Milano 27 Maggio 2024
Non è la prima volta che il Ministero dell’Economia e delle Finanze ricorre agli spot pubblicitari per promuovere la sottoscrizione dei titoli di Stato. Ma la campagna utilizzata di recente nel lancio del Btp Valore – titolo a lungo termine e a cedola crescente – ha sorpreso per l’intensità e per certi versi l’originalità dei messaggi. Nelle settimane immediatamente precedenti le emissioni, la campagna rivolta ai risparmiatori italiani è stata particolarmente intensa. Una vera e propria azione di marketing che ha provocato anche qualche critica. Uno degli spot, che rappresentava una coppia di anziani in procinto di partire per una crociera grazie ai guadagni ottenuti investendo in questo strumento, è stato bollato come “popolare e diseducativo”. Il filmato si concludeva con i classici consigli per gli acquisti dove il Btp Valore veniva definito “il modo più sicuro per integrare stipendio e pensione”, grazie alle cedole trimestrali e al premio fedeltà per chi lo mantiene fino alla scadenza.
Di certo, al di là delle perplessità e delle riserve, l’intensificarsi di questa pratica commerciale ha rappresentato una novità importante, sicuramente rivoluzionaria rispetto alla cosiddetta “stagione dei Bot people”, come era stato definito il periodo a cavallo tra gli anni Settanta e Ottanta del secolo scorso, quando i risparmiatori italiani, un po’ per moda e molto per convenienza, si rifugiavano nei Bot, i titoli a scadenza più breve. Ebbene, allora la promozione del “prodotto” non era così necessaria come oggi. Attratti dagli alti rendimenti (ma dimenticando che il tasso d’inflazione si manteneva comunque altrettanto alto) i sotto-scrittori non mancavano di certo. Oggi non è più così. Lo Stato è costretto a ricorrere alla propaganda per “piazzare” i propri prodotti. Cercando nel contempo di allungare la scadenza media, promuovendo i titoli più lunghi, come sono appunto i Btp (acronimo di Buoni del Tesoro poliennali). La più recente emissione, collocata tra il 6 e il 10 maggio scorso, scadrà a maggio 2030 e avrà un premio extra finale di fedeltà pari allo 0,8% del capitale investito per chi acquista il titolo durante i giorni di collocamento e lo conserverà fino alla scadenza.
Il Btp Valore avrà cedole nominali trimestrali calcolate sulla base di tassi crescenti nel tempo. Il tasso annuale definitivo nei primi tre anni è stato fissato al 3,35%, mentre per il successivo triennio sarà del 3,9%. Come per tutti i Btp è prevista inoltre la tassazione agevolata sui titoli di Stato pari al 12,5% e l’esenzione dalle imposte di successione.
A questo punto è bene ricordare che l’emissione di titoli pubblici è una delle principali fonti di finanziamento del bilancio statale, insieme con quella derivante dalla riscossione di imposte e tasse. Il Tesoro, insomma, se da un lato incassa i soldi dei contribuenti, dall’altro deve andare alla caccia dei loro risparmi. Emettere nuovi titoli vuol dire, però, incrementare le dimensioni del debito complessivo, rischiando di aggravare la già difficile situazione dell’Italia, che risulta uno dei Paesi meno virtuosi d’Europa, con un preoccupante rapporto debito-Pil che, secondo gli esperti, è il vero parametro da considerare, sulla base del presupposto che non importa tanto quanto sia indebitato uno Stato, ma quanto reddito produce per rendere quel debito sostenibile. Secondo i dati ufficiali di Bankitalia, lo scorso marzo il debito pubblico dell’Italia è aumentato di 23 miliardi rispetto al mese precedente, raggiungendo il record storico di 2.894,7 miliardi di euro. Un po’ di sollievo potrebbe tuttavia arrivare dal prossimo ritocco al ribasso dei tassi ufficiali da parte della Bce, che si tradurrebbe in una minore spesa per gli interessi da pagare. D’altra parte gli unici modi per ridurre il deficit sono o l’aumento delle tasse oppure le privatizzazioni.
L’idea del Btp Valore, cioè di un particolare tipo di Btp destinato non al mercato finanziario globale ma specificatamente ai risparmiatori italiani, risale a qualche anno fa, all’epoca del governo Draghi, quando venne lanciato il Btp Italia, di cui è la naturale evoluzione.
Ma perché il governo insiste nella necessità di aumentare il più possibile la quota di sottoscrittori “residenti”? Certamente non per motivi nazionalistici (“agli italiani il debito degli italiani”), ma per ragioni di opportunità economica. La posta in gioco è la stabilità, che sarebbe garantita dal fatto che il debito dello Stato in mano ai suoi cittadini riduce i rischi di speculazione e quelli di vendite precipitose dei titoli in caso di crisi. Il modello è quello giapponese. Il Paese del Sol Levante, infatti, ha il debito pubblico più alto del mondo, pari al 258 per cento del suo Pil, ma è titolare di beni immobiliari pari all’intero ammontare del suo debito.
A questo punto sorge una legittima curiosità: com’è andato l’ultimo collocamento di Btp Va-lore? Stando ai numeri, non bene. La quarta tranche con scadenza 30 maggio 2030, quotata a partire dallo scorso 14 maggio, ha registrato infatti, secondo un comunicato del Ministero, una domanda totale di 11,23 miliardi di euro, con 384.295 contratti conclusi (taglio medio di 29.213 euro). La media delle richieste complessive dei precedenti tre collocamenti di Btp Valore era stata di 17,9 miliardi di euro, con un picco di 18,32 miliardi di euro per la scadenza marzo 2030. Un obiettivo è stato, però, raggiunto: il 66,4% dei contratti è risultato inferiore ai 20 mila euro ciascuno, a dimostrazione che gli investitori con minore disponibilità economica sono stati prevalenti sugli altri. «Per quanto riguarda la ripartizione geografica degli ordini ricevuti – conclude la nota del Ministero – la quasi totalità degli ordini è risultata provenire da investitori domestici».
Da qui a individuare un preciso trend e prevedere un futuro “alla giapponese” ce ne corre. Ma, sia pure molto lentamente, qualcosa si sta muovendo.
Immagine di apertura: fonte: borsainside.com