Firenze 27 Febbraio 2024
Perché è più frequente nell’anziano la frattura del femore? Soltanto perché è meno stabile e quindi cade più facilmente? Perché in età avanzata si va incontro a perdita di acqua e quindi a disidratazione? Perché aumenta il rischio di broncopolmonite? Perché ad una certa età arriva l’insonnia? E la pigrizia dell’intestino? E le difficoltà di memoria per gli eventi recenti o per i nomi propri? E la difficoltà a mantenere l’attenzione su un oggetto o un evento? Perché da vecchi ci si affatica di più dopo una passeggiata impegnativa e più lento è il recupero delle energie? La lista dei perché sarebbe molto più lunga se fosse nostra intenzione descrivere ogni differenza tra soggetti giovani ed anziani. Lo scopo non è quello di cogliere le differenze ma di approfondirne la natura, per poter intervenire, laddove possibile, prima di accettarle come assioma.

Una risposta aggiornata ai nostri quesiti deve tener conto di un evento fondamentale, una vera e propria rivoluzione che risale a mezzo secolo fa. L’aumento della popolazione anziana imponeva uno studio più rigoroso dell’invecchiamento e metodi di cura delle malattie dell’anziano basati sui risultati della ricerca scientifica. Presso le facoltà di Medicina nascevano le cattedre di Gerontologia e Geriatria, discipline che, negli anni, hanno portato spesso a nuove conoscenze permettendo di superare stereotipi e pregiudizi sugli anziani. Un primo passo, di estrema importanza nel trattamento delle condizioni invalidanti cui andava incontro il paziente colpito da ictus con conseguente lesione cerebrale, è stato l’introduzione della fisioterapia. Si realizzava il recupero funzionale, spesso fino all’ autonomia del paziente. Le spiegazioni dei risultati ottenuti, pur valorizzando la stimolazione ambientale, non permetteva la comprensione dei meccanismi cerebrali sottostanti. Ma la rivoluzione che ha segnato un’epoca, iniziata più di mezzo secolo fa, di tale importanza da poterla definire “copernicana”, è avvenuta nel campo delle Neuroscienze, lo studio del cervello. Molti concetti sono stati ribaltati come quello delle cellule cerebrali, i neuroni, considerati elementi perenni, in numero fisso alla nascita, destinati ad una continua perdita lungo il percorso della vita. Si è scoperta la “neurogenesi”, la produzione di nuovi neuroni anche in età adulta e, altrettanto importante, la continua formazione di nuovi collegamenti tra i neuroni, cioè di sinapsi, la base delle varie funzioni cerebrali. Tutto questo senza limitazioni di età, anche nell’anziano.
Condizione indispensabile perché questo avvenga sono gli stimoli che si ricevono dall’ambiente. La situazione in cui spesso viene a trovarsi la persona anziana è quella di un ridotto impegno delle strutture cerebrali legate a funzioni quali la motivazione e la partecipazione emotiva indispensabili alla memoria e all’apprendimento.

ll pensionamento che può favorire la tendenza all’isolamento, talvolta i pregiudizi negativi che la persona non più giovane interiorizza evitando o limitando i rapporti sociali, tutto converge verso un ridotta stimolazione cerebrale che, se perdura, può dare inizio ad una serie di perdite fino alla compromissione della memoria e dell’apprendimento. Il rischio di entrare nel vortice dei giudizi negativi da parte di un ambiente propenso a etichette diagnostiche nei riguardi dell’anziano, è sempre in agguato. La maggior parte degli interrogativi che ci siamo posti all’inizio trova risposta in quanto abbiamo esposto in termini di partecipazione all’ambiente, con vantaggi non soltanto per le funzioni controllate dal cervello, ma per ogni altro organo. Per esempio, mantenere l’attività fisica da anziani contribuisce alla stabilità, riduce il rischio di cadute, mantiene la massa ossea, allontana l’osteoporosi. Così una alimentazione contenuta nell’apporto calorico evitando l’aumento di peso, secondo gli schemi della dieta mediterranea, ricca di cereali integrali, legumi, pesce azzurro (alici, sgombro),verdure, contribuisce a mantenere una figura agile in età avanzata e a prevenire il diabete e i disturbi circolatori.

A tutte le età, anche da vecchi è utile tenere presente il concetto dell’omeostasi come tendenza naturale di tutti i sistemi (circolatorio, metabolico, ormonale, respiratorio, cerebrale, psicologico) al raggiungimento di un relativo equilibrio sia delle proprietà chimico-fisiche interne sia comportamentali, comuni ad ogni essere vivente. È un meccanismo di autoregolazione che nell’invecchiare può diventare meno efficiente, soprattutto se non vengono osservate le strategie di prevenzione più volte riferite come stili di vita. Sul piano psichico l’omeostasi viene assicurata dalla capacità di adattamento che si struttura nel tempo come aspetto di personalità, proprietà che mantiene stabilità ed equilibrio psicologico. Le sfide che è chiamato ad affrontare chi ha il privilegio di invecchiare in un ambiente che spesso non ama gli anziani, sono la perdita dei propri cari, degli amici, spesso delle possibilità economiche, dalla solitudine. La realtà della nostra morte, come pensiero anticipatorio, impegna al massimo la nostra capacità di adattamento.
Potremmo concludere che anche da vecchi le sfide da affrontare sono sempre molto impegnative! Ecco che la differenza tra giovani e vecchi è sempre più sfumata.
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Grazie Caro Dottore
Ci vorrebbero dei centri culturali e sociali per poter concretizzare questi buoni propositi
E magari alla portata economica di noi pensionati.
Io da sola cerco di fare il possibile. Vado in biblioteca e mi giro di qua e di là per cercare qualcosa da fare . La ringrazio. Cordiali saluti