Pistoia 23 Aprile 2020

Non solo medici e infermieri al fronte e milioni di persone chiuse in casa: c’è anche l’Italia delle migliaia di studenti e insegnanti che dentro le mura domestiche cercano di portare a termine il programma ministeriale. «Nonostante ai primi di marzo non si pensasse ancora che la quarantena si sarebbe prolungata così a lungo, i provvedimenti sono stati accolti nella prospettiva di una chiusura definitiva della scuola – racconta Emiliano Gelli, Vicepreside del Liceo classico Niccolò Forteguerri di Pistoia – . Sono state subito messe a disposizione dei docenti le piattaforme consigliate dal Ministero per le videolezioni e la condivisione dei materiali, come Google Meets e Microsoft Teams. Inoltre sia il Ministero sia la Fondazione Caript ci hanno supportato economicamente, consentendo alla scuola di dotarsi di nuovi tablet e portatili da offrire in comodato d’uso gratuito agli studenti che ne avessero bisogno».

Un’aula vuota. Immagine emblematica di come è e sarà la scuola in questi mesi (foto di 969209)

 

La digitalizzazione viene in soccorso alla didattica tradizionale che, rimodellata sulla base delle esigenze contingenti, ha comunque un volto familiare per gli studenti, avvantaggiati dal fatto di essere nativi digitali, un po’ meno per la maggioranza dei docenti italiani sopra i cinquant’anni, che si sono ritrovati a navigare in acque inesplorate. Ma cosa dicono i ragazzi? «Non è come stare in aula – risponde Diletta Nardi, 17 anni, studentessa del Forteguerri – . Mi sono resa conto che piccole abitudini cui non facciamo nemmeno più caso, come interagire con il compagno di banco, sentirsi in dovere di stare seduti composti per rispetto, sono stimoli che aiutano a tenere alta la nostra attenzione. Ora, con la possibilità di spegnere la telecamera e il microfono, e magari sorbirsi la spiegazione in poltrona, il rischio di distrarsi è dietro l’angolo. È il senso del dovere e della responsabilità a sostenerci, anche grazie ai professori che sono i primi a trasmettercelo. Anche chi di loro aveva meno familiarità con la tecnologia, ha fatto di tutto per non farci sentire “abbandonati a noi stessi”».
Ma i problemi ci sono. Cecilia Rossi, insegnante di Inglese del liceo pistoiese, sottolinea: «Non si può pensare di abbattere la barriera che la pandemia ha messo tra professori e studenti con le risorse digitali, a maggior ragione nell’insegnamento di una lingua straniera, che ha bisogno di un’interazione costante».

Camilla Cioli, 17 anni, studentessa del Liceo Coluccio Salutati di Montecatini Terme (Pistoia): “Fare conversazione in inglese in videoconferenza è difficile”

Come conferma Camilla Cioli, 17 anni, studentessa del liceo economico-sociale Coluccio Salutati di Montecatini Terme  (Pistoia): «Ogni giorno che passa, perdo sempre più pratica con le lingue: fare conversazioni non è semplice in videoconferenza, e il fatto che le ore si siano dimezzate non aiuta. È una sensazione frustrante, si ha l’impressione di star vanificando il lavoro di anni». Non sono solo le lingue lo spauracchio degli studenti. «Matematica e fisica sono una nota dolente. È importantissimo confrontarsi con l’insegnante in classe, è già il 70 per cento del lavoro. In questa situazione il nostro docente, privo di uno strumento essenziale come la lavagna, ha preso la decisione di farci studiare in autonomia dal libro di testo e fare solo un’ora di videolezione a settimana. Ma tradurre il protosanscrito sarebbe meno ostico che cercare di capire qualcosa da quella singola ora» ironizza uno studente che ha preferito rimanere anonimo del liceo Dante Alighieri di Firenze. Una verità che la professoressa di matematica e fisica del liceo pistoiese Caterina Marcellino ribadisce: «Tutti i miei studenti, ma soprattutto quelli più fragili, stanno risentendo di questa situazione. Ho cercato di avvalermi di tutti gli strumenti possibili, addirittura di una tavoletta grafica per fare dimostrazioni e rendere la spiegazione il più simile possibile a quella in presenza. Tuttavia certe difficoltà rimangono».
La didattica a distanza costringe a ripensare le modalità di apprendimento. «È improponibile replicare in videoconferenza le trenta ore di lezione che facevamo in aula; significherebbe far consumare gli occhi ai ragazzi davanti allo schermo» dice ancora Gelli.

Ginevra Martelli, 18 anni, studentessa al Liceo classico di Pistoia: “la videoconferenza dà un senso alle mie giornate”

«Passare tante ore davanti allo schermo del computer tra videolezioni e compiti rende tutto più stancante e questo non aiuta a rimanere concentrati e produttivi per lungo tempo – conferma Ginevra Martelli, 18 anni, anche lei del Forteguerri – . D’altra parte le videoconferenze danno un senso alle giornate, aiutano a rimanere sul pezzo, a non procrastinare».
Tra chi non vede l’ora di tornare alla normalità e chi l’ha accolta tiepidamente senza entusiasmarsi né scivolare nella disperazione, c’è anche chi ha scoperto più lati positivi di quanto avrebbe pensato. È il caso di Francesca Milani, 17 anni, studentessa del liceo classico Cicognini di Prato: «Ovviamente mi manca stare insieme agli altri, però devo ammettere che la didattica a distanza mi ha permesso di riappropriarmi del mio tempo continuando comunque a studiare – sostiene -. Bisogna farlo autonomamente e quindi molto dipende da noi, è chiaro, ma io mi trovo bene. Sono più concentrata, più rilassata, non devo prendere ogni giorno il treno e mi rimane del tempo libero per dedicarmi alle mie passioni».

Francesca Milani, 17 anni, studentessa del Liceo Cicognini di Prato: “sono più concentrata e rilassata e ho più tempo libero per me”

Non tutti i ragazzi dimostrano questa consapevolezza. Una docente delll’Istituto tecnico e industriale di Firenze ITIS A. Meucci, che ha preferito restare nell’anonimato, rivela: «Mi è difficile valutare gli esercizi che mi inviano per scritto: si fanno aiutare e se li passano tra loro, come vedo da certi errori ripetuti……Ma in fondo questo succede anche in classe. Il problema più grande è che l’immaturità di alcuni si rivela in episodi spiacevoli di altro genere: parlo di genitori che assistono alle lezioni e talvolta si permettono addirittura di intervenire o, peggio ancora, di immagini dei professori ripresi in videoconferenza e poi messe sui social con commenti pesanti e offensivi. Sotto questo profilo, il docente non è tutelato».
La quarantena lascerà, comunque, una traccia indelebile nel mondo della scuola, da una parte dimostrando le grandi potenzialità della digitalizzazione, dall’altra valorizzando il lato “umano” dello stare in aula. Sguardi, sorrisi, abbracci assumono ora un valore inestimabile, come confermano le parole di una docente che ha preferito anche lei non essere nominata: «Mi mancano gli occhi dei ragazzi: occhi che a volte vedevo illuminarsi, altre volte perdersi giocando con le nuvole fuori dalla finestra, altre ancora, chiudersi per la noia. Forse solo ora ho capito che quegli occhi sono il vero motivo per cui non ho mai perso la voglia di sedermi in quella cattedra».

Immagine di apertura: foto di Kyo Azuma

Diciannove anni, toscana, frequenta il quinto anno di liceo classico all’Istituto “Niccolò Forteguerri” di Pistoia. Appassionata alla scrittura fin da bambina, comincia a scrivere qualche pezzo per il giornale locale di Lamporecchio, il paese dove è nata e vive. Durante gli anni del ginnasio e del liceo scrive per il settimanale diocesano di Pistoia “La Vita” e fa qualche esperienza nell’emittente televisiva Toscana TVL.

2 Commenti

  1. Ciao Alice , sempre bravissima come ti ho conosciuta!
    Articolo interessante ed esauriente che ci presenta il particolare periodo che sta vivendo oggi la scuola .

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