Milano 23 Novembre 2020
In giro per la Lombardia al tempo del Covid. Scorro le pagine del libro scritto con Tiziano Troianello, mio collega al Giorno, edito da Meravigli con il titolo Zona rossa. Voci e testimonianze dal cuore della pandemia. Solo ora realizzo di avere vissuto, da cronista-testimone, una pagina di Storia. Voci. Testimonianze. Raccolte ad una a una, ma che alla fine si compongono in un unico coro sullo spartito del dolore e della sofferenza generate da una immane tragedia collettiva. Bergamo flagellata dalla pandemia. Cremona, dove gli ululati delle sirene delle ambulanze sono la colonna sonora del vivere quotidiano. I pronti soccorso rigurgitano di malati. Gli ospedali trasformati in un unico reparto Covid. Medici e infermieri recano una parola, anche di conforto religioso, perché il congedo di chi se ne sta andando non sia in solitudine.

Lo fa Sangeetha Bonaiti, infermiera dell’ospedale Papa Giovanni XXIII, con l’autorizzazione del vescovo di Bergamo, porta la benedizione a due malati. Nello stesso ospedale uno dei cappellani, il frate cappuccino Aquilino Apassiti prega, usando lo smartphone, con una donna accanto alla bara del marito. La rabbia dolorosa, in Bergamasca, per la mancata istituzione di una “zona rossa” a Nembro e Alzano Lombardo. È il 21 febbraio. A Codogno inizia lo stato di emergenza. Per Tiziano Troianello inizia una drammatica, straordinaria esperienza professionale e umana. Ne parla Sandro Neri, direttore del Giorno, nella sua prefazione: «Tiziano Troianello, uno degli autori di questo libro, vive a Codogno. E lì siamo costretti a confinarlo, immediatamente, in ottemperanza ai protocolli sulla sicurezza e alla direttive governative. Glielo comunichiamo, non senza imbarazzo, non appena arriva in redazione, come ogni mattina, a Milano. «Non puoi stare qui, devi tornare indietro».

Si rivelerà una fortuna. Troianello, continuando a lavorare da casa grazie alla formula dello smart working permetterà ai lettori del Giorno di avere informazioni quotidiane e puntuali direttamente dall’interno della “zona rossa”. Svelando così, anche con testimonianze in prima persona, i particolari di una vita costretta, per la prima volta nella storia dell’Italia repubblicana, entro confini resi invalicabili con un decreto.
La morte di tanti. Ma sono anche voci di forza, di speranza. Angelo Vavassori, medico bergamasco, dopo essere stato colpito dal virus, lo combatte strenuamente, lo vince, lascia il respiratore e il posto letto a chi ne ha più bisogno; terminata la quarantena, riprende il lavoro alla rianimazione.

Elena Pagliarini, infermiera cremonese, crolla, sfinita, la testa su una scrivania, dopo una notte di lavoro massacrante; la foto che le scatta una dottoressa sua amica diventa una icona della resilienza. Mattia Guarneri, diciottenne di Cremona, supera la condizione di malato e si presenta a sostenere l’esame di maturità come i suoi coetanei. Gli insegnanti che fanno lezione a distanza. Il dirigente scolastico che a ogni cambio di ora fa suonare la campanella nella scuola deserta. Gli studenti che si laureano. I librai che consegnano i libri a domicilio. Alessandra Pedroni, la giovane mamma che, in piena pandemia, dà alla luce la sua terza bambina. Lo fa a Cremona perché “andare altrove mi sembrava un po’ come tradire la mia città”. Hanno vinto. Per sé e per tutti.

Mi chiedo qual è il momento che viviamo oggi. Lo faccio ogni giorno, più volte. Mi chiedo se la speranza-illusione dell’estate sia stata tale da rimuovere il ricordo della terribile primavera, le ansie, le paure di quando la pandemia appariva come un nemico invincibile. Davvero il risveglio dopo il grande sonno, l’esplosione di vita e di vitalità dopo il lungo torpore, hanno cancellato il senso di responsabilità, la capacità di autodisciplinarsi per rispettare poche ma decisive regole? Me lo domando senza riuscire a trovare una risposta. Di una cosa, però, sono certo. Alla fine di tutto questo, allo sbocco del tunnel, all’uscita dalla grotta, ci sarà la nostra vittoria. Ma prima dovremo sudarla, soffrirla. E alla fine meritarla.
Una pagina di storia. Di più. Una pagina, tante pagine di guerra. Voglio sdoganare un ricordo personale. Ero un ragazzino che sognava di fare il giornalista e mi capitò di leggere su una rivista un articolo di Lamberti Sorrentino. È stato un grande corrispondente di guerra, ha attraversato tutti i conflitti del Ventesimo Secolo e oggi è ingiustamente dimenticato. A distanza di tanti anni non posso ricordare le parole precise della conclusione, ma ne conservo molto bene il senso: «La guerra è orribile. Auguriamoci di non vederne un’altra. Ma se mai dovesse esserci, sarebbe troppo forte il richiamo per non potervi partecipare». Non l’ho mai dimenticato.
Immagine di apertura: la “foto simbolo” della pandemia. Elena Pagliarini, 43 anni, infermiera all’Ospedale di Cremona, sfinita, con la testa sulla tastiera del computer dopo un interminabile turno di lavoro.
Le foto del servizio sono una gentile concessione dell’editore Meravigli