Il primo a usare la definizione è stato l’economista americano Paul McCulley nel settembre 2007 durante il meeting dei banchieri centrali mondiali che si tiene ogni anno a Jackson Hole (stato del Wyoming, Usa). Per shadow banking, come lo ha appunto chiamato McCulley, s’intende, alla lettera, sistema bancario ombra. In pratica tutto quanto attiene all’attività creditizia – in particolare la raccolta del risparmio da indirizzare alle imprese e ai privati – che non passa attraverso il canale bancario tradizionale.
Le nuove forme di intermediazione finanziaria sono nate dalla segmentazione della normale attività bancaria, che ha fatto nascere nuove forme di utilizzo del denaro accantonato dai cittadini risparmiatori. In Italia sono state usate anche altre terminologie, come “parabancario” o “finanza alternativa”, generando spesso qualche equivoco. In realtà il concetto di shadow banking non deve essere inteso in senso negativo. Semplicemente è un modo come un altro per definire quel complesso di pratiche finanziarie che non passano direttamente dalle banche.
Ma quali sono, in concreto, queste pratiche? L’elenco, complici i tanti esempi di “finanza creativa” che sono stati realizzati nel frattempo, è oggi molto lungo. E comprende attività perfettamente lecite (e, perché no, utili alle aziende, come alternativa al semplice indebitamento bancario) accanto ad altre che, pur essendo del tutto legittime, sono particolarmente rischiose. E ad altre ancora che possono nascondere, oltre a un’alta componente di rischio, anche aspetti fraudolenti.
Insomma, la categoria dello shadow banking è molto vasta. Si va dalle piccole pratiche quotidiane come un acquisto a rate o la sottoscrizione di un fondo d’investimento fino ai cosiddetti strumenti finanziari a leva, genericamente noti come “derivati”. Certo, la terminologia richiama subito qualcosa di misterioso, se non di pericoloso. E quando si parla del risparmio dei cittadini anche le sfumature linguistiche creano allarme. Vediamo allora di individuare quali sono le attività davvero rischiose e quelle che, al contrario (e sono la maggioranza), non presentano pericoli. Tenendo conto in ogni caso che non c’è nulla di assolutamente sicuro. A cominciare dalle stesse banche che, pur sottoposte a una vigilanza costante, qualche volta hanno violato le regole, come dimostrano i recenti crack e i successivi salvataggi che hanno però lasciato tante vittime tra i risparmiatori oltre a pesare sui conti pubblici. Ma ecco qualche esempio di attività finanziarie alternative.
Leasing e factoring. Si tratta di operazioni ormai entrate nell’uso comune, nella gran parte dei casi proposte ed effettuate dalle stesse banche attraverso società specializzate. Nel primo caso (locazione finanziaria) sono previste garanzie stringenti; nel secondo (la cessione di crediti a fronte di una serie di servizi) esiste una regolamentazione ormai consolidata.
Finanziamenti per l’acquisto dell’auto. Anche in questo caso nessun problema: a prestare i soldi sono quasi sempre società controllate dalle stesse aziende costruttrici, che spesso hanno la qualifica di banche e forniscono servizi finanziari a tutto campo (Fca Bank, Volkswagen Financial Services, Psa Banca, Ucg Bank-General Motors, tanto per citare alcune delle più note). In Italia sono sottoposte alla vigilanza della Banca d’Italia.
Fondi comuni d’investimento. Sono strumenti di gestione del risparmio, in gran parte collegati a banche. In ogni caso sono sottoposti a controlli e vigilanza, anche da parte della Consob. La loro caratteristica è la netta distinzione tra il patrimonio comune (che appartiene ai sottoscrittori) e quello di chi esercita la gestione.
Hedge funds. Si chiamano così i fondi speculativi, che hanno la massima libertà d’azione di intervento sui mercati (per esempio possono operare allo scoperto) ma sono soggetti a regolamentazione anche in Italia. Lo strumento è adatto soltanto agli investitori con elevate capacità finanziarie e alta propensione al rischio.
Società finanziarie. Se non sono emanazione di istituti bancari è bene usare qualche cautela. Soprattutto se trattano strumenti finanziari “a leva”, ad altissimo rischio.
Crowdfunding. E’ una pratica di microfinanziamento rivolta a progetti specifici, anche non economici. In questo caso non si può generalizzare, ma è bene valutare le singole iniziative, verificando se sono conformi alla legge e iscritte all’apposito registro presso la Consob. Un’attenzione particolare va riservata alle raccolte fondi tramite portali on-line.
Immagine di apertura: foto di The Digital Way