Bologna 27 Giugno 2024

Nel solo 2023, il Comando dei Carabinieri per la Tutela del Patrimonio Culturale ha recuperato ben 67.963 reperti sottratti illecitamente allo Stato italiano. Lo scorso 28 maggio il numero è aumentato: gli Stati Uniti hanno restituito 600 beni archeologici per un valore di 60 milioni di euro, a seguito delle indagini condotte dai Carabinieri, dalla procura di New York e dal Dipartimento di sicurezza nazionale statunitense.

Roma 23 gennaio 2023: vengono presentati alla stampa manufatti archeologici per un valore di 20 milioni di dollari trafugati in Italia e recuperati negli Stati Uniti dal Comando dei Carabinieri per la Tutela dei Beni Culturali e dalla Procura di New York (AP Photo/Andrew Medichini)

Certamente un grande risultato, ma non si può cantare vittoria. Sono ancora troppi i reperti archeologici trafugati da antiche necropoli, dalle città e dalle ville sommerse dalla terra che gli archeologi cercano con immensa fatica e misere risorse di svelare. I cacciatori di questi tesori prendono il nome di tombaroli e si dedicano ad un mestiere vecchio come il mondo: violare le tombe per sottrarne i corredi. Già nei tempi antichi era pratica comune, ma il periodo più terribile della storia dell’archeologia clandestina si è raggiunto negli anni Settanta. A dircelo sono i numeri: negli ultimi 55 anni i carabinieri hanno recuperato tre milioni e 200mila reperti sottratti illecitamente allo Stato. Ogni settimana i tombaroli hanno organizzato centinaia di scavi illegali, una razzia di proporzioni inimmaginabili che ha poco in comune con i saccheggi del passato.
Nulla viene lasciato al caso. I predoni dell’arte concentrano i loro scavi in aree ben precise. Se il Centro e il Sud Italia sono i più colpiti, al loro interno conoscono un triste primato la Toscana, il Lazio, la Campania, la Puglia, la Calabria e la Sicilia. E a ragion veduta… Qui antiche popolazioni si sono insediate a partire dal IX secolo a.C e hanno costruito fiorenti città dei vivi e ricche città dei morti. Sono gli etruschi, di cui conosciamo principalmente “i giardini consacrati al pianto”, gli elleni della Magna Grecia e i romani.

Un fotogramma del film “La chimera” del 2023 dedicato al mondo dei tombaroli diretto da Alice Rohrwacher (01 Distribution/youtube)

Ma come fanno i tombaroli a scoprire i siti più propizi? La prima fase è dedicata alla ricognizione: si individuano i resti della necropoli che riemergono a seguito dei lavori agricoli. Poi, si passa al sondaggio del terreno per mezzo dello “spillone”, una pertica di metallo lunga 160 centimetri e dalla punta filettata. Il lavoro continua tracciando il perimetro della tomba. A questo punto non resta che scavare fino a raggiungere la lastra di copertura che, subito dopo, viene rotta per constatare la presenza di oggetti preziosi posti accanto alle sepolture. In caso positivo, vengono prelevati per essere rivenduti. Le operazioni sono spesso condotte di notte, a volte in pieno giorno per non destare sospetti.
Le facili prospettive di guadagno e l’enorme quantità di reperti da immettere nel mercato nero hanno reso l’archeologia illegale un fenomeno popolare, di caratura industriale, ma in questo mare magnum ci sono stati tombaroli che si sono distinti per le loro “qualità”. Uno di questi è Pietro Casasanta, incoronato “re dei tombaroli” dal Wall Street Journal a fronte della sua intensissima attività portata avanti per ben 55 anni. Messosi in luce con piccoli e grandi ritrovamenti, Casasanta fa il colpaccio nel 1992, quando porta alla luce uno dei gruppi scultorei più importanti della romanità, la Triade Capitolina.

La Triade Capitolina, trafugata e venduta in Svizzera negli anni Novanta, oggi conservata al Museo Archeologico Rodolfo Lanciani di Guidonia Montecelio (foto di Sailko)

Le testimonianze di quest’opera erano esclusivamente scritte: la scultura era composta da Giove, Giunone e Minerva, le divinità protettrici di Roma, sedute in trono. Ciò che affiora di fronte a Casasanta e i suoi collaboratori, nei pressi di Guidonia Montecelio nell’Inviolata, è l’unica copia ad oggi rinvenuta. Il re dei tombaroli si rende subito conto della scoperta eccezionale e chiama i suoi intermediari per trasferire la scultura all’estero.
Poi, come nelle migliore trame, qualcosa va storto. I complici di Casasanta vengono intercettati dai carabinieri con un frammento della statua. Cominciano le indagini, ma il noto tombarolo ha già intascato 55 miliardi di lire da un ricco collezionista svizzero. Il caso si protrae a lungo e chiama in causa pezzi da novanta del mondo dell’arte: il famoso mercante Edoardo Almagià e Mario Bruno, uno dei maggiori trafficanti di reperti d’Europa; poi, lo stesso Casasanta viene arrestato. Ma la Triade resta nascosta in Svizzera. Complessi e rischiosi i tentativi per riportarla in Italia. Ma quando si stanno per spegnere le ultime speranze, viene fatta ritrovare ai carabinieri in un magazzino di contrabbandieri sullo Stelvio.

Il cratere di Eufronio (515 a.C) oggi al Museo Nazionale Etrusco di Cerveteri, dopo una lunga storia che l’ha visto esposto dal 1972 al 2006 al Metropolitan Museum di New York che lo aveva comprato per un milione di dollari dal mercato illecito (foto di Seilko)

Di storie simili sono piene le indagini dei Carabinieri per la tutela del Patrimonio Culturale. Una cosa però le accomuna: i tombaroli sono solo una piccola parte dell’ingranaggio dell’archeologia illegale, quella che corre i maggiori rischi e ottiene meno profitto. Sono gli intermediari, gli archeologi, i restauratori, i mercanti d’arte, le case d’asta e i grandi musei privati ad ottenere i benefici economici più importanti. Per fare un esempio, la sola casa d’aste Royal Athena di Jerome Eisenberg, che aveva sedi a Londra e a New York, ha venduto a cifre spropositate più di 30mila reperti ai maggiori musei del mondo, dei quali otto sono stati restituiti allo Stato italiano. Basti pensare che il Metropolitan Museum di New York acquistò per un milione di dollari il Cratere di Eufronio, rinvenuto da tombaroli nell’area di Cerveteri, e lo espose dal 1972 fino a quando fu restituito allo Stato italiano nel 2006 ( oggi è al Museo Nazionale Etrusco di Cerveteri), e che il Getty Museum, di Los Angeles, definito non a caso “il museo dei tombaroli”, espone opere di dubbia provenienza.
Come combattere il mercato dell’archeologia illegale? Grazie al lavoro svolto dalle forze dell’ordine molti dei protagonisti del passato e delle loro alleanze internazionali sono ormai noti; eppure risulta sempre difficile portare i colpevoli sul banco degli imputati, anche a fronte di prove schiaccianti. Se i grandi musei sono stati “scagionati” dopo aver restituito parte dei reperti sottratti illecitamente, i pesci più piccoli restano impuniti. Colpa di una legislazione che, seppur rivista nel 2018 con importanti inasprimenti di pena, risulta ancora troppo blanda. Ad oggi, in Italia, rubare un reperto archeologico a seguito di uno scavo clandestino è meno rischioso, e più redditizio, che spacciare droga.

La copertina di “Quando l’arte va a ruba” del giornalista Fabio Isman, esperto nel campo, pubblicato da Giunti nel 2021

A dirlo è Fabio Isman, giornalista e scrittore, che in I predatori dell’arte perduta, il saccheggio dell’archeologia in Italia” (Skira, 2009) e nel più recente Quando l’arte va a ruba (Giunti, 2021) conduce un’accurata disamina sul tema.  Il possesso illecito di reperti archeologici prevede la reclusione dai due ai sei anni e una multa fino a 5.165 euro.
Troppo poco perché il tombarolo strappa il reperto dal proprio contesto, privandolo del suo significato storico e causando danni incalcolabili alla ricerca archeologica. La sete di guadagno, a volte, può spingerlo ad azioni efferate: le statue e i sarcofagi vengono smembrati per essere trasportati con maggiore facilità e per essere venduti a rate, con lo scopo di aumentarne il prezzo. I monili sono sottratti ai poveri resti senza alcuna cura: in un magazzino di Zurigo i Carabinieri hanno ritrovato anelli ancora indossati dalle falangi degli antichi possessori. Tutte immagini raccapriccianti che infangano l’arte.
Ad ogni modo, non si stagliano soluzioni drastiche all’orizzonte. Commenta Isman: «Ci sarà sempre un borghese poco acculturato che vorrà un pezzo antico perché è chic. O un signore in Etruria che penserà che quello che gli sta sotto i piedi è di sua proprietà. Basta questo per dire che il fenomeno continuerà. Oltretutto, non sappiamo nulla dei nuovi mercanti internazionali dell’arte e le nuove tecnologie non sembrano aiutarci: il Sostituto Procuratore di Roma Paolo Giorgio Ferri utilizzava le polaroid scattate negli scavi clandestini perché seguivano fisicamente il reperto appena rinvenuto fino all’ultimo compratore; oggi l’utilizzo dei telefoni ha reso tutto questo più difficile. Restano le intercettazioni, ma la legge che entrerà in vigore forse le renderà inutilizzabili».
Una cultura della cosa pubblica più consapevole e diffusa sarà l’unico antidoto ad un fenomeno così difficile da contrastare?

Immagine di apertura: foto di Mart2024

Nato a Ragusa nel 1996, si è laureato presso l'Università di Bologna in Scienze Storiche e Orientalistiche, specializzandosi in Storia Medievale. Appassionato di studi politico-sociali e delle più recenti correnti della mediterraneistica, ha pubblicato diversi articoli scientifici e divulgativi per le riviste di settore. Da tre anni collabora con il blog siciliano "oltreimuri.blog". Attualmente, lavora come tutor di Storia e Filosofia al Liceo Malpighi di Bologna

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