Milano 27 Settembre 2023
Solo negli Stati Uniti sono oltre quattromila le gravidanze in affitto portate a termine ogni anno con un costante incremento del 20 per cento, soprattutto per le richieste di coppie gay e uomini single. La maternità surrogata, più realisticamente definita utero in affitto, quasi sempre oggetto di una transazione economica, è un fenomeno in crescita coinvolgente e controverso, oggi più che mai al centro del dibattito civile, sociale e politico.

Emilia Costantini, giornalista di lungo corso de Il Corriere della Sera, scrittrice e sceneggiatrice teatrale, sulla gestazione per altri, come molti eufemisticamente la chiamano, ha costruito un incestuoso romanzo d’amore quindici anni fa. Libro che viene oggi riproposto per la sua estrema e innegabile attualità. Tu dentro di me, edito da Love, narra una storia paradossale, quasi inverosimile, ma che mette in risalto tutte le possibili conseguenze, soprattutto umane, della maternità surrogata. Un’affascinante giornalista televisiva quarantenne, Livia Casati, dalla vita “dorata” sia lavorativa che affettiva, si fa coinvolgere in un’appassionata relazione amorosa con un musicista ventenne, Edoardo De Carolis. Lo conosce in occasione di una manifestazione internazionale per orchestre e complessi musicali giovanili cui è stata invitata come responsabile del settore cultura/spettacoli del network per cui lavora. Fra i due è attrazione fatale! «Quando lo sguardo del giovane musicista che si allungava felino sulla platea gremita incontrò il suo, lei ebbe un leggero sussulto……….fra tanta gente lui guardava proprio lei. Fu percorsa da un tremito».
Questo magnetismo amoroso che li spinge l’uno verso l’altro crea scompiglio nelle loro esistenze e provoca la riprovazione di tutti coloro che li circondano. Innanzitutto Luisa Cipriani, la mamma del musicista, proprietaria del giornale per cui Livia lavora che accusa la sua stimata e amata dipendente di tradimento e amoralità; quindi Giulio Carrera, l’uomo con cui Livia aveva in atto un progetto di vita insieme e poi di tutti i benpensanti, che ritengono “ insano” questo rapporto (chissà perché succede solo quando è la donna ad essere più anziana di vent’anni).

Ma l’incontro fra i due è catartico e fa emergere segreti e fantasmi del passato di entrambi, rimossi e mai elaborati. Nonostante l’aria avversa che li avvolge, i due amanti sentono di non poter vivere separati, decidono di partire per New York, ma non sarà possibile.
In questa avvincente storia d’amore si inserisce il problema della maternità surrogata che, attraverso i vissuti dei personaggi coinvolti, mette a fuoco i dubbi, le perplessità e le questioni etiche che comporta.
Luisa Cipriani, la madre genetica di Edoardo, dopo la diagnosi dell’impossibilità a procreare, si era rivolta alla fecondazione artificiale per appagare il suo desiderio di maternità, diventato ormai un chiodo fisso. Ma questo comportava anche l’accettazione di affidare ad un’estranea i suoi “ingredienti” (l’embrione fecondato) che avrebbero creato la vita. «Ma come si fa a non sentirsi mamma, cullando in grembo una creatura?». E ancora: «Ma come si fa a non affezionarsi e a cederla subito dopo il parto ai legittimi proprietari come fosse un oggetto, un fagotto di cui liberarsi allegramente?». E così scattava in lei la gelosia, l’invidia per l’amputazione del pancione, soprattutto quando incontrava le altre mamme che lo esibivano orgogliose.

Livia Casati, la madre uterina, in giovanissima età, per necessità economica e per «inseguire il sogno di una folgorante carriera» aveva accettato di “vendere” il proprio utero e il “prodotto” partorito, ma non a cuor leggero. L’assalivano dubbi sulla decisione presa, si percepiva come una mercenaria senza scrupoli, sentiva il dovere nei confronti dei genitori genetici che avevano affidato a lei il loro embrione, subiva l’incubo e non la felicità delle trasformazioni del suo corpo, si riteneva una madre passiva.
Ma, dopo aver consegnato il bimbo ed essere tornata ad una vita normale, costellata di successi, stipando in un remoto cassetto della coscienza il suo segreto, viene chiamata a fare i conti col passato perché, come afferma lo psicanalista suo amico, io-narrante della storia, «i fantasmi che ci lasciamo dietro prima o poi ci raggiungono». E l’incontro con Edoardo è il fantasma che riemerge! Ma anche lui, figlio di due madri, ha la sua angoscia nascosta che lo attanaglia. All’età di otto anni ha scoperto la verità: «io mi sono formato nell’utero di una sconosciuta, di una che affittò la sua pancia ad una coppia sterile……sono il frutto di una macchina partoriente…… mi sono sentito un fenomeno della scienza……non mi sono sentito procreato ma prodotto».

Questo è il suo sentire e insieme a questo è costante in lui il desiderio di conoscere la madre incubatrice. Il suo stato d’animo non gli consente di avere rapporti sereni con sua madre Luisa e per questo ha scelto di vivere a New York con il padre.
Al di là delle prese di posizioni politiche, questa analisi umana del problema lascia in sospeso molte domande su cui riflettere. La narrazione è gradevole, ricca di riferimenti classici che chi scrive apprezza molto, avendo da sempre sostenuto la genialità dei Greci sulla comprensione della natura umana. Si legge tutta d’un fiato perché ricca di colpi di scena ed emozioni ben intrecciati fra loro. Risulta un po’ prevedibile nel suo sviluppo ma il finale riserva sorprese.
Immagine di apertura: fonte: perfondazione.eu