Milano 27 Febbraio 2023

Essendo nato il 19 febbraio 1953, Massimo Troisi avrebbe oggi 70 anni. Difficile immaginarselo. Lui così bello e bruno, abbronzato e sorridente. Ritroso e audace, divertente sempre, cinico mai. Settant’anni non si addicono al ragazzaccio qual era. E difatti lui se n’è andato a 40. Forse senza neanche accorgersene, nel sonno, il cuore matto fa di questi scherzi. Si dice: muore giovane chi è caro agli dei.

Roberto Benigni e Massimo Troisi nel film “Non ci resta che piangere” del 1984, del quale entrambi firmavano la sceneggiatura e la regia

Probabilmente lui, così appassionato di vita, non era d’accordo, ma in queste cose nessuno chiede la tua opinione. Di certo ci sono rimasti male in tanti. Gli amici, gli amori, i colleghi. Quelli che hanno avuto la fortuna di vederlo a teatro e quelli che non si sono mai persi un suo film. Da Ricomincio da tre fino a Il Postino, da Scusate il ritardo a Le vie del Signore sono finite. Divagazioni sull’amore dipanate in prima persona, leggere e profonde, ironiche, buffe, malinconiche, con un perenne retrogusto amaro. L’amore che viene e va, che si perde e si ritrova, che non si sa mai come arriva e come mai poi svanisce.
Verbo cardine della vita breve di Massimo, giustamente scelto da Mario Martone per chiudere il titolo del bellissimo documentario, Laggiù qualcuno mi ama, applaudito al Festival di Berlino e da qualche giorno nelle sale, che ha voluto dedicare a Troisi. Suo amico ma soprattutto figura cardine di quel Rinascimento napoletano degli anni Settanta che, oltre a Martone, vanta talenti quali Antonio Neiwiller, Vittorio Mezzogiorno, Toni Servillo, Enzo Moscato, Annibale Ruccello, James Senese. E Pino Daniele, naturalmente. La cui voce blues apre il film con il sovversivo Je so pazzo e la chiude con la struggente Quando, scritta apposta per il penultimo film di Massimo, Credevo fosse amore… Invece era un calesse.

Un bel primo piano di Anna Pavignano, sceneggiatrice e scrittrice, che di Troisi fu la compagna di vita e di cinema per dieci anni (foto di Fabrizio Di Giulio)

Ed è proprio quell’esplorazione amorosa ossessiva e tenera che suscita in Martone, affascinato da quel cinema di Troisi “fatto di frammenti e soprassalti improvvisi, bello perché aveva la forma della vita”, un parallelo ardito ma non troppo: accostare Troisi a Antoine Doinel. L’alter ego di Truffaut interpretato da Jean-Pierre Léaud, protagonista fragile e nevrotico di un’epopea sentimentale che prende il via con lui ragazzino ne I 400 colpi e poi lo segue nella sua educazione sentimentale, al disperato inseguimento di un femminile sempre sfuggente.
Troisi l’uomo che amava le donne. E che le donne amavamo moltissimo. Si commuove ancora ascoltando un nastro con la sua voce Anna Pavignano, che di Massimo è stata per molti anni la compagna di vita oltre che di cinema, visto che insieme hanno scritto tutti i film tranne Non ci resta che piangere. E ora presta la memoria del cuore a questo ultimo omaggio, affiancando Martone nel soggetto e nella sceneggiatura. E tirando fuori per l’occasione il suo “tesoro” segreto, i tanti foglietti su cui Massimo era solito prendere appunti, notare una frase, una battuta.

Ficarra e Picone con Mario Martone (foto di Fabrizio Di Giulio)

Note inedite che il regista fa leggere da attori capaci di intenderne l’anima, da Favino a Mastrandrea, da Servillo a Silvio Orlando.
E poi i ricordi di intellettuali e amici, Francesco Piccolo e Goffredo Fofi, Ficarra e Picone, Paolo Sorrentino e Michael Radford, regista di quel Postino che Massimo, innamorato della poesia di Neruda e del romanzo di Skarmeta, volle così fortemente da decidere di rinviare il trapianto di cui avrebbe avuto bisogno urgente. Prima voleva finire quel film. Ce la fece. Il giorno dopo avrebbe dovuto prendere l’aereo per Houston, sottoporsi all’intervento che poteva salvarlo. Ma quella notte stessa Troisi se ne va. Il viaggio che l’aspettava era un altro.

Immagine di apertura: Mario Martone durante il montaggio del documentario dedicato a Massimo Troisi Lassù qualcuno mi ama (foto di Fabrizio Di Giulio)

Nata a Venezia, giornalista professionista di lunga militanza in Cultura e Spettacoli del "Corriere della Sera" con cui tutt'ora collabora. Specialista di musica e di cinema, ha seguito per circa 30 anni i principali festival europei, da Cannes a Venezia a Berlino. Per la casa editrice Guanda ha scritto in coppia con Dario Fo quattro libri, "Il mondo secondo Fo", "Il Paese dei misteri buffi", "Un clown vi seppellirà", "Dario e Dio". E da sola, sempre per Guanda, è autrice de "Nel giardino della musica. Claudio Abbado: la vita, l'arte, l'impegno", "Ho visto un Fo" e del recente (2021) "Complice la notte" dedicato alla grande pianista russa Marija Judina.

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