Milano 26 Marzo 2025

La denominazione in lingua inglese sembra fatta apposta per attirare l’accusa di provincia-lismo. Il termine golden power, infatti, che da noi indica la facoltà del governo di intervenire (e spesso bloccare) le mosse di soggetti stranieri volte a conquistare il controllo di società nazionali, si usa soltanto in Italia. Nel resto del mondo si parla più correttamente di foreign investment control. Ma al di là delle definizioni, che cosa si intende in concreto? E in quali casi dovrebbe scattare l’intervento governativo? In teoria soltanto quando si tratta di tutelare società italiane ritenute strategiche. Spesso però i poteri speciali sono stati evocati con molta disinvoltura.

La torre di Unicredit a Milano

L’episodio più recente (l’offerta presentata da Unicredit per l’acquisto di Banco Bpm) rappresenta, per esempio, un caso limite. Per due motivi. Il primo perché la “strategicità” del comparto bancario è controversa. Il secondo perché Unicredit è considerata una banca italiana, sia per le sue origini (nasce dall’ex Credito italiano, una delle cosiddette tre Bin, banche di interesse nazionale, insieme a Comit e Banco di Roma) sia per il suo radicamento sul territorio nazionale, nonostante nel suo capitale siano presenti investitori istituzionali stranieri. L’operazione, in effetti, è stata presentata come il tentativo di far nascere un “campione europeo” del credito, in competizione con i grandi istituti bancari statunitensi come Morgan Stanley, Citigroup, Bank of America e JP Morgan. Diverso è il caso della recente cessione di Piaggio Aerospace, operante nell’aerospazio e nella Difesa, a una società turca leader nei droni per uso militare. La procedura governativa è scattata regolarmente, anche se con un po’ di ritardo, e dovrebbe concludersi entro marzo. La gestione del golden power si presta effettivamente ad interpretazioni contrastanti. Eppure in questo caso non dovrebbero esserci dubbi. Il comparto aerospaziale è tradizionalmente considerato strategico, insieme con l’industria chimica, con quelle della moda,  del design e dell’arredo, della tecnologia agro-alimentare, della logistica-infrastrutture e della cosiddetta Ict (Information and communication technologies, vale a dire computer e sistemi integrati di telecomunicazione).

Il logo di Piaggio Aerospace

Certo, in via del tutto teorica non è infondato il sospetto che i poteri di veto del governo possano essere utilizzati in modo discrezionale, a seconda dell’orientamento politico dell’esecutivo di turno. È indubbio, però, che lo strumento sia non solo utile, ma indispensabile, affinché aziende strategiche italiane non finiscano sotto il controllo straniero. D’altra parte un suo uso indiscriminato potrebbe finire per scoraggiare gli investitori esteri, che già debbono fare i conti con altre difficoltà di tipo operativo, a partire dall’eccessiva burocratizzazione del cosiddetto “sistema Italia”. Per evitare questo rischio è necessario che la “difesa dell’italianità” sia accompagnata da politiche industriali chiare e concrete, in grado di rafforzare il tessuto produttivo nazionale. Inoltre esiste il rischio di violare la normativa europea sulla libera circolazione dei capitali all’interno dell’Unione.
Le imprese, in ogni caso, da quando è in vigore la normativa sono state indotte a informare in via precauzionale le autorità governative di tutte le operazioni commerciali o finanziarie che avrebbero potuto far emergere qualche dubbio.

Una sola volta nel corso del 2022 è scattato il potere di veto del governo a carico di una società, la Robox spa, che produce robot (foto: Istituto Bruno Leoni)

Negli ultimi anni si è così assistito a una vera e propria escalation di notifiche. Dalle 608 segnalazioni registrate nel 2022 si è passati alle 727 del 2023 (i dati relativi al 2024 non sono ancora disponibili), partendo però dai più modesti numeri degli anni precedenti (83 nel 2019, 342 nel 2020 e 496 nel 2021). Più della metà delle operazioni segnalate, tuttavia, sono poi risultate non rientranti nell’ambito di applicazione della normativa. E soltanto una volta, nel corso di tutto l’anno 2022, è scattato il potere di veto da parte del governo. Il caso in questione ha riguardato la concessione in licenza dei codici relativi alla produzione di robot e macchine automatizzate che una società italiana, la Robox spa, aveva ceduto alla cinese Efort Intelligent Equipment Ltd., che di conseguenza è stata annullata. In precedenza i “poteri speciali” erano stati utilizzati per bloccare l’acquisto da parte del gruppo francese Safran di Microtecnica, filiale italiana della società tecnologica americana Collins Aerospace. Il gruppo transalpino ha subito ritirato l’offerta. Il caso che ha fatto più rumore è stato però quello del gruppo Pirelli, che nel giugno 2023 ha dovuto rinunciare al patto parasociale con China National Tire and Rubber Corporation sulla governance di una sua controllata, la finanziaria Pirelli & C.

Il quartier generale di Pirelli a Milano

Il governo italiano ha infine bloccato l’acquisto da parte della società Agc Biologics Italy di azioni ordinarie di MolMed spa e quello del controllo esclusivo di Banca Depositaria Italiana da parte di Banca Farmafactoring, finalizzato alla fusione per incorporazione nella stessa Banca Farmafactoring.
La regolamentazione attuale è stata introdotta nel 2012 con il decreto-legge n. 21 che per la prima volta ha utilizzato la terminologia golden power. Prima di questa data esisteva un’altra formula, che è stata in questo modo superata. Si trattava della golden share, letteralmente azione d’oro, cioè privilegiata. In pratica lo Stato poteva, tramite l’acquisto anche di una sola azione, dotata però di poteri straordinari, intervenire nella gestione di una società e in particolare nella strategia internazionale della stessa. Qualora, dunque, gli amministratori avessero deciso di aprire il capitale a un soggetto straniero o di stipulare alleanze strategiche con società non italiane, il governo avrebbe potuto bloccare l’operazione, esercitando il potere di veto. Ora questa procedura – che abbiamo ricordato per puro dovere di cronaca – è stata come detto superata dal decreto che ha dato il via libera alla nascita del golden power.

Immagine di apertura: creditnews

Nato a Rivanazzano Terme (Pavia) è giornalista professionista dal 1977. Per quasi trent'anni alla redazione Economia del "Corriere della Sera", è stato per molto tempo titolare della rubrica quotidiana sulla Borsa Valori. Prima di approdare nel 1986 a via Solferino, è stato Caporedattore a "Il Mondo" e in precedenza ha lavorato al "Sole24ore" e alla "Gazzetta del Popolo" di Torino. Tra i suoi libri, "Guida facile alla Borsa", Sperling & Kupfer (tre edizioni, l'ultima nel 2000) e "Meno Agnelli, più Fiat, cronaca di un cambiamento", Daniela Piazza Editore, 2010.Nel 2019 per Mind Edizioni è uscito il suo ultimo libro, "Difendi i tuoi soldi. Capire prima di investire".

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