Milano 25 Settembre 2021
Il più bel ritratto fotografico fatto al noto artista bulgaro Christo è quello eseguito da Annie Leibovitz. Di lui non si vede proprio nulla, se non una figura completamente avviluppata nelle bende, come una mummia, così che questa volta è lui ad essere stato “impacchettato” anziché un monumento del mondo. L’opera di Christo ha attirato anche un altro grande fotografo del calibro di Helmut Newton, che si fece immortalare davanti al Reichstag di Berlino, la più sofferta opera di Christo, una realizzazione agognata per 27 anni, prima di avere il nulla osta definitivo del Bundestag della Germania.

Ma ciò che più interessava sia a lui che alla sua partner di vita e di arte (l’aristocratica Jeanne-Claude Denat de Guillebon; erano nati lo stesso anno, lo stesso giorno, alla stessa ora, il 13 giugno del 1935, sotto il segno dei Gemelli) era il processo, la discussione che avrebbe portato a compimento l’opera, da sempre concepita come un work in progress prima di arrivare allo step finale. Ora a Parigi, si erge un nuovo Arc de Triomphe, tutto ricoperto da teloni argentati (circa 25mila metri quadrati di tessuto di polipropilene) per conferire a questo monumento (come disse lo stesso artista) un aspetto sensuale. È pero un progetto post-mortem (Christo ci ha lasciati nell’anno del Covid, nel maggio 2020, mentre Jeanne-Claude era già scomparsa nel 2009) che il nipote, suo stretto collaboratore, da sempre ha portato a termine. Nel segno dell’arte effimera, quanto imperitura, di questa coppia geniale dell’arte contemporanea che ha realizzato 23 progetti in totale anche se altri 37 sono rimasti nel limbo.
Parigi non è stata per Christo una città qualsiasi. Nel marzo 1958 vi arrivò fuggendo dal comunismo (la sua era una famiglia di imprenditori); da giovane artista sopravviveva facendo ritratti all’alta borghesia e alla nobiltà, e fu così che conobbe Jeanne-Claude (sposata nel 1962, ebbero un figlio, Cyril). Tra i primi interventi realizzati insieme a lei, quello della Rue Visconti nel 1961, sbarrata da barili di petrolio. L’ evento fece molto scalpore, anche perché era una denuncia di quanto era accaduto a Berlino con la separazione delle due Germanie. Questo elemento dei barili sarebbe comparso subito dopo anche per l’opera in situ dei Dockside Packages a Colonia nel 1961, fino all’installazione della Mastaba, una piramide tronca.

Poi, l’altro grande intervento parigino della coppia di artisti, fu lo straordinario impacchettamento del Pont Neuf, nel 1985, uno dei ponti più suggestivi della capitale francese.
Questo intervento site-specific dell’Arc de Triomphe (pianificato fin dal 1961) cambia la prospettiva degli Champs Elysées verso un punto focale (raggiunto da 12 avenues) che annulla una certa grandeur eroica per crearne un’altra, che si compie tutta nel segno dell’arte contemporanea. Ci sono ancora pochi giorni per godere quest’opera che è il sogno ultimo dell’artista, visibile solo fino al 3 ottobre; poi inizierà il suo smantellamento fino al 10 novembre. Il costo dell’installazione (14 milioni di euro) è stato, come sempre, interamente coperto dall’artista stesso, che mai è ricorso a sponsorizzazioni o a finanziamenti, ma ha raccolto i fondi per i suoi progetti con la sola vendita delle sue opere. Anche questa volta non sono mancate le critiche all’operazione postuma: un politico francese l’ha bollata come “un sacco della spazzatura sopra uno dei nostri più gloriosi monumenti”. Christo, anche da morto, continua a far discutere.
Immagine di apertura: L’arco di trionfo di Parigi “impacchettato” da Christo, opera postuma realizzata dal nipote (foto tratta dalla pagina Facebook di Christo e Jeanne Claude Official)