Milano 27 Giugno 2024
Una volontà di rottura con la tradizione, una sorta di sperimentalismo, comune al mondo artistico e creativo caratterizza Romanzo senza umani, pubblicato da Feltrinelli, l’ultima fatica letteraria di Paolo Di Paolo, finalista al Premio Strega di quest’anno. Il romanzo sembra sollevare un quesito sulla possibilità di scrivere una storia senza uomini. In realtà, dopo un incipit descrittivo di un mondo glaciale, apocalittico, caratterizzato da assenza di vita, si riempie via via di vecchi amici, vecchie fiamme, vecchi professori, vecchie conoscenze, diventando universalmente umano.

Protagonista della narrazione è Mauro Barbi, un docente di Storia che, dopo una tesi giovanile di dottorato sullo “shock postraumatico della comunità umana alla prova del congelamento”, dedica anni di studio al fenomeno della piccola glaciazione avvenuta sul territorio del lago di Costanza nella Svizzera del Nord nel 1572/73.
Concentrato in maniera ossessiva e maniacale nel suo impegno, sente via via congelarsi anche il suo animo, già predisposto alla freddezza; trascura gli amici e perde l’amore di Anna, la donna più importante della sua vita. Ma alle soglie della mezza età, come un novello Dante Alighieri, entra in una fase di sconvolgimento climatico emotivo che lo spinge a ricercare le ragioni della sua metamorfosi, «di me, di me come ero, in un uomo irritato». È assillato dal voler conoscere che cosa ricordano gli altri di lui, quale impronta ha lasciato nelle persone frequentate, insomma vuole fare un’indagine su di sé attraverso il ricordo degli altri. Compie così un viaggio a ritroso, cerca di riallacciare i rapporti con le persone della sua vita, rispondendo alle mail ricevute ben quindici anni prima e contattandone telefonicamente, non senza imbarazzo, altre. Incontra il suo caro amico Fiore, a cui rivela l’imminente progetto di andare, con la mente sgombra dal passato, proprio su quel lago di Costanza, inizio e metafora del suo raffreddamento. Mentre sta per partire, viene contattato da un giornalista televisivo, che, a conoscenza dei suoi studi, lo invita a partecipare ad una trasmissione sull’ambiente.
Prendono il via, a questo punto, due narrazioni, incastrate una nell’altra a mo’ di matrioska e segnalate graficamente da un piccolo spazio: quella ambientata nel tardo Cinquecento, che riguarda le vicende del principe rinascimentale divenuto depresso e folle per il clima freddo e quella del presente relativa al percorso introspettivo compiuto dal protagonista, che offre occasioni di riflessione sull’umanità intera.

Mauro Barbi ripercorre così le tappe della sua vita, analizzando se stesso, i rapporti con i suoi amici, con le donne che lo hanno interessato, con il suo professore, confrontandosi con tutti sul ricordo che hanno di lui e delle esperienze condivise, che il più delle volte risulta essere un film diverso dal suo. «Ricordiamo le stesse cose, ma in modo diverso. Nella vita privata, quella che sul piano pubblico chiamiamo memoria condivisa è una truffa con concorso di colpe, ovvero di mutue e pacifiche bugie». E così lo storico, deputato alla ricostruzione oggettiva del passato, prende atto che non solo la memoria individuale è ambigua e parziale, ma anche quella cosiddetta storica. Gli fornisce un esempio il suo professore di storia moderna all’università di Bologna, modello e mentore, che incontra a Monaco. La storia che «raccontava era più partorita dalla fantasia che dagli anni di studio».
Romanzo densissimo di contenuti, profondo, che fa riflettere sui numerosi problemi esistenziali; innanzitutto, sulla conoscenza di sé, sulla necessità di essere sinceri con se stessi, come consigliava l’amico Fiore a Barbi, su cosa comporta affrontare la propria biografia attraverso le testimonianze altrui.

Il passato non si cancella, riemerge continuamente; ognuno ha il suo Cinquecento interiore che va indagato per affrontare il presente. Affiora spesso il rimpianto/ nostalgia per una vita potenziale non realizzata, per quello che poteva essere e non è stato e soprattutto il rimpianto per la perdita di Anna a causa della sua incapacità comunicativa. Mauro alla fine del viaggio della memoria tenterà di recupere il rapporto, la va a trovare in Svizzera dove lei risiede, ma incontrerà solo sua figlia, curata anche da lui al tempo dell’infanzia. Sarà proprio la ragazza a favorire la pacificazione con se stesso, ricordandogli che indietro nel tempo non si può tornare ma «esiste il presente, esiste solo il presente».
Di Paolo arriva a considerare l’impatto che ha il clima sulla nostra vita fisica e psichica, addirittura abbina gli stati d’animo alle condizioni meteorologiche in una sorta di stagioni climatiche della vita. «Il clima ci condiziona più di quanto crediamo. Emotivamente. Culturalmente. Non è, come molti pensano, una questione limitata alle previsioni del tempo».

In un continuo andirivieni dal particolare all’universale, l’autore passa in rassegna anche problematiche attuali (perfino troppe!) come quelle della diversità generazionale e dei talk-show televisivi, all’insegna della superficialità, delle continue interruzioni del conduttore dovute a tempi strettissimi di intervento, a stacchi pubblicitari. Eppure, subito dopo la sua apparizione televisiva, gran parte degli amici contattati in precedenza lo inondano di messaggi per salutarlo e complimentarsi. E anche Anna si fa viva! Potenza dello schermo!
Il libro alterna una prosa ricercata, classica, riservata alla parte descrittiva del mondo senza umani, alle vicende del principe cinquecentesco e alle riflessioni filosofiche a quella più semplice, colloquiale, connotata da dialoghi serrati e ironici relativa alla crisi esistenziale del protagonista. È comunque una scrittura chiara, disseminata di rimandi culturali, da Lucrezio a Thomas Mann. Originale la struttura grafica che collega la fine di ogni capitolo ad una frase/ titolo del capitolo successivo, in una sorta di continuità passato/presente. Da segnalare che sul frontespizio c’è un timbro che dice: questo romanzo non è prodotto da un’intelligenza artificiale.
Immagine di apertura: Pieter Bruegel il Vecchio, Paesaggio invernale con pattinatori e trappola per gli uccelli, 1565, olio su tavola, Bruxelles, Museo Reale delle Belle Arti