Milano 27 giugno 2025
Altera, elegante in un bel tailleur di lana, la gonna abbottonata lateralmente e lunga fino alla caviglia, un grande cappello e un’enorme stola di pelliccia di volpe: Adelasia Cocco ha poco più di 35 anni nella fotografia che la ritrae accanto al marito, Giovannico Floris, anche lui impettito e austero nel suo lungo cappotto scuro, sotto il cappello di feltro stile Borsalino.

Ma c’è un dettaglio insolito e significativo nella posa di una coppia dell’inizio degli anni Venti: nonostante sia un po’ più bassa del consorte, Adelasia circonda protettivamente con un braccio le spalle del marito, come rivela la mano che fa capolino dietro la nuca dell’uomo. Lui, impassibile, le cinge la vita.Nessuno, meglio del dottor Floris, veterinario, sa quanto possa essere salda, combattiva, pervicace e accudente la donna che ha sposato, la prima donna medico condotto d’Italia nel 1914. Adelasia dimostra la sua tempra proprio ai tempi di quella foto quando, con un suo certificato medico, scagiona la maestra, Angela Maccioni, “rea” di aver disertato i festeggiamenti per il primo anniversario della Marcia su Roma.
Da almeno un anno il regime sospetta di antifascismo l’insegnante che, attesta invece Adelasia, «a causa delle sue condizioni di salute non poteva partecipare a cerimonie emotive». La diagnosi suona come uno sberleffo e le autorità cercano di demolirla come “compiacente”, ma il medico provinciale, l’unico che potrebbe confutarla, dichiara di non avere «nulla da eccepire». Una bella vittoria per la prima medico condotto.

È vero: Adelasia Cocco ha tagliato quel traguardo anche grazie al marito. O meglio, grazie allo stato civile – coniugata – acquisito due anni prima di lasciare la casa paterna a Nuoro e iscriversi, ventiduenne, alla facoltà di Medicina di Pisa per l’anno accademico 1907/1908: «Un vertiginoso salto tra due mondi, tra arcaicità e modernità, una distanza che non si misurava solo sul numero di miglia (186) che separavano Porto Torres da Livorno e Golfo Aranci/Terranova da Civitavecchia» scrive Eugenia Tognotti, professore ordinario di Storia della Medicina e Scienze Umane all’università di Sassari, nell’introduzione alla sua biografia dell’avventurosa dottoressa sarda Del coraggio e della passione (Franco Angeli editore).

Ai blocchi di partenza, Adelasia ha avuto qualche vantaggio rispetto alle ragazze della sua generazione. È nata nel 1885 in una famiglia di idee progressiste: il padre, Salvatore Cocco Solinas, è cancelliere di tribunale, appassionato di letteratura e storia medioevale; la madre, Celestina Sassu, un’insegnante. I genitori sono amici della scrittrice, e Premio Nobel, Grazia Deledda: un esempio di emancipazione dalle logiche patriarcali del XIX secolo. La famiglia incoraggia Adelasia a proseguire gli studi universitari. Tre anni a Pisa, poi il biennio di specializzazione medico-chirurgica a Sassari dove, nel 1911, è l’iscritta numero 1. La prima e unica donna sui banchi di quel corso nei trecentocinquant’anni di attività dell’ateneo.
Con Giovanni accanto, Adelasia ha iniziato il suo viaggio nel segno di Ippocrate. E non intende accontentarsi dei ruoli destinati alle poche donne in camice bianco, in pediatria o ginecologia: il suo obiettivo è la responsabilità di una condotta medica. Un’ambizione quasi surreale per l’epoca. E per una donna già mamma di una bimba, Vera.
Ci vorrebbe ben altro per convincerla a desistere. Non ci riescono i funzionari comunali di Nuoro, ai quali la “medichessa” presenta la propria candidatura, forte del fatto che non esiste un divieto esplicito all’arruolamento femminile tra i dodicimila medici condotti, tutti uomini, attivi nel 1914 in Italia. Non ci riesce il prefetto di Sassari, che giudica la richiesta “irriverente e spudorata”, ma che si trova alle prese con un problema non meno grave: l’omicidio di uno dei tre medici condotti in servizio, Andrea Romagna, caduto in un agguato sulla strada di Lollove, una frazione di Nuoro. Nessun collega (maschio) si è offerto di sostituirlo e la Grande Guerra è alle porte: molti uomini dovranno partire.

All’aspirante sostituta viene dunque assegnato il popolare rione di Seuna e la stessa frazione di Lollove, un borgo di pastori e contadini a una quindicina di chilometri da Nuoro. Per raggiungere i pazienti sparsi, Adelasia si sposta a cavallo, come il suo predecessore, attraversando zone poco sicure a tutte le ore del giorno e della notte. Anche gli uomini più riluttanti a farsi curare da una donna finiscono per apprezzarla e stimarla.
La popolarità di Adelasia aumenta quando diventa anche la prima donna della Sardegna a ottenere la patente: «Nel 1920 una cronaca locale ce la rappresenta alla guida di un’automobile a quattro posti, Hupmobile, della casa automobilistica di Detroit, la Hupp Motor Car Company» racconta Eugenia Tognotti.
Ad Adelasia spetta l’onore di aprire il corteo delle autorità civili e militari. Ma questo non significa che la sua carriera sia ormai spianata. O la sua vita, al riparo da dolorosi colpi di scena. La sospirata promozione a ufficiale sanitario di Nuoro arriva quasi contemporaneamente alla sua sconfitta più grande: la morte dell’ultimogenito Giovanni, di appena cinque anni, colpito dalla scarlattina, che quell’anno, il 1927, si porta via, nella sola provincia di Nuoro, altri 83 bambini.

La tragedia non le toglierà la forza di battersi con esposti e ricorsi, per oltre tre anni, per ottenere il posto che merita in base agli esiti del concorso: direttore del laboratorio di igiene e profilassi. Era inconcepibile per i gerarchi del tempo che una donna, anche la meglio preparata, pretendesse la guida di un centro nevralgico della Sanità, invece di occuparsi della famiglia e della sua casa. Più che inconcepibile, inevitabile: quando Adelasia morirà a quasi 98 anni, nel 1983, pochi la ricorderanno come una pioniera, ma all’Università di Sassari le donne saranno oltre il 50 per cento degli iscritti a Medicina.
Immagine di apertura: Adelaisa Cocco negli anni Venti con il marito Giovannico Floris (fonte: Del coraggio e della passione, di Eugenia Tognotti, FrancoAngeli Editore)