Firenze 19 Dicembre 2020
La tradizione di distribuire doni ai bambini per Natale ha origini molto antiche; risale a San Nicola, vescovo di Myra in Turchia (270 – 343 d.C.) che regalò una dote a tre fanciulle povere perché potessero andare spose anziché prostituirsi (leggenda che anche Dante cita nel Purgatorio, XX 31-33). Nel Medioevo in Europa si commemorava questo episodio con lo scambio di doni nel giorno del Santo, il 6 dicembre. Poi San Nicola perse ogni connotazione religiosa mantenendo il ruolo benefico di “portatore di doni” con il nome di Santa Claus. Divenendo Kris Kringle in Germania, Pere Noël in Francia, Father Christmas in Inghilterra, Babouschka in Russia, Sinter Klaas (abbreviazione di Sint Nikolaas) nei Paesi Bassi. Quest’ultimo, raggiunse poi il Nuovo Mondo grazie ai coloni olandesi che fondarono la città di Nuova Amsterdam, oggi New York.

Ma fu Clement Clarke Moore, un austero professore americano di Letteratura Greca e Orientale a comporre nel 1822 per i suoi figli una poesia in cui descrive Santa Claus come una sorta di elfo allegro e paffuto, con il naso a ciliegia ed una lunga barba bianca. A visit from St. Nicholas ebbe un tale successo da indurre le case editrici a stamparla più volte. Moore se ne vergognava e solo nel 1844 inserì la poesia nell’antologia delle sue opere definendola “una bazzecola”. Poi arrivò il successo planetario grazie ai disegni dell’illustratore statunitense di origine tedesca Thomas Nest che nel 1863 propose l’immagine di Babbo Natale come lo conosciamo oggi, grosso, con la pelliccia e il cappello e, più avanti, negli anni Trenta, grazie alle campagne pubblicitarie create dalla Coca Cola.

Eccolo, allora il nostro celebrato Babbo Natale che ha anche un suo villaggio a Rovaniemi, il capoluogo della Lapponia finlandese, il Santa Claus Village. Perché proprio lì? È una storia legata alla Seconda Guerra Mondiale. Rovaniemi era situata alla confluenza dei fiumi Kemi e Ounas, dove abbondava il commercio di salmone, del legname e di pelli. Si trovava anche in un punto strategico sulla strada verso le miniere di nickel vicino a Petsamo che durante la seconda guerra mondiale i tedeschi volevano avere sotto controllo, ma che interessavano anche alla Russia. Tra il gennaio del 1939 e il dicembre del 1945 la Finlandia combatté tre diverse guerre: da sola contro l’Unione Sovietica, poi a fianco della Germania nazista contro gli Alleati, in seguito alleata dell’Unione Sovietica contro la Germania. La prima si concluse nel 1940 con la capitolazione della Finlandia che, trovandosi isolata, si avvicinò alla Germania nazista fino a sottoscrivere nel 1941 un accordo segreto per attaccare l’Unione Sovietica. Cosa che avvenne Il 22 giugno dello stesso anno, inizialmente con successo, poi con una serie di fallimenti. Senza più speranze di vincere, il 2 settembre del 1944 la Finlandia firmò l’armistizio con l’Unione Sovietica. Ma quest’ultima la costrinse a dichiarare guerra alla Germania. Piccole forze finlandesi si scontrarono con altrettanti distaccamenti tedeschi nell’area di Petsamo, in Lapponia, oltre il Circolo Polare Artico. Il 90 per cento di Rovaniemi venne distrutto. Inoltre l’Unione Sovietica fece escludere la Finlandia dal piano Marshall e chiese la restituzione dei danni di guerra.
Alla fine del conflitto, bisognava far risorgere la città lappone: ne fu incaricato il famoso architetto finlandese Alvar Aalto che realizzò un bel progetto disegnando la griglia delle strade di Rovaniemi a forma di testa di renna, ma non si trovarono i fondi (in seguito la ricostruzione avvenne secondo il piano regolatore di Aalto). Pareva che quei luoghi fossero senza speranza.

Ma accadde qualcosa di inaspettato che avrebbe riportato fiducia e benessere sulle macerie della guerra. Eleanor Roosevelt (1884-1962), vedova del Presidente degli Stati Uniti, a capo della Commissione delle Nazioni Unite per i Diritti Umani, improvvisamente decise di fare una visita a sorpresa a Rovaniemi nell’estate del 1950, con una sola settimana di preavviso, per portare aiuti alla rinascita della città e visitare il Circolo Polare Artico. In tempi record fu costruita per lei, su progetto di Ferdinand Salokangas, una piccola baita arredata anche con le sedie di Alvar Aalto. Lo chalet di Eleanor diventò in poco tempo un’attrazione, richiamò turisti e leader mondiali sia in estate che nel cuore dell’inverno; fu la fortuna di Rovaniemi. Molte autorità politiche hanno visitato nel tempo il villaggio di Babbo Natale, come i Presidenti degli Stati Uniti Lyndon B. Johnson, della Jugoslavia Tito, della Russia Leonid Breznev, Re Carlo Gustavo di Svezia, lo Scià di Persia, Aldo Moro, Golda Meir.
In realtà secondo il mito finnico, il villaggio di Santa Claus non è a Rovamieni ma più a Nord, a Korvatunturi, che in finlandese significa “montagna dell’orecchio”. Il nome deriva dalla posizione del villaggio nell’omonima montagna alta 486 metri, che ha una forma ad orecchio di lepre, con il quale, secondo la leggenda, Babbo Natale ascolta i desideri di tutti i bambini del mondo. Ma Korvantunturi non era adatta al turismo, e così negli anni Novanta, attorno alla baita di Eleanor Roosevelt, fu costruito a Rovaniemi, un piccolo villaggio fatto di casette di legno che diventò la città ufficiale di Babbo Natale nel 2010, oltre che la sua residenza commerciale. Da allora più di 300.000 visitatori arrivano ogni anno al Santa Claus Village, anche d’estate. L’ufficio postale è autentico e funzionante e ha uno speciale timbro; è gestito dal servizio postale nazionale della Finlandia e vi arrivano lettere da tutto il mondo.
Immagine di apertura: lo chalet dedicato a Eleanor Roosevelt a Rovaniemi nella Lapponia finlandese. Risale al 1950 (fonte: Santaclausvillage)