Milano 23 giugno 2021
Il Bitcoin, la prima e di gran lunga la più conosciuta moneta virtuale, continua a far parlare di sé. E a creare un solco profondo tra chi la sostiene e chi la demonizza. Poco più di una settimana fa hanno fatto scalpore le dichiarazioni del presidente della Consob, l’economista Paolo Savona, che non solo ha definito le criptovalute “un investimento sul nulla” ma addirittura ha detto che dovrebbero essere considerate illegali, perché “battere moneta” è una prerogativa degli Stati sovrani. Parole forti, da parte di chi ha il compito di difendere il mercato finanziario e i risparmiatori. Uno dei compiti della Consob è quello di combattere la diffusione di notizie false allo scopo di far salire o scendere le quotazioni dei titoli azionari. Ebbene, non di rado i supporter del Bitcoin (che non è un titolo azionario) hanno magnificato la sua capacità di creare ricchezza con argomenti tali da sfiorare l’aggiotaggio. Insomma, si può dire che il professor Savona non ha fatto altro che il suo mestiere: quello di mettere in guardia dal miraggio dei facili guadagni.
Quasi negli stessi giorni, però, sui giornali è uscita una notizia che in qualche modo potrebbe togliere il Bitcoin da quell’area di illegalità di cui ha parlato il presidente Consob. El Salvador, piccola repubblica sudamericana con soli 6 milioni e mezzo di abitanti (meno della Lombardia, che ne ha poco più di 10) ha deciso di riconoscere al Bitcoin qualcosa di simile al “corso legale”. É la prima volta che uno Stato consente ai suoi cittadini di pagare le tasse e al limite di fare la spesa al supermercato pagando con i Bitcoin (ovviamente dopo esserseli procurati acquistandoli in rete). Molti dettagli della legge proposta dal quarantenne presidente Bukele Ortez e approvata dal Parlamento, debbono ancora essere chiariti.

Ma la curiosità è tutta su come l’adozione della moneta virtuale sarà accolta dai cittadini del piccolo Stato, tenuto conto che attualmente in Salvador esiste una moneta legale, il colòn, che nessuno usa, preferendo il dollaro statunitense. Non solo: il 22% del Pil (circa 6 miliardi di dollari) del Paese deriva dalle rimesse dei cittadini salvadoregni che lavorano all’estero. Sembra che la possibilità di usare la criptomoneta, nelle intenzioni del governo, sia rivolta proprio a loro, per evitare che parte di questo flusso di denaro venga persa per pagare gli intermediari. Un altro vantaggio del Bitcoin, sempre secondo le autorità salvadoregne, sarebbe quello di far emergere, attraverso la tracciabilità, il cosiddetto “nero”, dal momento che nel Paese, per ammissione delle stesse autorità, “il 70% della popolazione non ha un conto in banca e lavora nell’economia sommersa”.

Spesso, tuttavia, dalla teoria alla pratica esiste un abisso di imprevisti. Come si fa a chiedere ai cittadini di accettare una valuta soggetta a repentine e forti fluttuazioni? L’unico incentivo annunciato è l’esenzione dall’imposta sulle plusvalenze. Ma anche in questo caso la contraddizione è evidente. Ad acquistare Bitcoin sono coloro che vogliono speculare sull’aumento di valore della moneta virtuale nei prossimi mesi o anni, con la promessa che non dovranno pagare alcuna tassa. É possibile dunque che le stesse persone non siano affatto interessate a utilizzarla per le spese quotidiane o per pagare le tasse. Piuttosto tenderanno a tesaurizzarla, nella speranza che il suo valore si incrementi continuamente. In questo modo però gli obiettivi del governo risulterebbero vanificati. Molti osservatori, anche autorevoli, sarebbero propensi ad accettare l’utilizzo delle criptovalute private in parallelo con quelle tradizionali, creando di fatto un sistema di concorrenza tale da portare benefici ai consumatori. Altri ritengono che un simile meccanismo non sia in realtà praticabile. Tutti però sono incuriositi da come si evolverà l’esperimento salvadoregno. Per capire se l’iniziativa delle autorità del Paese sudamericano abbia una base solida, vale a dire la creazione di uno strumento in più a disposizione dei cittadini da utilizzare come mezzo di pagamento, oppure se si tratta soltanto di uno dei tanti tentativi di promuovere la catena virtuale degli scambi online, coinvolgendo il denaro dei risparmiatori con il miraggio di guadagni facili. In pratica nulla più che uno spot per il Bitcoin. Bukele Ortez come Elon Musk?
Immagine di apertura: foto di 3D Animation Production Company