Firenze 19 Dicembre 2020

Resilienza è una parola molto in voga da qualche anno, soprattutto da quando il Presidente degli Stati Uniti Barack Obama, riferendosi alle difficoltà economiche del momento, rilanciò il termine invitando gli americani ad essere resilienti.

Fu Barack Obama nel corso della sua Presidenza ad invitare gli americani alla resilienza per far fronte alla difficile congiuntura economica (foto di Mike Brice)

In realtà ha origini remote, deriva dal latino resilire e ha il significato di saltare indietro, rimbalzare, riassumendo una quantità di doti che ne sono i presupposti: elasticità, flessibilità, duttilità, solidità, resistenza, durevolezza, reattività. Di che cosa significhi la resilienza abbiamo avuto esempi fra i sopravvissuti ai campi di concentramento, ai bombardamenti, alle guerre, alle torture. Ma esiste anche una resilienza come fenomeno collettivo: basta pensare alla resistenza degli abitanti di Leningrado, oggi San Pietroburgo, all’assedio dei nazisti dal settembre 1941 al gennaio 1944, ben 900 giorni o, in tempi più recenti, all’alluvione del 1966 a Firenze, città che pur profondamente ferita, seppe rialzarsi in breve tempo. La Psicogeriatria, la branca della Geriatria che mette al centro della sua attenzione gli aspetti psichici dell’invecchiamento, si è occupata della resilienza, definendola un modello di adattamento positivo alle avversità e alle inevitabili perdite (di ruolo sociale, economiche, fisiche) che il passare degli anni comporta; un processo dinamico e continuo in cui l’individuo mette in atto comportamenti adeguati alle richieste ambientali, assicurando a se stesso soddisfazione ed equilibrio emotivo.

Firenze 1966: l’Arno invase la città. Qui una foto di Piazza Duomo in quel tragico momento. Ma la popolazione seppe risollevarsi in pochi mesi; un bell’esempio di resilienza collettiva

Avversità che da qualche mese purtroppo conosciamo molto bene e che si identificano con la pandemia da Covid 19. Per proteggerci dal contagio, dobbiamo prendere certe precauzioni: distanziamento sociale, mascherina, lavaggio frequente delle mani. Ma le regole che impediscono la diffusione del virus, interferendo con abitudini consolidate, possono avere un effetto destabilizzante soprattutto sulle persone più anziane. Limitare o precludere la possibilità di movimento fuori dall’ambiente domestico rischia di compromettere un equilibrio circolatorio già precario se già esistono dei problemi, o, nei diabetici, pregiudicare lo stato di compenso metabolico. Sotto il profilo mentale, inoltre, interrompere o limitare al proprio nucleo familiare incontri e relazioni, rischia di privare i soggetti più anziani di stimoli e motivazioni cui erano abituati per mantenere la voglia di vivere (la passeggiata, l’incontro al bar con amici o amiche) favorendo così la comparsa di depressione e accelerando il deterioramento mentale.
Nella situazione in cui ci troviamo oggi, visto che le limitazioni vanno rispettate, essere resilienti vuol dire evitare la noia e l’apatia, ricorrere alla lettura anche di libri a noi già noti, ma che ci hanno appassionato, mettere ordine nei propri cassetti, cercare compagnia in programmi televisivi anche di interesse storico, ascoltare musica (fa sempre bene), e, perché no, evitare di rimanere a lungo seduti, muovendoci spesso anche negli spazi ristretti del nostro appartamento e, se possibile, facendo più volte il giro di casa. Non dimentichiamo che in ognuno di noi esistono, in misura diversa, caratteristiche di personalità che possono favorire la resilienza quali l’estroversione, l’ottimismo, la disponibilità, la consapevolezza, la flessibilità, l’apertura mentale al cambiamento. Caratteristiche che troviamo con maggior frequenza nei soggetti longevi e questo qualcosa ci insegna; è uno stimolo a potenziare questi tratti di personalità. Sebbene siano trascorsi più di settant’anni da quando l’Organizzazione Mondiale della Sanità (1948), dichiarò che la salute doveva essere considerata non soltanto “l’assenza della malattia”, ma molto di più, gli studi in campo geriatrico per molto tempo sono rimasti ancora concentrati soltanto sulla malattia. Ma in questi ultimi anni qualcosa è cambiato: è comparso anche fra gli addetti ai lavori, come abbiamo detto, l’interesse per la resilienza. E questo ha favorito gli studi rivolti al benessere e alla prevenzione; scoprire le strategie di adattamento più efficaci per gli anziani, in modo da poter stare loro accanto nel modo più appropriato per migliorare la qualità della loro vita e preservarne l’indipendenza il più a lungo possibile.
Alla fine, l’atteggiamento mentale da mantenere per tutta la vita è credere che tutto è possibile e che le circostanze sfortunate rappresentano per noi una sfida e una occasione per crescere nella nostra umanità; vincitori, e non vittime. È questo l’essere resilienti di cui abbiamo appena dato un’idea.

Immagine di apertura: foto di Wokandapix

Nato a Reggio Calabria, fiorentino di adozione, neuropsichiatra e geriatra. Laureato in Medicina presso l'università di Messina, dopo l’esperienza di medico condotto in Aspromonte, si è trasferito a Firenze presso l’Istituto di Gerontologia e Geriatria diretto dal professor Francesco Maria Antonini. Specializzato in Gerontologia e Geriatria, Malattie Nervose e Mentali, presso l'Ospedale I Fraticini di Firenze si è occupato del settore psicogeriatrico. È stato docente di psicogeriatria all'Università di Firenze. Ha collaborato al "Corriere della Sera" con una rubrica dedicata alla Geriatria.

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