Firenze 21 Dicembre 2022
Aristotele, nel 300 a.C., diceva che la fortuna è una particolare forma di caso. Infatti, la parola fortuna deriva dal latino fors, cioè sorte o caso, è ciò che fa cambiare in meglio la vita, ma che può anche trasformarsi in un danno. Nel 1° sec. a.C., Seneca scriveva che «La fortuna è ciò che accade quando la preparazione incontra l’opportunità». Il filosofo Severino Boezio (475-525), in De Consolatione philosophiae paragonava la fortuna ad una ruota che gira, a volte in posizione favorevole, altre volte no, ma contro cui l’uomo non può nulla.

Per Dante la fortuna è una forza volubile e cieca che Dio dispensa agli uomini senza un disegno comprensibile e, a volte, in contrapposizione con i loro meriti. Giovanni Boccaccio, il grande poeta e letterato del Trecento, nel Decamerone parla molto dell’imprevedibilità della fortuna e dell’influenza favorevole che essa può avere sui progetti umani, anche se è costantemente mutevole nell’ostacolare o nell’assecondare il nostro agire. Niccolò Machiavelli (1469-1527), nel Principe, dice che sta all’uomo adattarsi alle situazioni nel bene e nel male; la fortuna influisce sulla nostra vita solo in parte. Il resto siamo noi a costruirlo.
Difficile definire che cos’è la fortuna, evidentemente. Certo è che dalla notte dei tempi gli uomini hanno cercato di far girare la sua ruota a loro favore. Nell’Antico Egitto, sacerdoti, e Faraoni credevano nel potere soprannaturale degli amuleti che proteggevano dagli spiriti maligni. Tra questi il più noto è lo scarabeo. Venivano creati amuleti con tanti materiali diversi come il basalto verde, paste vitree, porcellana smaltata blu o verde o ricoperta d’oro. Nelle sepolture sono stati ritrovati molti esemplari di questi amuleti, alcuni con una bellissima lavorazione.

Secondo la credenza egizia questi oggetti avevano un forte potere protettivo, tanto da essere utilizzati anche come talismani e ornamenti dai vivi. Prima di essere indossati gli scarabei dovevano essere consacrati con una cerimonia religiosa che prevedeva la purificazione dell’amuleto con incenso, Kyphi (una famosa essenza egiziana ottenuta dall’estrazione di 16 piante selvatiche) e mirra. Nella mitologia greca si invocava Tiche, figlia di Hermes ed Afrodite, come incarnazione della dea Fortuna, protettrice delle città e dello Stato, non a caso spesso raffigurata con una corona in testa a forma di mura di cinta e con in mano una cornucopia, simbolo di abbondanza. Durante il suo regno Servio Tullio (578-535 a.C.), il sesto Re di Roma, fece costruire 27 templi dedicati alla dea Fortuna.
Ma c’è una tecnica, un sistema o un comportamento che può attirare la fortuna? Nel corso dei secoli per aiutare la sorte ad esserci propizia, sono stati via via attribuiti poteri quasi soprannaturali ad oggetti, gesti o altro: a seconda delle varie culture, amuleti, talismani o un indumento, un fiore, un colore, un numero, e chi più ne ha più ne metta…..

Alcuni dei mille simboli della fortuna e della protezione dal male, più o meno noti, sono: il ferro di cavallo, di origine inglese, per avere successo e denaro, il corno rosso, di tradizione italiana, soprattutto meridionale, altri meno comuni come lo scarabeo, già in uso come abbiamo visto nell’Antico Egitto, oppure il Nazar o Occhio di Allah, uno dei più famosi amuleti originari della Turchia e del Mar Egeo, ritenuto un antidoto potente contro il malocchio ed altre negatività, o il quadrifoglio, nato dalla cultura celtica, forse perché è raro trovarne in natura. Ma ci sono anche il pesce (Cina, India e Giappone), l’elefante bianco (della tradizione Thailandese), il bambù (cinese) e la coccinella (Germania, Italia, Russia, Turchia).

Ci sono poi gesti scaramantici, come fare le corna con la mano, ed il gesto molto comune di incrociare le dita di una mano o di entrambe. Quest’ultimo ha origini religiose. Iniziò con il Cristianesimo, per evocare il simbolo della croce, ma poi, durante le persecuzioni contro i cristiani, divenne un segnale segreto. lo si faceva per riconoscersi. Mentre nel Medioevo serviva come protezione contro il diavolo.
Il Capodanno è la festa più ricca di usanze beneauguranti. La più comune e molto radicata, è quella di mangiare lenticchie al cenone perché porta fortuna e denaro. Poi, bisogna guardarsi negli occhi quando si brinda con lo champagne (usanza nata nel Medio Evo, quando c’era il pericolo che qualcuno mettesse veleno nelle bevande). Porta fortuna anche mangiare 12 chicchi d’uva, a iniziare dalla mezzanotte in punto dell’ultimo dell’anno, per avere la bocca piena di un frutto che è simbolo di prosperità e ricchezza (proverbio cinese: Chi mangia l’uva a capodanno conta i soldi tutto l’anno). Sempre alla mezzanotte di Capodanno è di buon auspicio (e molto piacevole) obbedire all’usanza celtica di baciarsi sotto i ramoscelli di vischio. Al contrario, dal Medioevo in poi, versare olio sulla tavola o sul pavimento portava sventure perenni (anche perché a quell’epoca era carissimo) e se, invece, era il sale a cadere, per evitare disgrazie se ne dovevano raccogliere tre manciatine e gettarle dietro la spalla sinistra. Rompere specchi porta sfortuna addirittura per 7 anni – credenza molto radicata – mentre il gatto nero che attraversa la strada in Giappone, Inghilterra e Scozia attira prosperità (da noi porta guai).
Poi ci sono i numeri della fortuna.

Nelle culture occidentali il 7, di origine cristiana, è associato alla felicità, ma non è chiaro se i numeri 13 e 17 portino fortuna o sfortuna. Da secoli, in molte culture le ghiande sono collegate alla magia e al soprannaturale. Gli inglesi le portano con sé perché le considerano portatrici di prosperità e potere. Secondo i principi del Feng Shui, se metti una pianta di bambù nell’angolo sud-est della tua casa, la tua fortuna si moltiplicherà. Per il popolo indiano, gli elefanti sono simbolo di saggezza, fortuna e longevità.
Il Dalai Lama dice: «Ricorda che non ottenere ciò che vuoi a volte può essere un colpo di fortuna». Consiglio molto saggio. Anche se Woody Allen la pensa diversamente: «Preferisco avere fortuna piuttosto che talento». Torna in mente Matteo Renzi ventenne, quando partecipando alla trasmissione La ruota della fortuna, condotta da Mike Buongiorno nel 1994, vinse 48 milioni di vecchie lire. Fortuna o talento?
Immagine di apertura: foto di Adina Voicu