Milano 27 Gennaio 2025
Una volta i club famosi erano la metafora di un’epoca: il Manchester United di George Best lo era per gli Swinging Sixties e per l’Inghilterra laburista, la Juventus di inizio anni Ottanta per la glorificazione della vittoria della Fiat sulle tute blu di Mirafiori. Poi arrivò il Milan berlusconiano (1986-2017). Un’epoca di storia rossonera in cui il suo patron completò il ciclo della capitalizzazione economica conquistando il potere politico, infilando in bacheca ben 29 trofei.

Ma oggi il Milan è senza identità. La via crucis inizia il 13 aprile del 2017, quando Fininvest cede il club alla Rossoneri Sport Investment Lux, la holding del cinese Yonghong Li. La cifra, 740 milioni di euro, è versata in varie trance. Ma a chiudere l’operazione ci pensa Elliott Management Corporation: il fondo d’investimento statunitense eroga a Li un prestito di 303 milioni. Nonostante il cinese assicuri di essere il protagonista, si fa strada la percezione che non abbia investito denaro proprio. La Procura di Milano, nel luglio del 2018, decide di indagarlo per “false comunicazioni societarie”. Nei documenti giudiziari che fanno luce sulle società-cassaforte di Li, a Hong Kong, emerge come unico investitore la moglie Huang Qingbo. La misteriosa signora sborsò almeno 11 milioni di euro. Tutti il resto, oltre 400 milioni, giunse da società anonime con sede in paradisi fiscali inaccessibili come le Isole Cayman. Li non riesce a restituire il prestito ricevuto ed Elliott avvia il processo di escussione, l’azione legale intentata verso il debitore.

Così il 10 luglio del 2018 il club rossonero passa ancora di mano. Elliott assume le redini del Milan con la lussemburghese Project Redblack. Viene nominato amministratore delegato Ivan Gazidis e l’ex numero uno dell’Eni Paolo Scaroni diventa presidente. Ma i colpi di scena non sono finiti. Nel maggio 2022, mischiato in Piazza Duomo ai tifosi in festa per la vittoria del 19esimo scudetto, frutto del risanamento di bilancio e di scelte sportive oculate, si scorge la sagoma di un finanziere ex socio di Goldman Sachs: Gerry Cardinale. Il 31 agosto 2022 Cardinale acquista, con il fondo di investimenti RedBird, il 99,93 per cento delle quote rossonere, al prezzo di 1 miliardo e 160 milioni di euro. L’acquisto del Milan da parte del magnate Usa – 57 anni, una laurea ad Harvard e un master a Oxford – è il più costoso di sempre nella storia del calcio, secondo solo alla vendita forzata del Chelsea, avvenuta pochi mesi e imposta dal governo britannico all’oligarca russo Roman Abramovich. Con un’operazione di finanziamento, dal venditore all’acquirente, Elliott presta 550 milioni di euro a RedBird, il quale completa l’acquisizione del club versando 600 milioni in denaro a Rossoneri Sport, veicolo finanziario di Elliott. La cifra totale pare eccessiva, dato che la società di consulenza Football Benchmark assegnava al club rossonero un valore di 578 milioni di euro, meno della metà della cifra di vendita. E non è un caso che l’opacità dell’operazione si riverberi nei rapporti fra Cardinale e la squadra.

A soli sei mesi dall’addio dal calcio giocato, nel dicembre 2023 l’ex centravanti del Milan Zlatan Ibrahimović diviene “Partner operativo” di RedBird. Trait d’union tra la società e lo spogliatoio, il mandato dello svedese include “lo sviluppo dei giocatori e la formazione per alte prestazioni”. Ad un anno di distanza dalla nomina, però, nessuno fra gli addetti ai lavori ha capito in che cosa si concretizzi realmente il suo ruolo. Nel marzo 2024 la Procura di Milano iscrive nel registro degli indagati l’ad del Milan Giorgio Furlani e il suo predecessore Gazidis per ostacolo all’attività di vigilanza della Covisoc (Commissione di Vigilanza sulle Società di Calcio Professionistiche) in merito all’omessa comunicazione della titolarità effettiva del club. Il sospetto dei pm è che il club sia ancora nelle mani di Elliott, anche se le carte consultabili la attribuiscono a RedBird. In giugno la Procura di Milano ha chiesto l’archiviazione per Yonghong Li. Il 20 dicembre 2024 il club ha annunciato il rifinanziamento del prestito di Elliott a RedBird. Fino al luglio 2028 il fondo di Cardinale guiderà le sorti del Milan.
In attesa della fine delle indagini, sono molti i quesiti rimasti inevasi. Quale ruolo ricoprì Berlusconi nella vicenda? Il defunto Cavaliere non è mai stato indagato, anche se il giro di società estere di Li ricorda quello delle «migliori» tradizioni berlusconiane, dalle holding che crearono il Biscione al parcheggio lussemburghese di Telepiù.

Chi furono i registi del passaggio di mano del club dal Cavaliere agli americani? Yonghong Li è un oscuro finanziere che mai si era occupato di calcio e che presentava tra i suoi “gioielli” una holding quasi fallita per pochi milioni non restituiti. Eppure è riuscito formalmente ad impegnarsi da solo in un’operazione da un miliardo, campagna acquisti e aumenti di capitali inclusi. Il sospetto è che il vero regista sia stato Scaroni, rimasto l’unico elemento di continuità nel flusso ininterrotto di passaggi di proprietà. Amico intimo del Cavaliere, Scaroni è stato vicepresidente, fino al maggio 2023, della banca d’affari Rothschild Italia, che fu super advisor nel processo di vendita del Milan. Dal 20 febbraio 2024 Scaroni è, inoltre, Presidente di RedBird International e Senior Advisor di RedBird Capital Partners.
Mentre la Fifa cerca di ostacolare i fondi, questi ultimi comprano direttamente i club. Colpisce il fatto che i vertici sportivi italiani non adottino strumenti d’autodifesa. Il problema infatti, al di là degli esiti giudiziari, è squisitamente sportivo.

Ormai tutti i grandi club, dal Chelsea al Psg, dalla Juventus all’Inter, dal Manchester City allo United, sono controllati dagli stessi fondi: o tramite le partecipazioni dirette, di maggioranza o minoranza, o tramite prestiti e obbligazioni. Cardinale è un importante investitore del fondo Fenway Sports Group, che controlla anche il blasonato Liverpool. Se Milan e Liverpool si incontrassero in Champions League, i calciatori delle due squadre scenderebbero in campo sereni? Il vero nodo è lo spostamento dell’asse geo-economico, situato fuori dall’Europa. I capitali extraeuropei acquistano club europei e li immettono in circuiti multiproprietari in cui i club sono punti di approdo, mentre le scelte strategiche sono prese altrove. Eppure le norme Uefa vietano le multiproprietà per le squadre che partecipano alle competizioni europee. Nella stagione in corso 2024-2025, ai fondi fanno capo partecipazioni nel 41,7 per cento dei club, rispetto al 36,7 per cento di due stagioni fa. Questi fondi non sono quotati in Borsa e rispondono solo ai propri investitori. Il loro scopo è uno solo: distribuire dividendi agli azionisti. Altrimenti falliscono. E rispetto al capitale pubblico (società registrate o quotate in Borsa) godono dell’enorme vantaggio di potersi permettere meno trasparenza negli acquisti e nelle cessioni.
Il calcio di oggi è business: prendere o lasciare. E non è un caso che le “bandiere” di Milan, Inter, Juventus e Roma – Paolo Maldini, Javier Zanetti, Alessandro Del Piero e Francesco Totti – non rivestano ruoli nei rispettivi club.
Immagine di apertura: Casa Milan (foto di Vasil Evlogiev)