Milano 27 Febbraio 2025
Fin dal nome, la testata dichiara i suoi obiettivi: Le Grand Continent, la grande e veneranda, per quanto bistrattata, Vecchia Europa.
A rimetterla al centro dello scacchiere geopolitico si sta ingegnando una rivista unicamente digitale, concepita a Parigi da tre giovani diplomati dell’Ecole normale supérieure, all’epoca non ancora trentenni: il valdostano Gilles Gressani, che la dirige, il francese Mathéo Malik e la rumena Ramona Bloj, vicepresidente del Groupe d’études géopolitiques (GEG) fondato in quell’anno dal terzetto e presieduto da Gressani.

Il primo numero è uscito ad aprile 2019, alla vigilia della grande Pandemia che, anziché fiaccare l’impresa, l’ha aiutata a carburare portandola a risultati da sogno per qualsiasi editore: più di 22 milioni di pagine visualizzate (con un trend di crescita annuo esponenziale) e oltre 3.000 autori, non retribuiti, tra i quali spiccano le firme di premi Nobel, come Mario Vargas Llosa e Olga Tokarczuk, di personaggi della politica internazionale, come Henry Kissinger, di economisti, come Thomas Piketty e Pascal Lamy, e di storici, come Carlo Ginzburg, oltre a un massiccio schieramento di filosofi e poeti.
Il 12 novembre 2020 l’Eliseo ha diffuso una nota per annunciare l’intervista concessa dal presidente Emmanuel Macron, a una «rivista di riferimento per il dibattito strategico su scala continentale», preferita ai giornali tradizionali in quanto «condotta da una nuova generazione il cui obiettivo è costituire una piattaforma di scambi di alto livello nelle principali aree linguistiche del dibattito europeo». La lista degli interventi illustri si è allungata con Romano Prodi, Charles Michel, Josep Borrell.
Le Grand Continent, pubblicato in cinque lingue, ma non in inglese, si è trasformato dunque nella vetrina virtuale dove intellettuali e governanti aspirano ad essere invitati. E qui i maggiori quotidiani e settimanali internazionali si rivolgono per commenti e analisi di uno dei politologi del momento: Gilles Gressani, appunto, nato nel 1991 a Villeneuve, in provincia di Aosta, figlio di un funzionario della comunità montana del Gran Paradiso.

Da quando, adolescente, frequentava con entusiasmo la biblioteca comunale del capoluogo di origine, Gressani ha percorso in una decina d’anni migliaia e migliaia di chilometri: da un liceo di Nizza alle Grandes écoles di Parigi, alla Columbia University di New York, e ritorno, alla facoltà parigina di Scienze Politiche, dove ora è anche titolare di cattedra.
E, da Parigi, racconta a ilbuongiorno.com il making off di un sorprendente successo editoriale.
La giovane età della squadra è uno dei segreti del vostro successo?
«Cerchiamo il rinnovamento, ma non la gioventù a qualunque costo. Contiamo sui contributi di autori, traduttori, personalità politiche di 50 nazionalità, di età e provenienze molto diverse: giovanissimi ricercatori di vent’anni e centenari o quasi centenari come Georges Berthoin, capo di gabinetto di Jean Monnet, e naturalmente Henry Kissinger, scomparso da poco a cento anni. Abbiamo riunito tre generazioni, senza alcun filtro».
Anche la redazione è composta da volontari?
«No, le persone che lavorano qui, una decina, sono tutte stipendiate e hanno tra i 25 e i 35 anni. La questione della giovane età continua a perseguitarmi – ride -. È da quando sono nato che sogno di invecchiare. Ancora adesso, quando mi collego via zoom con presidenti di venerabili istituzioni, i loro assistenti mi chiedono: quando si connette il professor Gressani? Senza immaginare che sia io».

Quando e come è nata l’idea del “Grand Continent”?
«La riflessione è iniziata nel 2017 con Mathéo e Ramona. Durante il mio periodo come visiting student alla Columbia University di New York avevo seguito la prima campagna elettorale di Donald Trump, quando erano emerse molte delle tematiche strutturanti di oggi ed era sempre più evidente l’assenza della questione europea negli affari mondiali. Ecco, la scommessa di partenza è stata proprio questa: rilanciare l’Europa sulla scena mondiale rivolgendoci a un pubblico molto più largo ed esulando dalle semplici questioni monetarie e istituzionali».
Più precisamente?
«Offrire contenuti internazionali che siano di interesse comune per un pubblico vasto ed eterogeneo, che va da Varsavia a Siviglia, da Napoli a Parigi, evitando temi unicamente nazionali che sulla stampa spesso sfociano nel gossip».
Per esempio?
«Ci sono questioni strutturanti della politica regionale spagnola che possono aiutare a capire elementi di trasformazione decisivi anche per altri paesi, come la Polonia».
Perché avete deciso di offrire la rivista in cinque lingue, italiano, francese, spagnolo, tedesco e polacco, anziché privilegiare una lingua molto diffusa come l’inglese?
«L’italiano è parlato in tutto il mondo dove è arrivata la diaspora dei nostri connazionali: abbiamo molti lettori, per esempio, sulla costa orientale degli Stati Uniti. Il polacco ci permette di entrare in un mercato dove la richiesta di dibattito culturale è inversamente proporzionale alla conoscenza delle lingue straniere. Mentre il mondo anglofono non è interessato alla Polonia o all’Europa in generale più di quanto lo sia all’Indonesia».
Come avete arruolato penne così prestigiose?
«Sono diventati prima nostri lettori e poi collaboratori. Chi scrive per Le Grand Continent sa di essere letto da un certo tipo di pubblico. Fare una rivista è un lavoro molto più simile a quello di uno chef che di uno scienziato: si studiano i nuovi ingredienti, i cambi di stagione, gli impasti. Il segreto è diventare qualcosa di normale. Tanto che una grande personalità europea era convinta che la rivista esistesse da cent’anni».
Non vi schierate mai?
«Raccontiamo come si spostano i pezzi sulla scacchiera attraverso contributors politicamente molto diversi fra loro. L’obiettivo è che, in 30 minuti al giorno, i nostri lettori comprendano una gamma di trasformazioni: al contrario di molti giornali, noi scommettiamo sulla loro intelligenza».
Le vostre risorse?
«Abbiamo articoli visibili a tutti e altri solo per gli abbonati. Non vogliamo finanziatori né pubblicità. L’obiettivo non è contabilizzare più clic, ma più sottoscrizioni, convincendo i lettori che ne valga la pena».
Le Grand Continent in italiano si raggiunge al sito: legrandcontinent.eu/it/
Immagine di apertura: i tre fondatori di Le Grand Continent: (da sinistra a destra) Ramona Bloj, Gilles Gressani, Mathéo Malik (foto di Remy Artiges / Le Echos Weekend)