Milano 21 Dicembre 2021
Da tempo immemorabile è il simbolo della ricchezza. E, tra i cosiddetti beni rifugio, è quello che più di altri riscuote la fiducia di milioni di risparmiatori in ogni parte del mondo. Stiamo parlando ovviamente dell’oro, il metallo prezioso per antonomasia. L’interesse nei suoi confronti si riaccende in occasione di crisi finanziarie internazionali oppure quando, come sta accadendo da qualche tempo, si manifesta all’orizzonte lo spettro dell’inflazione. Non a caso quando si decide la destinazione dei propri risparmi, piccoli o grandi che siano, la regola principale è quella della diversificazione degli strumenti di impiego. Il mix può essere variabile, ma con un punto fermo: all’oro deve essere indirizzata una quota non inferiore al 5-10% del totale.
L’investimento in oro, vale la pena ricordarlo, è infruttifero. Come tutti i beni rifugio non dà interessi, ma il suo valore si mantiene nel tempo. E le statistiche lo confermano. Negli ultimi vent’anni, per esempio, il prezzo del metallo giallo è sempre salito, salvo un rallentamento verificatosi tra il 2012 e il 2016. Poi il rimbalzo, che prosegue tuttora, sia pure senza particolari impennate. Inoltre è bene tenere sotto controllo il tasso di cambio del dollaro rispetto all’euro, poiché il prezzo dell’oro è legato al dollaro. Se il biglietto verde perde valore, cala anche il valore dell’oro.

Ma che cosa deve fare un piccolo-medio risparmiatore per investire in oro? Tralasciando il metallo lavorato, cioè quello trasformato in gioielli, le modalità sono sostanzialmente due. Si può comprare l’oro fisico da custodire, per esempio sotto forma di lingotti o monete, oppure acquistare certificati che ne attestino la proprietà. Nel primo caso occorre mettere in conto i costi del deposito, sia in cassetta di sicurezza, sia presso le banche che offrono questo servizio. Nel secondo si acquista un prodotto finanziario, assimilabile a un qualunque titolo di credito e quasi sempre quotato in Borsa. In entrambi i casi, quando si decide di vendere si dovrà pagare una tassa del 26% sulla plusvalenza realizzata (ma questo vale anche per tutti gli altri investimenti finanziari, come azioni e obbligazioni).
Lingotti e monete. Il vantaggio è rappresentato dal fatto di avere la disponibilità immediata dei beni, sia presso la cassetta di sicurezza in banca o nella cassaforte di casa. Per contro, al costo del deposito cui si è già fatto cenno vanno aggiunti quelli per l’assicurazione e il trasporto. I lingotti da investimento si possono acquistare presso alcune banche e alcuni operatori specializzati. In quest’ultimo caso la prudenza non è mai troppa: è bene verificare attentamente la serietà, la consistenza patrimoniale e il passato di chi offre il prodotto, oltre naturalmente alle garanzie promesse.

Se si acquistano lingotti d’oro, occorre verificare che siano dotati di certificazione ed evitare quelli di taglio troppo piccolo, perché potrebbero essere difficili da rivendere, considerato che a causa dei costi di fabbricazione il loro prezzo all’acquisto potrebbe essere superiore rispetto al prezzo effettivo di mercato. Esistono in commercio anche alcuni tipi di lingottini che, per il solo fatto di avere una anche minuscola incisione, sono considerati alla stregua dell’oro lavorato. Una caratteristica che li fa costare di più e quindi sono meno adatti all’investimento. Quanto alle monete, sono forse la forma più diffusa tra i risparmiatori. Chi in famiglia non ha mai avuto una zia o una nonna che in particolari ricorrenze è solita regalare una sterlina d’oro, a partire dalla mitica Elisabetta? In questo caso la rivalutazione della moneta potrebbe anche risultare superiore a quella dell’oro grezzo, nel caso la moneta stessa dovesse avere anche un valore numismatico. Oltre alle sterline, vanno per la maggiore i marenghi. Entrambe le monete si possono acquistare (ed eventualmente rivendere) in banca.
Etc. La sigla significa exchange trading commodities e indica una speciale tipologia di strumento finanziario emesso a fronte dell’investimento diretto da parte dell’emittente in materie prime fisiche (quindi anche in oro) o in contratti derivati su materie prime. Il prezzo degli Etc legati all’oro, pertanto, replica strettamente quello del metallo giallo. Lo strumento, insomma, è semplice e trasparente, proprio perché si tratta di certificati negoziati in Borsa quotidianamente, all’occorrenza facilmente liquidabili.
Immagine di apertura: foto Pixabay