di Martino, inaugura la stagione del Teatro Quirino con la splendida messinscena de Le leggi della gravità, tratto dall’omonimo romanzo di Jean Teulé.
Il teatro dal vivo c’è e resiste persino alle pandemie.
Immagine di apertura: Gabriele Lavia e Federica Di Martino, a novembre al Teatro Quirino con Le leggi della Gravità