Firenze 27 Settembre 2023

Chi ha detto che gli anziani perdono la memoria? Uno studio recente pubblicato dalla rivista Lancet Healthy Longevity rivela che certi soggetti ottantenni hanno la stessa memoria pronta e brillante di quando avevano trent’anni di meno. In sostanza, l’idea sostenuta in passato che in età avanzata la memoria diminuisca inesorabilmente, dato considerato fisiologico, non trova conferma negli studi più recenti.
Certamente è un dato sorprendente e rivoluzionario che mette in discussione molti concetti dello stesso processo di invecchiamento. I soggetti studiati nella ricerca appena pubblicata dal Laboratorio di Neuroscienze dell’università di Madrid in collaborazione con con le Divisioni di Neurologia e di Psichiatria dell’ospedale universitario di Jena in Germania, avevano in media 81 anni, 38 donne e 26 uomini, e grazie ad una serie di test sono stati selezionati come “anziani super”, dotati della stessa memoria degli anni più verdi senza mostrare alcun declino. Come spiegare questa straordinaria capacità di ricordare?

Gli anziani con una memoria prodigiosa per la loro età selezionati nello studio spagnolo avevano l’abitudine di fare le scale e di farle velocemente (foto di mghuntoon)

La Risonanza Magnetica, esame strumentale di largo impiego nella pratica clinica per lo studio del cervello, ha evidenziato che in queste persone la cosiddetta materia grigia, che si distingue dalla sostanza bianca per una maggiore densità di cellule nervose, è più rappresentata nelle regioni da cui dipende la funzione della memoria. In questo gruppo è stata notata, inoltre, una minore incidenza di ansia e depressione. Sembra entrarci poco, al contrario, la vita di coppia, visto che la maggior parte degli anziani superdotati di memoria erano divorziati o vedovi. Il dato più importante rilevato è quello della attività motoria cui si dedicano queste persone, dal camminare tutti i giorni, o correre se non ci sono impedimenti, o nuotare, o dedicarsi al giardinaggio o salire rapidamente le scale. La rapidità nell’esecuzione dei movimenti sembra essere un fattore importante cui è legato il mantenimento di una memoria da ventenni. I soggetti studiati, in aggiunta alla memoria eccezionale, hanno movimenti più rapidi, sono più agili, hanno un migliore equilibrio a confronto con soggetti di pari età.
Esiste un collegamento tra attività fisica e memoria? Evidentemente sì. La risposta affermativa è confermata dalle ricerche di Gerard Karsenty, genetista della Columbia University di New York, con la scoperta che anche l’osso è un organo endocrino che rilascia un ormone chiamato osteocalcina. Come per gli altri ormoni, l’osteocalcina agisce su molti organi del corpo e arriva anche al cervello, dove promuove la memoria spaziale e l’apprendimento, influenzando la produzione di serotonina, dopamina e altri neurotrasmettitori.

Molti studi stanno dimostrando che un’attività fisica costante facilita il mantenimento della memoria in tarda età

La prova sperimentale dell’importanza del movimento, che mantenendo la massa ossea e quindi la produzione di osteocalcina si è avuta con il lavoro sui topi di Karsenty ed Eric R.Kandel, premio Nobel e autorevole neuroscienziato. Questi risultati possono fornire una spiegazione degli effetti benefici dell’esercizio fisico anche sul cervello umano che sta invecchiando. Come viene sottolineato dallo stesso Kandel: «l’arcinoto motto romano di una mens sana in corpore sano sembra ora avere una base scientifica». La correlazione costante tra esercizio fisico vigoroso e permanenza di una memoria da ventenni suggerisce così un rapporto di causa ed effetto. D’altro canto già da anni, il cervello non è più considerato un organo immutabile nella sua struttura, con un patrimonio cellulare destinato ad una inesorabile diminuzione fino alla vecchiaia. Si è scoperta la neurogenesi, la proliferazione, cioè, di nuove cellule nervose anche in età adulta e soprattutto l’aumento dei collegamenti tra più cellule tra di loro (sinapsi) con continuo potenziamento delle diverse funzioni controllate dal cervello. È la plasticità cerebrale che permette l’adattamento dell’individuo a condizioni ambientali e  soggettive in continuo cambiamento. Quindi il cervello non più un organo in “splendido isolamento” ma strettamente legato alle influenze ambientali, quindi ai comportamenti dell’individuo. Potremmo tutti avviarci ad essere anziani super? La risposta affermativa non è espressione di una speranza, ha il sostegno di scoperte sempre più numerose.

Il movimento migliora l’ossigenazione del cervello e facilita la concentrazione (foto di Cottonbro Studio)

Qual è il meccanismo che fa del movimento un elemento fondamentale alla funzione della memoria? Il movimento migliora l’attenzione e la concentrazione favorendo così la registrazione dell’informazione e il successivo richiamo alla coscienza. Favorisce il flusso di sangue, quindi l’ossigenazione delle zone cerebrali da cui dipende la memoria. Aumenta i neurotrasmettitori necessari al mantenimento dell’interesse e del coinvolgimento emotivo necessari all’immagazzinamento dell’informazione. Una attività motoria costante agisce anche in età avanzata, riducendo ansia e depressione, restituendo alla persona gioia di vivere ed energia.
Cicerone ha detto: «la memoria, se non si esercita, diminuisce» (memoria minuitor nisi eam exerceas, De Senectute, VII, 21). Però la cosa più curiosa emersa da questo studio è che un alto tasso di scolarità o l’aver svolto professioni intellettuali non sembrano fattori rilevanti nello spiegare il fenomeno degli ottantenni con la supermemoria. Ma il dato ha bisogno di ulteriori conferme.

Nato a Reggio Calabria, fiorentino di adozione, neuropsichiatra e geriatra. Laureato in Medicina presso l'università di Messina, dopo l’esperienza di medico condotto in Aspromonte, si è trasferito a Firenze presso l’Istituto di Gerontologia e Geriatria diretto dal professor Francesco Maria Antonini. Specializzato in Gerontologia e Geriatria, Malattie Nervose e Mentali, presso l'Ospedale I Fraticini di Firenze si è occupato del settore psicogeriatrico. È stato docente di psicogeriatria all'Università di Firenze. Ha collaborato al "Corriere della Sera" con una rubrica dedicata alla Geriatria.

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